30. Un tuffo nei lontani anni Cinquanta

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Jamie

I balli scolastici.

Potrei aprire un'enorme parentesi su quest'argomento. Questi eventi che di solito piombano nelle vite di molti adolescenti americani, sono la vera essenza del male. Non solo ci sono gli studenti in ansia da preparativi, sopraggiungono anche in genitori che mettono ancora più nervosismo ad una giornata già movimentata di suo. Mia madre, durante quel ballo scolastico di inizio anno, era tornata più adolescente di me che effettivamente lo ero. Mi aveva accolto già dalla mattina con un sorrisetto eccitato; talmente era in pensiero per l'evento, che mi aveva preparato i pancake semicrudi, scusandosi poi per la loro poca commestibilità. Mio padre – che cercava di godersi in estrema serenità il suo unico giorno libero – era costretto a sorbirsi tutti gli aneddoti dei balli passati di mia madre. Quelli al primo anno di liceo, che aveva vissuto in Argentina, e quelli che invece, aveva vissuto a Red Hills. Ero sicuro che mio padre non le stesse dando nemmeno retta, anche perché annuiva distratto e si sorprendeva solo quando la mamma alzava il tono di voce in modo eccitato e sorrideva con occhi sognanti. Inoltre, il fatto che lui fosse il suo accompagnatore per gli ultimi in cui era stata, non aiutava di certo a riporre l'attenzione su di lei. Così, dopo che si era accorta di essere categoricamente ignorata con garbo, decise di cambiare bersaglio e deliziarmi con i suoi racconti da film romantico. Non pensavo che in realtà mia madre avesse avuto tutte quelle avventure alla "Nicholas Sparks", come non ero conscio del fatto che era molto desiderata dai suoi vecchi compagni di scuola. Il pensiero che lei avesse avuto altri uomini al di fuori di mio padre, mi sembrava molto strano. Ero da sempre abituato a vederla con lui, ovviamente.

«Il mio ultimo ballo prima di conoscere tuo padre è stato a quattordici anni, il mio primo anno di liceo. Beh, diciamo che ho fatto solo quello di inizio anno, perché poi sono venuta qui. Comunque, ero piena di gente che avrebbe voluto farmi d'accompagnatore. Forse erano venti, o trenta.» spiegò, trafficando con il biberon per sciogliere i biscotti nel latte.

Deglutii aspramente, tossendo subito dopo e bevendo un bicchiere di succo d'arancia, per mandare giù il pancake semicrudo. «Trenta?» chiesi sbalordito, cercando di riprendermi.

Mia madre annuì, sistemando Becky sulle sue gambe per darle da mangiare. «Anche a Red Hills mi invitarono in molti. Gli americani adorano la femmina latina, è molto più calorosa rispetto a chi vive qui.» spiegò.

Spalancai la bocca, ancora incredulo per quanto avevo udito. «E perché mai hai sposato 'sto scemo?» chiesi sorpreso.

In tutta risposta, mio padre alzò la mano e mi colpì la nuca, lanciandomi una brutta occhiata. «Guarda che 'sto scemo ti ha messo al mondo, signorino.» replicò serio, senza però nascondere un pizzico di tono giocoso.

Arricciai il naso, annuendo. «Sì, sì.» dissi noncurante.

Mia madre scosse la testa, ridacchiando. «In ogni caso, ho sposato tuo padre perché lo amavo, e lo amo anche adesso. Inoltre, neanche lui era corto di belle signorine.» spiegò, facendo spallucce.

«Appunto per questo è scemo! Voglio dire, perché cavolo ti ha sposata? Nulla da togliere a te, mamma, sei una donna meravigliosa. Ma poteva avere una vita senza figli e responsabilità!» esclamai perplesso.

Mio padre rise, scuotendo la testa. «Scusaci se ci sei piombato a sedici anni quando non avevamo in programma di avere figli.» replicò divertito.

Annuii, alzando le spalle. «Beh, in effetti sconvolgo la vita di tutti, posso capirlo.» mormorai, facendo una smorfia e allontanando il piatto. Non ne potevo più di continuare a mangiare quella gomma che mia madre spacciava per pancake.

Mia madre sospirò, guardando mio padre che sembrava sorpreso dalla mia risposta impellente e sarcastica. «Non guardarlo così, tu alla sua età eri peggio.» borbottò, alzando Becky e facendole fare il ruttino. «Comunque, non ci siamo mai pentiti di averti portato avanti. È vero, sei arrivato molto presto e ci hai un po' sconvolto le esistenze...» spiegò mia madre.

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