Jamie
Il giorno più strano della mia vita, era sicuramente stato quello delle selezioni per il ruolo di Runningback. Credo di non aver mai provato tutte quell'emozioni messe insieme, che andavano dal disgusto, al divertimento, alla noia e allo stupore. Avevamo iniziato a guardare i candidati alle sette e mezzo, dopo che ogni studente era andato a casa propria per la fine totale delle lezioni. Gli unici rimasti alla Red Hills, naturalmente, eravamo i giocatori di football, il coach e chi sperava di essere preso al mio posto per il ruolo tanto ambito. Non mi aspettavo che si presentassero così tante persone, in realtà. La nostra squadra prevedeva che per le otto e mezza avessimo già concluso tutto, ma per quell'ora eravamo solo a metà dell'opera. Di soggetti strani – e oserei dire coraggiosi – quella sera ne avevo visti tanti. Il primo a presentarsi era stato Carlos Rivera, un messicano che aveva qualche somiglianza inquietante con Felipe Colombo. Era arrivato con una tale frenesia e determinazione, che per un momento avevo anche pensato che al primo tentativo avremmo già avuto il nostro uomo. Esatto, per un momento. Nel bel mezzo di un attacco contro Jason era andato dritto a sbattere contro il muro, causando non solo tanto scompiglio tra i componenti della squadra, preoccupati per la sua salute, ma sporcando anche di sangue la mia giacca adagiata sulla panchina. Sangue che era uscito, con mio immenso orrore, dal suo naso. Il risultato? Una verità scomoda su quanto fosse poco sportivo e il fatto che volesse entrare in squadra solo per far colpo su una cheerleader. Ovviamente questa era stata la conseguenza per un nostro "no" secco e istantaneo.
Una volta superata la delusione nello sguardo del messicano, si era presentato al nostro cospetto Brian Williams, ex giocatore di lacrosse. Quello sembrava un ottimo acquisto: era alto, bello, muscoloso e – soprattutto – sportivo. Quello che nessuno di noi aveva considerato, era il fatto che Brian giocava a lacrosse quando correva il suo anno da Freshman, fase purtroppo superata da parecchio, essendo ormai un Senior. Si era presentato con tanto di referenze, manco fossimo ad un colloquio di lavoro. Aveva avuto anche il coraggio di richiedere il vecchio Runningback come sfidante per la prova, ovvero me. Sembrava davvero perfetto, aveva un ottimo lancio e sembrava anche molto resistente alla corsa. Infatti, sembrava. Dopo più di dieci minuti a scorrazzare per il campo e a mostrare le sue doti sportive, ecco che per la troppa stanchezza si era accasciato nel pavimento. E non solo. Ovviamente, avere qualcosa di normale come il semplice accasciarsi sul terreno e gridare pausa, non era abbastanza. Si era messo in ginocchio, cercando di riprendere il controllo, e aveva vomitato. Esatto, signori, vomitato. Ad un solo, fottuto, centimetro dalle mie scarpe. Inutile dire che la nostre facce, intente a mostrare disgusto collettivo, erano prova di un esisto negativo. Dopotutto, come facevamo a giocare con un ragazzo che a dieci minuti di corsa, avrebbe vomitato per tutto il campo? Sarebbe stato non solo una scena orribile per i nostri occhi, ma anche una perdita evidente della partita. Non potevamo di certo rischiare di avere un Ron Weasley contro una gara con un college. Sì, perché in quel momento mi aveva proprio ricordato Ron Weasley alle prese con le lumache. Solo che sono sicuro che in quel momento Rupert Grint stesse vomitando caramelle gommose, non cibo andato a male.
Dopo aver mandato via tre ragazzi in cerca solo di fama e gloria, ecco che si era presentato Oliver Green. Parlava davvero tanto, adesso che ci penso. Mi aveva fatto ridere quando, con la sua allegria davvero sorprendente, aveva alluso al fatto che il suo nome fosse come quello del famoso capitano della squadra di Quidditch. Ciò, secondo le sue vedute, lo rendeva più sportivo di chiunque altro. Il che poteva anche starci, per carità. Peccato che il Quidditch non esisteva e che al nostro "facci vedere cosa sai fare", si era scusato dicendo che fosse bravo solo con le parole. In sostanza, secondo la sua logica priva di senso, noi sceglievamo il nostro giocatore in base a quanto fosse bravo ad ammaliare la gente con la sua parlantina. Secondo me, aveva confuso "selezioni" con "elezioni", altrimenti non si spiega.
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The ticket of destiny
RomanceCOMPLETA Può un biglietto cambiarti la vita? Maya Ross ha sedici anni. Vive la sua vita tra lo studio, la sorella rompiscatole e una famiglia troppo protettiva. Nel liceo che frequenta, è sempre stata invisibile, oscurata da chi ha la tanto ambita...