32. Rabbia, maledetta rabbia

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Jamie

Ah, il liceo!

Quel luogo dove il lunedì mattina, dopo due ore di vacanza in totale relax, sei costretto a sorbirti degli studenti in piena crisi scolastica. C'è chi corre perché è in ritardo, chi invece si mangia le unghie a causa di quella verifica per la quale non ha studiato, chi non smette di sistemarsi i capelli e si guarda intorno sperando di vedere la sua cotta passare, e magari perché no, essere notato. E che ci crediate o no, alla Red Hills non mancava nessun tipo di stereotipo studentesco.

Come Katherine Johnson che - ogni mattina - vagava per i corridoi nella speranza di poter incrociare lo sguardo del suo innamorato, Bernard Moore. Il loro amore era più drammatico di Romeo e Giulietta. Facevano follie insieme, o forse, le faceva solo lei nella speranza che lui venisse a conoscenza della loro relazione. Sì, in pratica erano fidanzati, ma il ragazzo non era al corrente.

O come Drew Lewis che sperava con tutte le sue forze di trovare l'illuminazione che lo aiutasse a superare la moltitudine di verifiche che ci assegnavano. Accorgendosi poi - con suo sommo disagio - che il problema non era la materia, ma il suo quoziente intellettivo.

E io mi divertivo a guardarli tutti quanti, per filo e per segno. Appoggiato al muretto costernato di una bella e colorata varietà di fiori, mi stavo godendo la mia canna mattutina, comprata da niente popò di meno che Zack Sullivan, l'unico e inimitabile studente spacciatore della Red Hills. Non esisteva cosa più bella di una piccola dose di erba, comodamente divisa in tre. Anche Jason e Alex osservavano gli studenti, curiosi e divertiti allo stesso tempo. Mettere a setaccio - con lo sguardo, si intende - il cancello della scuola, era una delle nostre attività preferite. Certo, da quando ci eravamo fidanzati, l'avevamo messa un po' da parte, ma quando ce n'era occasione, sostavamo in quel muretto e guardavamo ogni prototipo di alunno liceale americano.

E poi, eccolo lì il mio stereotipo preferito. Libri stretti tra le mani, gonna larga grigio chiaro sopra il ginocchio, camicetta bianca che le dava un'aria molto sexy, capelli legati in una coda ordinata e un filo di mascara. Se dovessi assegnare un ruolo cliché alla mia ragazza, direi che Maya sarebbe la classica cervellona so-tutto-io. Quel tipo di ragazza che dava poca confidenza, aveva un gruppo selettivo di amici, adorava le conversazioni efficaci, composte prevalentemente dall'uso dell'intelletto e - grazie al suo essere sveglia e molto osservatrice - direi anche sexy da far paura. Quell'aria saccente era estremamente eccitante, era musica perfette per le mie orecchie. Rimasi a fissarla, sospirando. L'effetto che Maya aveva su di me era inspiegabile. Badate bene, non era nulla di molto casto, ma non era nemmeno troppo volgare. C'era questa connessione tra le nostre anime che rendeva i nostri momenti intimi qualcosa di meraviglioso. Lei era meravigliosa, sotto ogni aspetto.

«...tu che ne pensi Jamie?» chiese Alex, riportandomi alla realtà.

Scossi la testa, distogliendo lo sguardo da Maya che parlava animatamente con Archie. «Dici a me?» chiesi assorto, tirando un boccata di fumo e passando la canna a Jason.

Alex spalancò gli occhi, sorpreso. «No, a Jamie Dornian. Ovvio che dico a te, idiota.» borbottò contrariato.

Aggrottai la fronte, annuendo. «Sì, scusa. Puoi ripetere?» domandai.

Alex scosse la testa, contrariato. «Ah, lascia stare!» borbottò, facendo un tiro della canna e passandolo a me per farmi l'ultimo. Puntai gli occhi di nuovo su Maya: aveva l'espressione contratta, continuava stringere i libri e ascoltava seria ciò che il suo interlocutore le stava dicendo. Spostai lo sguardo su quello che credevo fosse ancora Archie, invece con mia somma sorpresa, notai che stava parlando con Justin. Mi accorsi che - vista quella scena - anche Jason e Alex avevano smesso di parlare, puntando lo sguardo nella mia stessa direzione. Assottigliai gli occhi, pronto a scattare, quando per un momento rimasi pietrificato su ciò che si mostrò alla mia vista. Justin si stava passando le mani sul viso, come a voler esprimere una sorta di disperazione. Maya, in tutta risposta, chiuse gli occhi e - inaspettatamente - lo abbracciò. Fu in quell'esatto momento che non ci vidi più. Scattai come un pazzo verso di loro, un po' accecato dall'effetto dell'erba, un po' dalla gelosia che mi stava corrodendo le viscere. Mi fermai davanti a quella scena patetica e strinsi i pugni, prendendo un profondo respiro.

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