Capitolo 7

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HARRY'S POV.

Carta, penna e realtà è il mio preparato.

Sono le cinque del mattino, è tutta la notte che aspetto che mi desti il sonno ma a quanto sembra che, nemmeno egli vuole essermi amico.

Harry lo scienziato, Harry l'inventore ed ora tengo strette fra le mani le sudate carte che ho scritto parlando della ragazza.
Se guardare fosse un peccato, io sarei il primo vizioso. Sono un umano no? O meglio, le spoglie di un uomo. La donna mi ha osservato con i suoi occhi caramello, di sfumature differenti così intensi contemporaneamente fragili. Il suo nome è così giusto, è perfetto per essere il soggetto di tutte le mie frasi reggenti. Nelle due preposizioni precedenti ho usato una figura retorica, l'ossimolo che accosta due parole di significato nettamente opposto. Ossimolo è il mio "ogni giorno", ha ingarbugliato due vite contrariamente uguali. La mia e quella di lei. Lei, magari, diventerà il mio ossimolo. L'ossimolo delle mie frasi principali. Miei cari lettori, cioè io moltiplicato per cento volte poiché nessuno ha il diritto se non lei di bruciare queste parole che poi diverranno cenere, trasformandosi nei pilastri del mondo. La donna ha bisogno di un nome, non uno sciocco e insignificante, suvvia ci penserò su o magari mi limiterò a chiamarla Donna. Donna con la D maiuscola perché lei occupa tutte quelle cariche. Piego in quattro il foglio, sistemandolo in una busta per lettere. Ho riflettuto sul fatto che potrei scrivere lettere, un destinatario a caso che legga le mie sensazioni ed emozioni che gli o le facciano rivivere ciò che quella Donna sta riuscendo a fare al mio cuore. Se mi chiedessero cos'è la matematica, ora, può darsi che non lo sappia.

Sorseggio l'ultima tazza di tè, prima di appoggiarla sul lavello della cucina; con l'indice conto quante tazze ho adoperato durante la notte. Ben diciassette, Marie dovrà lavarle una ad una. È pagata.

Arrivo in anticipo a lavoro, mi soffermo ad appendere il mio cappotto sull'appendiabiti e indossare il camice obbligatorio negli ambulatori. Dopo cinque minuti, sento chiudere la porta alle mie spalle ed i piccoli passi di una donna si avvicinano alla mia postazione.

"Ciao signor Styles." Non voglio sembrare quel genere di ragazzo che contesta tutto, ma mi piaceva quando parlava con me dandomi del tu. Con la sua voce, le sue parole e la lingua che si raggomitola mentre pronuncia la r del mio nome. Il suo modo di chiamarmi Harry. È bello, anzi bellissimo. Questa mattina sono strano, troppo.

"Signorina Cheryl." Dico con un cenno del capo, suppongo meriti delle scuse. Da me. Io non ho mai perdonato nessuno, non ne ho la minima intenzione tranne quando Cheryl Wood è frontale a me. La mia situazione sociale e personale, fin da bambino non è stata facile. Non sono riuscito a discolpare mia madre, mio fratello. La mia famiglia.

La ragazza prende posto nel banco opposto al mio, partendo a fare calcoli su reagenti e prodotti.

"Signorina Cheryl.. io riguard-" interrompe il mio discorso, agitando la mano a zonzo. Provo ad avanzare con il piede destro in avanti, ma ella ritorna indietro: su i suoi passi.

"Dottore siamo a lavoro, parliamone dopo. Questo non è il momento adatto." Annuisco sconfitto. Siamo uno specchio, ho provato a parlarle come lei ogni qualvolta prova a essere gentile verso di me. È successo la reazione contraria, non è lei ha volere parlare con me.

"Ottimo ragionamento." Sospiro, chiudendo il discorso. Non capisco, è tutto troppo complicato. Osservo silenzioso, i gesti di Cheryl. Durante il lavoro, è sempre molto concentrata; tiene la bocca leggermente schiusa e la lingua in mezzo hai denti. Cazzo Harry, continua a lavorare.

Inserisco il preparato nell'obbiettivo e puntando gli occhi nell'oculare, incomincio ad osservare le cellule.

Esse sono organismi così importanti e microscopici, mentre noi siamo l'opposto enormemente grandi e bisognosi di ogni attenzione. Forse è solo questo che cerco, attenzione.

"Dottor Styles cosa vede?" Cheryl è al mio fianco, curiosa di ciò che sto osservando. Alzo la vista, incontrando i suoi bellissimi occhi nocciola. Non ho mai trovato niente di prezioso negli occhi scuri, non mi sono mai piaciuti perché risultano troppo semplici. Penso, tuttavia, che cercando sempre il surreale in qualcosa di impossibile sia ormai diventato l'orizzonte di ogni persona, perciò preferisco soffermarmi negli occhi di Cheryl. Sì, penso sia così.

"Sta avvenendo la meiosi tra due cellule." Rispondo tenendo le mani salde al tavolo, credo voglia vedere anche lei nel microscopio quindi mi alzo facendole prendere il mio posto. Incrocio le mani al petto, mentre mi perdo nei miei pensieri su Cheryl.

"Grazie Harry." Cerco di fermarla, ma la ragazza è già andata alla sua postazione.

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Mi vesto frettolosamente per poi uscire dal turno di lavoro. Cheryl taglia la mia strada, ma scattante la blocco per un polso facendola scontrare con il mio corpo.

Deve essere sicuramente il puro caso, da quando lavoro con Cheryl mi sento come sull'orlo di un precipizio. Sono io, o è la presenza di quella ambigua ragazza?

"Harry cosa c'è?" Chiede con gli occhi freddi, pieni di niente.

"Pausa pranzo con me?" Annuisce, e solo allora lascio la presa. Sono proprio fottuto, non mi rendo nemmeno conto di ciò che ho fatto. È solito, per me, non uscire con persone del sesso opposto al mio. Cheryl è strana, tanto quanto me e magari potremo trovarci bene un giorno. Il problema è un giorno.

La porto nel mio ristorante preferito, sono insopportabilmente moderne le solite robacce dei fast-food. Non voglio questo per la Donna.

"Cosa ordiniamo?" Avvicino al tavolo la sedia, con Cheryl seduta sopra. Fissarla dall'alto è ancora più bella. In ogni angolazione è perfetta, ed io non concepisco il motivo dei miei pensieri. Essi sono abitualmente cinici, i miei principi stanno per essere scombussolati.

"Harry io.." Mi siedo di fronte a lei, e sorrido dando un occhiata al menù di oggi. Non è male il piatto della casa. Credo prenderò quello, sì proprio il riso.

Cheryl è ancora concentrata nel scegliere il pranzo, non pensavo fosse molto complicato come comprare il profumo giusto. Ah, donne. Io non me ne intendo.

"Cheryl hai tutti i diritti per vantarti visto che ora sei venuta a pranzo con me." Voglio sembrare ironico, ma non credo di esserlo. La Donna mi guarda come avessi detto "ho scoperto l'acqua calda", la sua faccia è talmente epica che scoppio a ridere. Giuro non ho mai riso così prima di oggi, Cheryl Wood stai tentando di trasformarmi?

"Ah si?!" Mi riferisce cosa ha scelto, ed chiamo il cameriere per prendere le ordinazioni.

"Cheryl riguardo all'altra sera.." Mi interrompe, Dio se non la pianta di essere così maleducata giuro, anzi non prometto niente, perché deve essere così cazzutamente testarda. Sempre.

"Non mi interessa Harry. Hai il diritto di fare tutto ciò che ritieni opportuno." Non rientrava nei miei piani, Cheryl tu non rientravi nei miei piani. Sospiro, ha ragione. Harry Styles non si scusa, mai.

"Sei dannatamente testarda." Ridacchio, mentre Cheryl continua a guardami con l'accenno di un sorriso sul volto. Sono davvero curioso, su ciò che le passa per la testa. Vorrei sapere cosa ne pensa di me.

"È un complimento?" È tesa come una corda di violino, normalmente dovrei essere io quello nervoso. Guardo Cheryl, con un espressione furba sul volto prima di risponderle.

"Mi piacciono le persone come te." Timidamente il colore rosso emerge dalle sue guance. È così bimba, me la ricordo bene. Oggi credo che il mio cervello sia esploso, ho parlato di Cheryl come la luna piena brilla nel cielo oscuro sovrastando il chiarore delle stelle. Ho, anche, paragonato l'aggettivo bello a Cheryl. Troppe, troppe volte. Non mi sento in colpa, è solo che suona magnificamente seguito dal nome, Cheryl.

The scientist ||H.S.|| (INTERROTTA) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora