Erano circa le tre del pomeriggio quando Franz s'intrufolò nella camera di Friederich, entrando dalla finestra che veniva sempre lasciata socchiusa nonostante il freddo invernale; dopotutto, Friderich sapeva che Franz sarebbe passato a fargli visita.
«Ciao tesoro» lo salutò Franz. Con un agile scatto del bacino si ritrovò in piedi nella sua stanza. Chiuse la finestra dietro di sé, mentre Friderich si voltava verso di lui per la durata di un sorriso e tornava a prestare attenzione alla rivista che teneva stretta tra le mani. «Si gela qui, non hai freddo?»
«No. E poi, anche se fosse, puoi scaldarmi tu.» Nonostante l'invito, Friderich sembrava avere un tono assente, distratto. Evidentemente era troppo impegnato a osservare le pagine di quel giornale, così si disse Franz; eppure, era strano che lui non considerasse il suo principe.
«Per farlo dovresti prima concedermi la tua attenzione» gli rispose Franz, sedendosi davanti a lui, sul bordo del letto. «Che cosa stai facendo?» domandò curioso.
Friderich era del tutto intento a sfogliare e osservare le pagine di quella rivista Nazionalsocialista, una di quelle che esaltavano la bellezza e la perfezione della razza, cosa che spazientì Franz in men che non si dica: non rischiava la vita quasi tutti i giorni per essere ignorato tanto apertamente, così si disse.
Perciò, senza quasi rendersene conto, gli tirò via il giornale dalle mani.
«Sei impazzito?» sbottò Friderich, indignato per l'affronto.
«Quando parlo alle persone, gradirei che queste mi guardassero negli occhi nel momento in cui mi rivolgo a loro» sentenziò lapidario.
«Ti piacciono davvero così tanto i miei occhi?» sussurrò Friderich, rivolgendogli uno sguardo e un sorrisetto malizioso. «Tanto da non poterne fare a meno...»
«Non sto scherzando Friderich!» sbottò, seccato dal suo atteggiamento. «Vorrei essere ascoltato quando parlo, te l'ho già detto, specie se rischio la vita per te.»
Friderich sembrava aver intuito il problema: lui si sentiva intoccabile, la sua posizione e il suo rango gli concedevano il lusso di sentirsi al riparo; tuttavia non era lo stesso per Franz. Sapeva bene che suo padre non avrebbe esitato a sbarazzarsi di loro se solo li avesse scoperti. «Va bene, va bene, la smetto. Però basta con questo broncio adesso!» si lamentò, sporgendosi e cercando di baciarlo. Era desideroso di lui stesso, delle sue attenzioni.
Franz, però, non aveva finito il suo discorso, pertanto volse appena il capo dall'altra parte ed evitò le labbra di Friderich. «Bene, ora che ho la tua attenzione, dimmi: cosa stavi facendo di così impegnativo?» gli domandò, curioso di sapere cosa fosse così importante in quel momento.
«Nulla, stavo solo guardando i bellissimi esempi di razza del nostro paese.» Gli porse la rivista e Franz la sfogliò frettolosamente, vedendo che erano più o meno tutti uomini.
«Qualcosa mi dice che dovrei ingelosirmi» si lamentò, continuando a sfogliare la rivista, anche lui improvvisamente interessato.
«Ma no, ma no, perché dovresti?» gli domandò, sfilandogli la rivista dalle mani e facendosi strada verso lui. Gli si posizionò sopra, a cavalcioni sulle sue gambe, circondandolo con le proprie.
Franz deglutì. «Oh, Friderich, non cominciare...» Sospirò, troppo preso dalle sue attenzioni; quelle che conosceva bene. E il suo corpo non ci mise molto ad avvampare sotto i baci di Friderich, che non sembrava essere stato affatto clemente, cominciando subito a lambirgli il lobo dell'orecchio e scendendo poi a percorrergli la linea tesa del collo.
«Facciamo l'amore» gli sussurrò.
E Franz chiuse gli occhi per cercare di regolarizzare il suo respiro, dimenticando tutti gli intenti e i propositi con i quali si era condotto fino a lì. «Non ti basta mai...» disse, umettandosi le labbra, già arse dal desiderio.
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La ballata dei petali caduti
Historical FictionL'ufficiale tedesco Ludwig Dubois, nella Germania Nazista del 1940, con la sua propensione autoritaria e rigorosa, si troverà non solo a lottare contro i soprusi di un regime oppressivo, ma anche contro la follia di sua moglie. Una travolgente passi...