Capitolo 4

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A sera risuonano i boschi autunnali
d'armi letali, le auree distese
e gli azzurri laghi, e dall'alto il sole
rovina all'orizzonte, più oscuro; la notte abbraccia
guerrieri morenti, il furioso lamento
delle loro bocche in frantumi.
Pure silenziosa si raduna fra i salici
rossa nube, soggiorno di un dio furente,
il sangue sparso, argentea frescura;
tutte le strade sfociano in nera putredine.
Sotto gli aurei rami della notte stellata
vacilla l'ombra della sorella per la selva ammutolita,
a salutare gli spiriti degli eroi, le teste insanguinate;
e lievi risuonano nel canneto i sinistri flauti autunnali.
O più fiera pena! O voi, are di bronzo,
un possente dolore nutre oggi l'ardente fiamma dello spirito,
i nipoti non nati.
(Grodek-Trakl)

 			(Grodek-Trakl)

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Ludwig, come al solito, si ritrovava sempre da solo a dormire: accadeva da anni, ormai, e ci aveva fatto praticamente l'abitudine, finendo col rassegnarsi all'eremo e a quel freddo che gli aveva invaso l'anima; viveva per i suoi figli e non c'era altro a tenerlo in vita se non il suo stesso onore – ormai intaccato da quanto doveva fare ogni giorno.

Si addormentava dandosi del vigliacco e si svegliava con lo stesso cruccio; quella mente gli dava il tormento non lasciandolo quasi mai in pace e le uniche volte che poteva definirsi spensierato erano quando davanti ai suoi occhi si palesavano immagini talmente raccapriccianti da non riuscire a formulare alcun tipo di pensiero – un paradosso.

Ancora una volta, dunque, s'infilò sotto le coperte con quell'amarezza nell'anima, constatando come le coperte fossero calde e lui terribilmente stanco; così, il sonno arrivò presto a conciliarlo e lui si ritrovò catapultato su un altro piano, dove tutt'attorno appariva come pacifico e celestiale – sembrava una di quelle raffigurazioni pittoresche riguardanti scene della mitologia greca e quindi, indubbiamente, doveva essere finito nel cosiddetto mondo onirico.

Alberi in fiore, stagni, fiumi, ninfee, fiori: tutto era estremamente bello e fonte di quella stessa forte luce che irradiava ogni cosa senza il minimo fastidio.

Ludwig non sognava un'atmosfera così rassicurante e serena da anni ormai.

Toccò le fronde degli alberi con i polpastrelli, beandosi della superficie liscia e verdeggiante delle foglie: era troppo, persino in un sogno, credere a un ambiente così meraviglioso; ma ancora più bello diventò quando scorse in lontananza la figura di un ragazzo che, dandogli le spalle, si rifletteva nella superficie di uno stagno.

«Attento!» Gridò per timore che il ragazzo potesse subire la stessa sorte toccata al povero Narciso. All'appello, questo si voltò e Ludwig poté riconoscerlo subito come Aleph; ma il ragazzo non sembrava averlo distinto, anzi, pareva più che altro un cervo che scappava da chissà quale predatore – perché sì, prese a correre via all'improvviso.

Lui si mise a inseguirlo come se l'altro stesse in pericolo, certo di quella sensazione rampante che prese a ballonzolargli nel petto, e fu solo in quel momento che si accorse degli abiti indossati dal rosso – indumenti che rimandavano all'antica Grecia: un peplo bianco dal panneggio morbido e leggiadro.

La ballata dei petali cadutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora