Capitolo 5

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 Quei  giorni erano trascorsi in fretta e Ludwig aveva continuato a sognarlo  ininterrottamente: Aleph era ormai diventato come un dolce veleno, uno  di quelli indispensabili per la sopravvivenza; non avevano fatto nulla,  si erano solo parlati, m...

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Quei giorni erano trascorsi in fretta e Ludwig aveva continuato a sognarlo ininterrottamente: Aleph era ormai diventato come un dolce veleno, uno di quelli indispensabili per la sopravvivenza; non avevano fatto nulla, si erano solo parlati, ma a Ludwig era bastato poco per rimanerne letteralmente stregato.

I sorrisi di Aleph erano contagiosi, così tanto che non vederli lo aveva fatto cadere in un baratro di tristezza più dolce rispetto a quella che solitamente lo attorniava – quella angosciosa.

Gli uomini gli erano sempre piaciuti, non era un mistero né per sua moglie, né per suo figlio più grande: Ludwig era sempre stato bisessuale, ma le sue esperienze si limitavano all'adolescenza, prima di sposarsi con Regan, perché dopo di lei non conobbe nessun altro – anzi, le rimase fedele fino a quel giorno; ma adesso aveva bisogno di aria, di qualcuno che lo amasse davvero una volta per tutte.

Fu così che il pensiero di Aleph divenne ossigeno e il tempo assunse le sembianze dell'ansia: voleva vederlo, bramava la sua presenza almeno quanto desiderasse un suo sorriso, e non era più nella pelle all'idea di tradurre per lui quelle poesie.

Quella mattina si era svegliato bene, ma allo stesso tempo era agitato per via del fatto che fosse il giorno fatidico, il tanto atteso mattino. Non era riuscito a fare niente – né a lavorare sulle orribili scartoffie che gli passavano, né a leggere qualcosa – così aveva deciso di sedere sulla solita poltroncina, mentre la sua gamba si muoveva all'impazzata come per scandire il tempo che passava, aumentando così, senza volerlo, quella morsa che sembrava attanagliargli la gola.

Si ravvivò i capelli, sospirando stanco, nascondendo il viso tra le mani per poi strofinarsi appena gli occhi.

«Cosa diavolo ti sta succedendo, Ludwig?» Bofonchiò quelle parole come per scuotere se stesso.

«Sembri un ragazzino di quindici anni.»

Si stava rimproverando ancora una volta, sebbene avesse potuto benissimo lasciarsi andare e vivere quella situazione così come gli veniva offerta; ma erano trascorsi troppi anni da quando Ludwig aveva iniziato a segregarsi l'anima e adesso pareva quasi costargli fatica lasciarla andare tutta insieme, improvvisamente: si sarebbe dovuto riabituare poco a poco, o per lo meno così continuava a dirsi.

Non gli rimaneva altro da fare che rassegnarsi all'idea che l'altro lo aveva conquistato non facendo nulla, ma un altro cruccio lo tormentava adesso: lui aveva quarant'anni, mentre il ragazzo solo ventitre; perciò, l'etica di Ludwig gl'impediva di lasciarsi andare completamente anche per quello.

Si stava districando tra i suoi pensieri quando il bussare alla porta arrivò ovattato alle sue orecchie, allora si ridestò fino ad alzarsi in fretta e furia, sapendo benissimo chi fosse al di là dell'uscio; così si sistemò un po' la giacca, ordinando poi il nodo della cravatta, anche perché Ludwig era un uomo preciso e ci teneva ad apparire elegante e sobrio.

La ballata dei petali cadutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora