«Alex...?»
«Mh?»
«Domani, no...»
«Mh...»
Borbottò lui, mezzo assonnato, con la testa sul mio petto e le braccia strette attorno alla mia vita. Si era attaccato e ora non si staccava più.«Quando questa notte finirá...»
«Mh...»
Mi strinse un po' più forte.«Mi chiamerai ancora "piccolo"?»
La risposta arrivò solamente dopo qualche secondo.
«Dipende se tu mi chiamerai ancora "hyung".»Ridacchiai, accarezzandogli i capelli.
«Alex... l'Open day quando ci sarà?»«Martedí prossimo, perché?»
Alzò la testa verso di me.«Perchè... dopo martedí non verrai più, giusto, a scuola? E... la cosa mi rende triste. E- non é solo il fatto che se avevo fame mi ritrovavo qualcosa di dolce sul banco offerto da te o.. o perché da quando ci sei tu, nessuno mi infastidisce più... Ma... proprio la tua presenza...»
Gli presi il viso fra le mani. «Prima dell'Open day erano passate settimane prima di vederci. N-Non sarà di nuovo così, v-vero? Non... non riuscirei a sopportarlo, Alex...» Sussurrai, sentendo i miei occhi farsi lentamente più lucidi. «M-Mi mancheresti troppo...»Lui di risposta corrugò la fronte, sussurrandomi che no, quella volta sarebbe stato diverso. Gli sorrisi di rimango, per poi guardarlo.
«Andiamo a fare qualcos'altro?»
«Tipo cosa?»
«Beh sei tu il più grande fra i due, sei tu che più ti godi la vita... che fai quando vi annoiate, tu e i tuoi amici?»
«Beh... spendiamo tutti i nostri soldi in un locale.»
Mi guardò e mi brillarono gli occhi. «No, tu non puoi andarci.»«Cooosa?»
Corrugai la fronte; per quale assurdo motivo non potevo andarci?«Sei piccolo e fragile... se ti venissero vicino con la scusa della caramella qualcosa, come un cretino ci cascheresti.»
«Ehi!»
Lo guardai, offeso. «Sei proprio antipatico, non é detto che solo perché quelli della mia età sono ingenui, allora lo sia anche io.»«Era un discorso individuale, Gio'.»
Si mise in piedi, e feci lo stesso anche io. «Parlavo solo di te. Sei ingenuo.»«Mh, davvero? E allora portami in un locale e ti dimostro come so divertirmi.»
«Giorgio, dav-»
«Portamici!»
«No!»
Lui alzò un po' di più la voce e io mi iniziai a fare più piccolo. «Ma non capisci quando qualcuno ti parla? Non posso portartici; so che ti piacerebbe e forse per te sarebbe più divertente il tipo che ti accompagna ovunque, come quel cretino di Lorenzo!» Urlò. «So che é più divertente quel tipo, okay? Ma io ci penso alle fottute conseguenze.» Si avvicinò a me, e come a scusarsi dell'aver alzato la voce, poggiò le mani sui miei fianchi. «E non vorrei mai che tu ti pentissi di una serata con me.»«N-Non... n-non lo so...»
Abbassai la testa; non dico che non avesse ragione, ma era stato troppo duro. Lui mi spinse contro di sè, sbuffando.«Non volevo urlare, scusami piccolo...»
Chiuse gli occhi, e io mi lasciai andare al calore delle sue braccia. Non mi piaceva sentirlo arrabbiato ma non me l'ero presa troppo. «Vuoi andare davvero a ballare...?» Domandò poco dopo, come se ci avesse riflettuto. Io alzai la testa.«M-Ma come... Adesso sì?»
«Sei abbastanza grande e... e magari é meglio se la tua prima esperienza in un posto del genere sia con me... che con qualche stupido non saprebbe tirarti fuori da qualsiasi situazione.»
«Sembrano frecciatine...»
«Lo sono, non sopporto quel-»
«Non eravate amici?»
«Ma dico, hai visto come ti guarda?» Sbuffò lui, e io corrugai la fronte.
«Come?»
«In un modo che non dovrebbe fare, okay?»
«Sei così orgoglioso...»
Sospirai poggiando la testa sul suo petto.
«In che senso?»«Non dici mai quello che pensi fino in fondo per colpa di questo stupido orgoglio... sei uno stupido...» Sospirai, poi lo guardai. «Dai, andiamo.»
«A ballare?»
Mi sorrise lui.«Solo se balli con me.»
«Sicuro.»
E ridendo, mi portò in uno di quei locali. Camminammo per molto; il locale non era vicino, ma il tempo sembrava passare fin troppo velocemente fra risate e paura di essere scoperti dai nostri amici. Dopo non so quanto tempo, credo che iniziò a farsi davvero tardi. Ma lí dentro le cose funzionavano al contrario: più tardi si faceva, più si popolava. La gente ballava e rideva, rideva come se ormai non avesse più nessuna ragione per non farlo. Aveva perso la testa; c'era chi buttava la testa in giú e la gettava di nuovo indietro solamente per fare uno strano effetto con i lunghi capelli. L'odore era pestilenziale, lí dentro si moriva di caldo, e per questo mi ero tolto il giubbotto. Mi sentivo non poco a disagio, in mezzo a così tante persone, vestito come se fossi appena uscito dalla Chiesa. Ma la festa era tale: e per un secondo ci pensai.
Per una sera, per una sola sera, potevo lasciarmi andare. Lí dentro non mi conosceva nessuno, quindi che mi importava? Iniziai a bere un po' di tutto, Alex mi aveva offerto qualcosa che non era troppo pesante. Ma solamente quando ormai ero in mezzo alla pista, quando era passata una buona mezz'ora, mi accorsi che Alex non c'era più accanto a me.
Non ero completamente andato, così mi guardai attorno. Cercai di uscire dalla folla, ma una mano mi afferrò il polso, riportandomi indietro.
«Ehi, piccolo.»
A quel nomignolo sorrisi; capivo le parole ma non ne distinguevo bene il proprietario, ma solo lui mi chiamava in quel modo. Non so cosa mi spinse a girarmi, ma lo feci. E non sapevo chi dovevo ringraziare.
«E-Ehm... ciao...?»
Abbozzai una risata imbarazzata.
«Sei solo?»
Mi sorrise il ragazzo. Era più alto di me, ma nessuna novitá. Era davvero carino, ma non era nemmeno paragonabile ad Alex.
«No, no! In realtá... ero venuto con un mio amico ma l'ho perso...»
«Oh, vuoi che raggiungiamo il bancone? Così vediamo se lo troviamo.»
Io lo guardai, e mi sorpresi della sua gentilezza. Aish, abituato alla scuola non riuscivo più a pensare che oltre ad essa, ci fossero persone più gentili. Sorrisi e annuii.
«Grazie.»
Gli sorrisi, mentre iniziavamo a camminare verso il bancone.
«Non ti preoccupare... Sembri giovane, quanti anni hai?»
«Mh... beh, tu quanti ne hai?»
Lo guardai e lui rise, mettendosi le mani nelle tasche.
«Beh, io ventidue.»
«Diciannove.»
Mentii di qualche anno, mentre ci fermammo a camminare. Arrivammo al bancone e mi guardai attorno, alla ricerca del mio amico.«Sembri più giovane... Beh, posso offrirti qualcosa già che siamo qui?»
Mi sorrise.
«No, ecco... io non ho mai... bevuto troppo...»