Misi tutti i miei libri nel mio zaino. Era ormai fine di giornata e fuori dalla mia classe, attendevo che Mario e Lorenzo mi venissero a prendere. Quando li vidi, sorrisi spontaneamente e mi avvicinai a loro.
«Ehi, com'è andata alla fine l'interrogazione di chimica?»
Sorrise Mario scompigliandomi i capelli e io ridacchiai. Lo guardai e accennai un sorriso, apprezzando il fatto che si fosse ricordato.«Bene; meglio di quanto pensassi.»
«Quella é pazza. Sei il primo che sento dire queste cose.»
Ridacchiò Lorenzo, mentre prendemmo a camminare.«Per questo ho aggiunto "meglio di quanto pensassi." Mi ha fatto quattro domande e sono riuscito a rispondere bene a tutte.»
Annuii a me stesso, per poi guardare davanti a me. Ero al centro, fra Mario e Stefano, e la differenza di altezza faceva spuntare un piccolo sorriso. Ma iniziai a vedere come alcuni studenti iniziassero a mormorare qualcosa fra loro, fin quando uno, che era appena uscito da scuola, fosse rientrato e stesse correndo nella nostra direzione. O meglio, nella mia direzione.
Confuso, lo guardai, mentre mi fissava e si fermava davanti a me.«Ehi, é il tuo ragazzo quello con la macchina nera?»
Nonostante la descrizione bizzara, sapevo fosse lui. E lo sapeva anche quel ragazzo, visto come era corso deciso nella mia direzione. Corrugai la fronte.«Sì, perchè?»
«Sta prendendo discussione con Falco e il suo gruppo.»
Sgranai gli occhi sentendo quella frase, e immediatamente lo spostai e iniziai a correre verso l'uscita.
Falco era il cognome di un ragazzo popolare della scuola; un figlio di papà che probabilmente non aveva niente da fare nella vita se non andare a rompere le scatole a chiunque. Nella scuola era il ragazzo più odiato di tutti, di quelli che quando li vedi o cerchi di evitarli, oppure gli baci le scarpe. Perché nonostante fosse odiato, suo padre era in un'alta posizione della scala sociale. Per questo poteva fare quello che voleva; picchiava quelli che riteneva essere vestiti meglio di lui e li faceva sanguinare, ma nessuno poteva dirgli niente. Anzi, era la normalità che qualcuno fosse preso di mira da quello. Non so come mai a me non toccò mai quella sorte, forse ero troppo invisibile per loro. Loro, perché erano un gruppo di cui il capobranco era lui.Sbuffando, mi dissi di correre più veloce, e finalmente arrivai davanti ai cancelletti della scuola. Sentivo quel Falco urlare e girai lo sguardo; finalmente li vidi. Alex, per terra, che cercava di difendersi da quei sei ragazzi che lo stavano pestando. E Falco, in piedi, davanti a loro, ghignava.
Strinsi forte i pugni.
Uno contro sei.
Bastardo.
E lí non so più cosa mi prese. Mi guardai attorno quando poi mi ricordai di una cosa. Mi guardai attorno, consapevole che non avrei risolto nulla se mi fossi presentato a mani vuote. Girando lo sguardo, vidi il ragazzo dell'altra volta. Mi fissava come non aveva mai fatto, e mi avvicinai a lui.«Tu.»
Mi avvicinai a lui a passo svelto. Gli porsi la mia mano. «Dammelo.»
Sussurrai solamente, e lui senza dirmi nulla, mi diede quello che desideravo.
Un coltellino.
Girava sempre con una lama quel tipo, l'aveva cacciata più volte quando mi picchiava solamente per il gusto di vedermi tremare. E quel Falco avrebbe fatto la stessa identica cosa. Non avevo intenzione di far del male a qualcuno, solamente di farlo spaventare.
Uscii dai cancelli della scuola.«Adesso non fai più lo sbruffone?»
Scoppiò a ridere il capo del gruppo, rivolgendosi ad Alex. Io mi avvicinai a lui a passo svelto, e lui alzò un sopracciglio. Studenti da dietro il cancello ci guardavano ed io ne ero consapevole, ma avevo perso la testa. Non potevano fare del male ad Alex. No, non potevano. Anche quei ragazzi si erano fermati, non sentivo più nulla, se non il rumore dei miei passi verso di lui. «Mh? Il frocetto della scuola? Che c'é, piccolino, vuoi difendere il tuo ragazzo, mh?»
E scoppiò di nuovo a ridere, e risero insieme a lui quelli del suo gruppo. Stringendo i denti gli presi il colletto della maglia fra le mani, avvicinandolo a me. Era più alto e più robusto rispetto a me, quindi probabilmente se ero riuscito ad avvicinarlo era solamente perchè lui era sopraffatto dalla sorpresa. «Ma che diavolo fai...? Hai capito chi sono io?»