Capitolo 14

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23 febbraio 2017, ex-residenza sicura di Steve Rogers, Brooklyn

-Shuri non ti ha messo un fermo per almeno altri tre giorni? -sbotta Natasha appena varca la soglia della palestra, chiavi ancora in mano ed espressione sconcertata in volto.
-Sto bene. -afferma spazientito James, colto in flagrante mentre prendeva a pugni il sacco da boxe. -Perché sei qui, Natalia?
-Per dirti che l'emergenza S.H.I.E.L.D. è rientrata e sei ufficialmente un non-registrato... aspettiamo una pista, poi si deciderà cosa fare.
-Potevi fare una telefonata per questo. -obietta l'uomo srotolando lo scotch che serviva a riparare le nocche. -Riformulo: perché sei qui, Natalia?
-Ero curiosa. -ammette abbassando lo sguardo sulla punta delle scarpe per una frazione di secondo, per poi tornare a puntarlo sull'uomo, ignorando quel vuoto allo stomaco che si ripresentava fastidioso da una settimana a quella parte ogni volta che posava lo sguardo sugli occhi color ghiaccio di James.
-Ero restia a credere che ti fossi trasferito qui.
-Perché no? Non mi andava che andasse venduto a una persona qualsiasi, oltre al fatto che mi serve un tetto sopra la testa. -le spiega indicando la palestra con un vago gesto della mano, soffermandosi sulla branda istituita a letto di fortuna e il suo zaino per la fuga abbandonato in un angolo. -Sono qui da un paio di giorni, ma devo ancora decidermi a salire di sopra...
James indica distrattamente le scale che portano all'appartamento al piano superiore, cercando inutilmente qualcosa da fare per tenere le mani impegnate, non del tutto a suo agio sotto allo sguardo indagatore di Natasha. La donna cede di fronte a quella mezza confessione, decidendosi a mostrare le carte senza temere un bluff dall'altra parte.
-Ti ho portato degli scatoloni, sono in macchina, facciamo pulizia e poi deciderà Sharon cosa farne delle cose di Steve... che dici?
James la inchioda con lo sguardo, non sa bene cosa dire, ma Natasha intravede la gratitudine dietro alla sorpresa generata dalla proposta... al posto suo lei non vorrebbe affrontare i ricordi da sola, è ben consapevole che al piano superiore non ci sono solo i vestiti e i libri di Steve, ma ci sono anche i suoi fascicoli, le sue agende e i suoi disegni... ed è semplicemente troppo per una persona sola.
-Non sei tenuta a farlo.
-Voglio farlo, per accettare definitivamente l'idea... credo. -afferma la donna decisa, lasciando aleggiare tra loro quella consapevolezza inaccettabile e dolorosa da riferire ad alta voce... Steve è morto da quasi un mese, devono iniziare ad affrontarne l'idea.
-Va a prendere gli scatoloni prima che cambi idea.
James aspetta che recuperi il necessario dall'auto prima di salire al piano superiore, concedendosi un respiro profondo prima di girare la chiave ed aprire la porta in cima alle scale, varcando la soglia per la prima volta da quando si è accampato al piano inferiore. Natasha deposita i cartoni contro l'isola della cucina aprendo le finestre per far circolare l'aria... si aspettava di trovare più confusione data la scomparsa improvvisa dei proprietari, notando con la coda dell'occhio che James è rimasto fermo immobile in mezzo al salotto con uno dei blocchi da disegno di Steve tra le mani.
-Non c'è molto da fare, sono letteralmente quattro stanze... io penso ai quaderni, va bene? -propone in suo soccorso, mentre James sembra risvegliarsi dal momentaneo stato di trance, scuotendo la testa consegnandole il blocco.
-Va bene, io non sono ancora pronto a sfogliare i disegni... -afferma mentre afferra uno scatolone dirigendosi in camera da letto. -Io mi occupo dei vestiti.
Natasha lo osserva sparire nell'altra stanza, abbassando lo sguardo sul disegno incriminato... le si palesa davanti il profilo di James accennato a sanguigna, mentre uno schizzo di Peggy ai tempi d'oro accennato a carboncino la osserva dall'altra metà del foglio, sotto era riportata la data del funerale della donna... era l'ultimo disegno prima di Vienna, l'ultima persona persa e la prima da trovare. Natasha chiude il blocco di scatto, forse non è pronta nemmeno lei a sfogliare i disegni... nel caso di Steve anche gli scarabocchi raccontavano sempre più delle parole.
Impila i quaderni e i blocchi in modo ordinato all'interno degli scatoloni, sforzandosi di non sfogliare le pagine più del necessario, giusto per capire se i libri erano segnati dalla scrittura sbilenca del Capitano o firmati da quella più aggraziata di Sharon.
A distanza di un paio d'ore gli scatoloni erano stati impilati e chiusi nello sgabuzzino al piano inferiore, c'erano un paio di lenzuola nuove sul materasso della camera da letto e il contenuto dello zaino di James era stato accatastato sul tavolino del salotto insieme al voluminoso fascicolo in cirillico con il suo nome scritto sopra.
-Cosa vuoi farne di quello? Bruciarlo? -chiede Natasha indicando il plico di documenti sopravvissuto alla sua missione di inscatolamento.
-No... può tornare utile, considerato che allo S.H.I.E.L.D. ne hanno eliminato la copia digitale. Sai, se mai dovessi dare risposte... fammi un favore, consegnalo a Stark.
-Metterlo a conoscenza di tutti i tuoi dettagli scabrosi ti aiuterebbe a porti in una luce diversa? -chiede con finto sarcasmo, consapevole che tra le righe dei referti medici apparivano anche stralci dei rapporti delle varie missioni.
-Non credo proprio... ma dovrebbe conoscere sul serio di chi ha deciso di fidarsi.
-Certe cose non vanno riferite a voce?
-Certe sono troppo difficili da dire. -sentenzia abbassando lo sguardo facendo cadere il discorso, allungandole il fascicolo che lei deposita all'interno della borsa.
-Sei sicuro di voler rimanere qui?
-Sono solo quattro muri Natalia, è il mio modo di venire a patti con i fantasmi...
-Stai bene? -chiede senza giri di parole per la prima volta da quando ha messo piede lì dentro, posando nuovamente la borsa sul divano, infilando le mani in tasca guardandosi intorno in attesa di una risposta.
-Hai fatto più del dovuto, sto bene Natalia, sul serio...
-Chiedevo conferma...
-Allora chiedimi ciò che ti interessa sul serio e facciamola finita, ci giri intorno da quando la ragazzina mi ha dimesso dal post operatorio. -afferma prendendola in contropiede, incrociando le braccia al petto, studiandola in attesa che lei sputi il rospo, mentre Natasha avverte di nuovo quella sensazione di vuoto alla bocca dello stomaco che si ripresenta inopportuna.
-Ti ricordi tutto? -chiede fuori dai denti arrendendosi, smettendo di girare intorno alla questione in quella impresa logorante intrapresa negli ultimi giorni.
-La maggior parte delle cose, si.
-Ti ricordi di me? -chiede avvicinandosi, ponendo la domanda titubante, timorosa di ricevere una risposta che non è sicura di voler sentire.
-Tu eri l'unica cosa positiva di quegli anni, moja malen'kaja tancovščica. [1]
Agisce d'impulso, cogliendolo di sorpresa quando gli afferra la nuca tuffandosi sulle sue labbra, lasciandosi andare per un paio di secondi prima di riprendere il controllo di se stessa e lasciarlo respirare, tentando inutilmente di frapporre una sorta di distanza, azzerata immediatamente da James che la afferra per i fianchi baciandola in risposta impedendole di fuggire di nuovo.
-Dovrei dedurre che non hai dimenticato nemmeno tu. -mormora James a fior di labbra, fronte contro fronte a corto di fiato. -Che significa Natalia?
-Non lo so.
Natasha si divincola dalla presa di James, la lascia andare senza opporre resistenza, mentre la osserva immobile afferrare la borsa e assecondare l'istinto che le suggerisce di fuggire per salvare la pelle, lo stesso istinto che le sussurra all'orecchio che la loro relazione è un rischio suicida.
-Tornerai? -si limita a chiedere l'uomo, frenando l'istinto di raggiungerla e baciarla di nuovo.
James le concede i suoi spazi e il tempo per accettare l'idea, dandole una tacita conferma che la aspetterà a discapito dei pronostici di una vita fa, che questa volta nessuno li controlla, che non devono più nascondere nulla o fuggire.
-Se sei fortunato. -concede con un mezzo sorriso che le increspa le labbra, voltandosi in direzione della porta.
-Lo sono? -la richiama speranzoso James un'ultima volta, mentre lei abbassa la maniglia, sorridendogli prima di chiudersi la porta alle spalle.
-Penso proprio di si.

***

24 febbraio 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

-Sparisco per una settimana e questo è il risultato?
-Non usare quel tono con me, Sam. -afferma Tony puntandogli il dito contro, intimando silenzio e pretendendo un rispetto che dubita di meritarsi.
-Che tono dovrei usare, sentiamo. -lo schernisce Sam puntando i palmi delle mani contro la scrivania ostinandosi a restare in piedi.
-Magari uno senza un sottotono che mi accusa di tutti i mali del mondo. -replica Tony irritato, raddrizzando la schiena contro la poltrona poggiando i gomiti sul tavolo.
Sam fa un passo indietro coprendosi il volto con le mani, prendendo un respiro profondo prima di spostare lo schienale della poltrona, lasciandosi cadere contro l'imbottitura, sedendosi di fronte al suo capo.
-Va bene. Ho solo una domanda.
-Spara.
-Ti è andato di volta il cervello? Secondo quale logica ti è sembrata una buona idea quella di consegnare lo scudo a Barnes?
-Sono due domande.
-Tony. -lo mette in guardia incenerendolo con lo sguardo, mentre quest'ultimo deglutisce a vuoto e smette di tamburellare con le dita sopra al vetrino del sostituito al reattore.
-Va bene... non mi serve una seconda paternale, ci ha già pensato Natasha per questo.
-Quindi lo sai che è stata una follia... consegnargli lo scudo, dargli un uniforme, spedirlo in missione, farlo finire sotto i riflettori... -inizia ad elencare Sam contando i recenti sviluppi sulle dita.
-Giusto per essere chiari, lo scudo se l'è preso e se volevo che restasse dovevo dargli delle garanzie. -obietta gesticolando con le mani.
-Garanzie per salvargli la pelle, non per farlo finire sotto i riflettori! -esclama Sam esasperato.
Tony sente scoppiare la testa, stavano discutendo da una infinità di tempo e Sam non voleva saperne di starsene zitto smettendo di criticare ogni sua più piccola scelta.
-Non hai pensato al riscontro psicologico della cosa? A come potrebbe reagire a lungo andare?
-No, okay!? Non ci ho pensato, va bene? -sbotta mettendolo a tacere per la prima volta da quando l'uomo ha varcato la porta dell'ufficio. -Non ho pensato se fosse giusto o sbagliato, se è la scelta più sana per Barnes o altro... ho solo pensato che quello era l'ultimo desiderio di Steve, gli ho lasciato lo scudo che si è preso e gli ho dato uno scopo, tutto qui.
-Non è tutto qui, Tony. L'hai gettato nella fossa dei leoni... quando tutto questo sarà finito, quando Lukin non sarà più un problema e metterà da parte lo scudo, quando non ci sarà più nessuna missione e avrà intere giornate da impegnare... crollerà, devi dargli un buon motivo per restare in piedi.
-Non posso pensarci a tempo debito? Dopo tutto ciò che è successo non sono degno di un minimo di fiducia?
-Semplicemente, non è la prima volta che prendi una decisione che ci riguarda tutti senza sentire l'opinione degli altri, non puoi fare sempre di testa tua. -afferma Sam con un'alzata di spalle riducendolo a silenzio definitivamente.
Tony distoglie lo sguardo senza sapere come o con cosa ribattere, patendo in silenzio per la stoccata inflitta, sorseggiando il caffè ormai freddo che aveva abbandonato sul tavolo quando Sam aveva varcato la soglia partendo in quarta con la ramanzina.
-Sei qui solo per criticare oppure hai novità su Sharon? Dopo che ho messo Barnes su un aereo per il Wakanda ti sei messo subito a cercare una pista, o sbaglio anche su questo? -tenta di celare il risentimento con risultati infruttuosi, osservando l'uomo da sopra il bordo della tazza.
-Si, ho trovato qualcosa.
-Iniziare subito dalle notizie buone invece che dalla critica alle cattive non ti sembrava una buona idea, vero?
-Non ricominciare. -lo avverte Sam con le mani intrecciate sul tavolo, intimandogli con lo sguardo di concedersi un respiro per deporre l'ascia di guerra prima di ribattere.
-Va bene... ma visto che ci tieni tanto a dare a Barnes un pretesto per restare in piedi, te lo porti dietro in missione, chiaro?
-Okay. -accetta Sam incassando il colpo.
-Ora aggiornami, ho bisogno di trovare mia cugina.

***

25 febbraio 2017, residenza sicura di James Buchanan Barnes, Brooklyn

James urla a pieni polmoni quando il vagone delle montagne russe compie una virata stretta, facendogli finire lo stomaco in gola mentre precipita a strapiombo contro il marciapiede, alternando le risa alle grida divertite nel vedere il viso di Steve tinto di un colorito verdognolo dopo il terzo giro della morte.
-Dio, quanto amo le montagne russe! -urla sovrastando le raffiche di vento, mentre Steve lo fulmina con lo sguardo e tace, coprendosi la bocca reprimendo l'esigenza di vomitare.
Altra curva stretta, altro scossone, ma questa volta salta una vite e precipita sul serio... Steve lo afferra, il viso di un colorito normale e i fiocchi di neve cristallizzati tra i capelli, ma gli sfugge la presa e cade irrimediabilmente giù dallo strapiombo, le montagne innevate sostituire al sole cocente di Coney Island.
Reagisce al panico dato dalla caduta, alzandosi di scatto dal materasso urlando, scosso dai brividi.
-Brutti sogni? -gli sussurra Natalia all'orecchio, posandogli la mano calda tra le scapole placando i tremori. -È tutto okay...
Si volta a guardarla, la nuvola di capelli rossi in controluce che le incornicia il volto, le torri del Cremlino che si stagliano oltre il vetro della finestra. Le afferra una mano portandosela alla guancia, ma le dita della donna sfuggono dalla sua presa, viene trascinata lontano da lui... sente il rumore prima di vedere la luce dello sparo, corre tentando di raggiungerla sotto la pioggia di proiettili, scalciando i bossoli caduti sul selciato, tendendo la mano di metallo verso di lei... ma è inutile, tutto inutile.
Inciampa e cade a terra, respira polvere da sparo e sangue, rialzandosi a fatica con le dita di metallo macchiate di rosso... l'unico in piedi in mezzo ai cadaveri.
Aspetta il colpo a tradimento, sa che qualcuno lo sta puntando, che è questione di secondi prima che arrivi il proiettile alle spalle che serve a stroncarlo... aspetta, ma non accade.
Si volta, fronteggia il cecchino con il proiettile in canna, mettendo a fuoco il mirino... vede se stesso, l'uniforme da Sergente indosso, che punta l'arma contro la sua fronte... e spara prima che lui possa prendere il grilletto con la mano di metallo.

James si sveglia di soprassalto, il mal di testa martellante e fastidioso come se il proiettile gli avesse trapassato la testa sul serio, la gola secca come se avesse urlato tutta la notte... conoscendosi non era un'ipotesi da escludere.
Si districa dalle lenzuola posando i piedi sul parquet, la scossa gelata che gli riattiva la circolazione sanguigna ha quasi un effetto benefico, mentre si trascina in cucina per procurarsi un bicchiere d'acqua... gli incubi erano ritornati in modo così vivido dopo le torture di Faustus, si consolava che almeno negli ultimi giorni non si risvegliava più ritrovandosi a strangolare i cuscini.
Aveva aperto il frigo in cerca della bottiglia d'acqua, sbadigliando ancora intontito dal sonno, quando aveva sentito la chiave girare nella serratura, reagendo d'istinto afferrando un coltello da cucina per difendersi puntandolo contro il malcapitato di turno.
-Sono io, vengo in pace! -esclama Sam con le mani alzate sopra la testa, osservando guardingo la lama d'acciaio che gli viene puntata contro.
-Devo cambiare la serratura. -commenta James rimettendo la lama al suo posto, voltandogli le spalle afferrando un bicchiere, tornando alla sua esigenza di placare la sete, incurante della recente invasione. -Ti offro qualcosa?
-Sono apposto così, grazie...
-A cosa devo la visita alle cinque del mattino? -chiede appoggiandosi all'isola della cucina.
-Ho una pista su Sharon, Stark mi ha assegnato a te come unità di supporto.
-Che pensiero gentile... prima Natalia come balia, adesso tu come babysitter. -commenta posando il bicchiere sul lavello, ignorando le proteste di Sam per essere ricaduto in quella definizione. -Non ho bisogno del servizio babysitter, Sam.
-Nemmeno di un uomo che ti copra le spalle? Non sei invincibile, Capitan America.
-Non mi abituerò mai a quel titolo.
-Nessuno si abituerà mai a quel titolo associato a te, ma si da il caso che lo scudo ora sia una tua proprietà, quindi... -obietta Sam rigirando volutamente il dito nella ferita ancora troppo fresca, riuscendo tuttavia a spingerlo ad un atteggiamento un po' più cordiale. -Che dici, soci?
-Vada per il socio. -accenna un sorriso mentre alza gli occhi al cielo divertito. -Quindi abbiamo una pista su Sharon?
-Si, se ti vai a mettere qualcosa sopra le mutande partiamo anche subito.
James recupera la divisa e lo segue a ruota lungo la pista intercettata, ritrovandosi ad osservare di vedetta il magazzino fatiscente che sta scaricando le merci partite da uno degli stabilimenti Kronas.
-Sei sicuro che la ragazza di Steve sia lì dentro?
-Io non sono sicuro di nulla.
-Se non ne sei sicuro, mi spieghi perché diavolo mi hai fatto fare colazione alla velocità della luce e mi hai trascinato fino a qui? -chiede James basito, distogliendo lo sguardo dal mirino d'ingrandimento appositamente per fulminare Sam.
-Non guardarmi così, la pista che ho intercettato ci portava fino a qui, non posso avere la certezza matematica che Sharon sia ancora in questa base. -obietta Sam indifferente all'occhiata di fuoco, mentre continua a monitorare i filmati inviategli da redwing.
-Abbiamo il via libera.
James parte in quarta, scudo sulle spalle e scarponi che battono il selciato, introducendosi nello stabile mentre Falcon lo monitora dall'alto. Sbaraglia gli agenti AIM man mano che li incontra, tramortendoli a suon di pugni e difendendosi con lo scudo.
-Sei migliorato sulla presa, forse mi rimangio ciò che ho detto prima. -commenta Sam volando sopra la sua testa, mentre James rinuncia a ribattere impegnato a schivare i colpi. -Dalla scansione a raggi X di redwing, ci sono movimenti nel laboratorio sopra la tua testa, anche se non rileva tracce di calore.
James si lancia alla ricerca delle scale, analizzando in sordina quella sensazione piacevole che avverte... non è la gioia violenta a cui è abituato, assomiglia di più al desiderio di non voler deludere le aspettative, come se la consapevolezza del ruolo che ricopre e dell'uniforme che indossa lo spingano a combattere meglio. Non lo ammetterà mai ad alta voce, ma l'idea che Sam gli copra le spalle lo rassicura, deve essere la stessa sensazione che provava Steve nel saperlo appostato nelle retrovie a proteggerlo armato di fucile durante la guerra... quella che percepisce deve essere fiducia.
Combatte fino allo strenuo delle forze, ma l'epilogo della battaglia non è quello che si aspettava... quando raggiunge il laboratorio fa in tempo a vedere l'androide con le sembianze di Armin Zola attivare la sequenza di autodistruzione dello stabile per cancellare le prove, finendo di trasferire la sua coscienza su un LMD comandato da remoto, lasciandogli tra le mani solo lo scheletro di un robot vuoto.
Scampa alla detonazione con il guscio vuoto di Zola sulle spalle, ordinando a Sam di tornare al Complesso giusto il tempo per consegnare a Stark l'ammasso di circuiti nella speranza che riesca a ricavarne qualcosa di utile, per poi fare ritorno a Brooklyn.
-Per essere la nostra prima missione insieme, devo ammettere che non è stata così pessima. -commenta Sam accettando la birra offertagli da James, brindando all'esito non così catastrofico, venendo interrotto dallo squillo del cellulare di Sam che accetta la chiamata in automatico.
-È Natasha, dice di accende la TV. -riferisce l'uomo impensierito mentre James afferra il telecomando eseguendo gli ordini.
-Oh merda...
-Quello non sei tu, non sei decisamente tu... -mormora Sam con gli occhi incollati sullo schermo, mentre James rischia di ridurre la bottiglia di vetro in frantumi a causa di uno spasmo della mano di metallo.
La barra in sovrimpressione comunica che c'è stato un tentativo di compiere un attentato ai danni del Senatore Wright, prontamente e miracolosamente sventato da Capitan America... quello vero, di ritorno dai morti, zazzera di capelli biondi e sguardo azzurro che punta all'obiettivo della telecamera.
-Non è nemmeno Steve, Sam. -afferma James convinto. -Gli assomiglia in modo spaventoso, ma non è lui.



Note:
1."mia piccola ballerina" tradotto dal russo.

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