Capitolo 16

101 6 0
                                    

1 marzo 2017, residenza sicura di James Buchanan Barnes, Brooklyn

James era esausto, una volta tornato dal Minnesota Shuri aveva passato l'intera giornata a medicargli le ferite, sottoponendolo ad ogni sorta di esame e analisi per controllare che fosse effettivamente tutto apposto dopo essere stato massacrato, ma grazie alla sua variante del siero e le diavolerie di Shuri era riuscito a fuggire dall'infermeria solo con un labbro spaccato e qualche ematoma. Aveva ottenuto il via libera dopo ventiquattr'ore di osservazione, accettando il passaggio in auto fino a Brooklyn impostogli da Stark, assecondando l'ordine di non guidare la moto per un paio di giorni, desiderando solo una doccia calda in casa propria e una lunga dormita di minimo dieci ore.
Raggiunge il pianerottolo in cima alle scale del piano superiore, trascinando i piedi sul pavimento mentre il silenzio regna sovrano, donandogli un senso di tranquillità e pace che gli concilia il sonno... è una sensazione che non avverte da un'infinità di tempo.
Trova le chiavi e le infila nella toppa, aprendola dopo nemmeno mezzo scatto... il suo cervello gli lancia un campanello d'allarme, era sicuro di aver fatto tre giri di chiave l'ultima volta che si era chiuso la porta di casa alle spalle.
Sfila la pistola dalla fondina entrando guardingo e rasente muro, alla fine non aveva avuto il tempo per far cambiare la serratura... rendendosi conto che nessuna serratura l'avrebbe tenuta lontana, trovando l'intrusa addormentata nella sua camera da letto. Natasha riposava ignara, la nuvola di capelli rossi che le copriva il volto, il braccio alzato sopra la testa con le manette al polso e una delle sue magliette trafugate dall'armadio usata come pigiama. Abbassa l'arma, un mezzo sorriso triste sulle labbra mentre le scosta le ciocche rosse dal volto, per poi afferrare la chiave sul comodino e liberarla, maledicendo le vecchie abitudini della Stanza Rossa mentre le sfiora la fronte con le labbra.
Ripone lo scudo di Steve contro l'armadio, spogliandosi e gettandosi sotto il getto dell'acqua calda incurante del fatto che fossero le due di notte, assecondando il bisogno di scrostarsi di dosso la polvere e il sangue residui che si porta dietro da due giorni.
Ha modo di riflettere sotto la doccia, il suo meraviglioso piano che comprendeva quella agognata dormita sfuma, mentre si convince che il divano sgangherato del salotto è lontanante comodo quanto il materasso del suo letto... nulla batte il potere dell'auto-convincimento.
Si illude di poter chiudere occhio sapendo che Natasha dorme tranquilla nella stanza accanto, dandosi dello stupido perché sapeva di doversi aspettare un'incursione con annessa invasione da parte dalla rossa, mentre il ricordo di quel bacio sfuggevole gli torna alla mente... per poi imporsi di non fantasticare troppo, non gli era dato sapere se quel bacio significava effettivamente qualcosa.
Quando torna nella camera da letto la trova sveglia, gli occhi verdi che lo trafiggono mentre continua a sfregarsi il polso segnato dalle manette.
-Dove le hai nascoste?
-Torna a dormire Natalia. -ignora la domanda mentre afferra il suo cuscino e una coperta, più che intenzionato a voler dormire sul divano pur di lasciarle i suoi spazi, tremendamente consapevole di quanti anni siano passati dall'ultima volta che hanno condiviso un letto.
-James. -basta il suo nome per bloccarlo sulla porta, ha tutto un altro suono se viene pronunciato da lei.
-Non ti dirò dove ho nascosto le manette, ti muovi nel sonno e ti laceri il polso.
-Non riesco a dormire senza.
Non ha voglia di chiederle quando i capi della Stanza Rossa le avevano insegnato nuovamente a dormire ammanettata alla testiera del letto, ma si rifiuta di cedere... anni prima l'avevano trovato il modo.
-Se proprio non riesci a dormire senza c'è sempre il piano B... se per te non è un problema.
-Non è mai stato un problema, dovresti saperlo.
Non commenta, rimette giù il cuscino al suo posto mentre Natasha gli fa spazio sul materasso, addossandosi contro di lui usandolo come cuscino, mentre se ne sta semi-sdraiato contro la testiera del letto, circondandole il polso con le dita di metallo.
-Stai comodo?
Ignora il buon senso che lo avvisa che, se dorme seriamente in quella posizione, la mattina dopo si ritroverà la schiena dolorante e la spalla indolenzita.
-Comodissimo.
-James, seriamente...
-Natalia dormi, sono esausto.
Le stringe lievemente il polso, un po' per darle l'impressione di avere ancora le manette addosso, un po' perché non sa quanto durerà quella situazione indefinita ed è terrorizzato che Natasha possa sparire da un momento all'altro.
Lei non si era pronunciata sull'argomento e lui non aveva voluto chiedere, preferisce non interrogarsi sul perché lei si sia fatta trovare nel suo letto o il come si siano ritrovati in quella situazione paradossale. Non si stanno evitando attivamente, anzi, ma era ben consapevole che se non si muove con i piedi di piombo Natasha potrebbe scappare come un cervo spaventato dai fanali dell'auto... è passato troppo tempo, non ha la più pallida idea di come comportarsi.
Realizza, con la mente annebbiata dal sonno, che l'unica cosa che lo blocca dal prendersi certe libertà è la paura concreta che si possa svegliare di punto in bianco e capire di essersi sognato tutto quanto... semplicemente l'avere di nuovo Natasha tra le braccia, il poterla stringere durante la notte senza temere ripercussioni, è troppo bello per essere vero.
Scaccia i pensieri funesti, se ne frega altamente mentre collassa cullato dal profumo di Natasha, precipitando in un sonno senza sogni... non ricorda quando era stata l'ultima volta che ha dormito così bene.

***

I sensi di Natasha impazziscono strappandola dal dormiveglia, aprendo gli occhi spaventata e in allerta, tranquillizzandosi quando percepisce le braccia di James che la stringono nel sonno.
Riconosce il profilo dell'uomo in controluce, il respiro profondo che gli solleva appena il petto, tornando a rilassarsi cullata dall'odore del ferro, mentre la mano di metallo continua a stringerle delicatamente il polso.
Negli ultimi giorni la sua testa aveva registrato un costante rumore di fondo dato dal chiacchiericcio dei suoi pensieri, Natasha non aveva idea di quale delle tante riflessioni illogiche su James era riuscita a fare breccia nella sua mente, ma probabilmente si era resa conto che a restare con quel dubbio infelice, immaginando solamente cosa sarebbe potuto accadere se le cose fossero andate diversamente, non le avrebbe fatto guadagnare nulla.
Si era convinta che era completamente insensato privarsi di ciò che desiderava sul serio solo perché i fantasmi del suo passato a volte le facevano ancora paura, la situazione era cambiata, l'unico permesso che doveva attendere era il proprio.
Aveva afferrato la sua copia delle chiavi ed aveva guidato fino a Brooklyn, affrontando la questione in modo istintivo e celato dall'ombra della notte come avevano sempre fatto... saltando a piè pari la presa di coraggio razionale data dal presentarsi a Brooklyn alla luce del giorno.
Anni prima si erano concessi di fantasticare su un'ipotetica vita insieme, date le circostanze potevano far finta di riprendere da quel punto lasciato in sospeso, relegando le decisioni coraggiose e scomode al mattino dopo.
Era stato stranamente piacevole svegliarsi da dei sogni innocui e tranquilli... Natasha credeva di poterla accettare come nuova abitudine, insieme al russare sommesso ed ininterrotto di James.
Ricordava di aver sempre trovato inconciliabile la presenza silenziosa, calcolatrice ed ubbidiente del Soldato d'Inverno, in perfetta contrapposizione con la personalità caotica, impulsiva e rumorosa di James... se chiudeva gli occhi riusciva a percepire ancora il vento freddo che ululava fuori dalle finestre del motel a Mosca, sospirando rilassata di fronte al ponte di Brooklyn illuminato dall'alba che si stagliava fuori dalle imposte della camera, mentre un microscopico sorriso faceva capolino dalle sue labbra realizzando che i pronostici all'epoca improbabili di James avevano finito per realizzarsi.
In una delle tante notti trascorse al motel, Natasha ricordava di essersi lasciata sfuggire il desiderio di vivere insieme lontani dalla Russia... all'epoca era un'idea inconcepibile che quei momenti potessero protrarsi in eterno, non solo le mezze confessioni e le notti trascorse tra le lenzuola, ma loro due insieme, a Brooklyn, con un piatto di pancake per colazione... aveva promesso di prepararglieli ogni mattina ed inconsciamente era stata una delle prime ricette che aveva imparato a cucinare una volta trasferitasi in America.
Si districa dall'abbraccio di James, facendo attenzione a non svegliarlo o a gravare sui lividi ancora freschi, raggiungendo la cucina per mettersi all'opera.
Era ancora indaffarata ai fornelli quando la mano di metallo di James le aveva scostato i capelli dal volto per baciarla sulla guancia, versando il caffè per entrambi, per poi afferrare il piatto di pancake già pronti.
-Pensavo di averti sognata. -commenta in tono leggero, iniziando a far colazione appena lei si siede di fianco a lui al tavolo della cucina. -Dio se sono buoni, di solito i miei riescono mezzi bruciacchiati e a malapena commestibili.
Natasha ridacchia di fronte a quella confessione, lasciando sfumare il tentativo di conversazione addentando la propria porzione di pancake per tenere la bocca impegnata... non sapeva come iniziare il discorso alla luce del sole, lasciando aleggiare tra loro un silenzio imbarazzato che entrambi non sapevano come colmare.
-Allora...? -inizia James a distanza di qualche minuto schiarendosi la voce, interrompendo la frase sul nascere non trovando le parole adatte, limitandosi ad indicare loro due, i pancake ed accennando infine alla camera da letto.
-Non lo so. -risponde d'istinto la donna fissando la forchetta, diventata improvvisamente interessante.
James resta in attesa di una risposta, mentre Natasha comprende di non poter evitare il discorso all'infinito... forse era meglio iniziare a discutere dell'intera storia dall'inizio, soprattutto se voleva fare chiarezza e capire quale dei tanti pensieri illogici aveva seguito per raggiungere Brooklyn senza apparente motivo.
-Quando hai iniziato a ricollegare le cose?
-Dopo Washington, anche se negli anni ho avuto qualche momento di lucidità... ho ucciso Karpov. -confessa spinto dal suo sguardo che richiedeva un esempio, comunicandolo come un traguardo di cui andava fiero a metà, mentre abbassa lo sguardo tagliandosi un altro pezzo di pancake per sfuggire al suo giudizio.
-Lo sospettavo, qualcosa non quadrava e dopo la caduta dello S.H.I.E.L.D. sono tornata a Mosca.
-Lo so.
-Immaginavo.
Il silenzio ritorna, condito dal traffico appena udibile e dalle posate che sfregano contro il piatto, venendo interrotto bruscamente da James dopo qualche breve secondo di pausa.
-Ho provato a cercarti dopo Odessa, mi dis...
-Non ti azzardare. -lo interrompe la donna puntandogli contro la forchetta che teneva tra le mani. -Non scusarti, ti nego il permesso di farlo, non c'è nulla da perdonare.
James chiude la bocca di scatto abbassando lo sguardo, annegando la colpa inespressa nel caffè.
-Ciò non nega che sia successo. -mormora posando nuovamente la tazza sul tavolo.
-Certo, ma smettila di torturarti per delle colpe che non hai. -afferma convinta, ma desistendo dal sfiorarlo, lasciando cadere la mano a qualche centimetro dalle sue dita.
-Cosa ti è successo dopo Mosca? -chiede improvvisamente tre bocconi dopo, rischiando di farle andare il caffè di traverso.
-Rodchenko... alla fine ho sposato Alexei. -ammette mentre osserva James distogliere lo sguardo stringendo con forza il manico del coltello. -...ma ti ho visto a Dallas nel '63.
-Ho scatenato qualche reazione degna di nota? -pone la domanda immediatamente spezzando il ritmo, permettendo a Natasha di cogliere l'inflessione ironica che abbatte definitivamente il muro di silenzio, trovando respiro per la prima volta dall'inizio di quella conversazione.
-Hanno ucciso Alexei il giorno dopo, fa i tuoi calcoli. -commenta seguendo il tono di voce di James, che aveva abbassando le sue difese, spingendola a far demolire le proprie.
-Mi cerchi dal '63? -si stupisce sollevando di nuovo lo sguardo su di lei.
-No... Petrovich mi ha internata di nuovo nella Stanza Rossa dopo il primo tentativo di fuga. Ti cerco attivamente da Odessa, anche se qualche ricordo era tornato già nel '91 quando Clint mi ha recuperata a Budapest.
-Clint? -chiede con tono vagamente geloso, preferendo non soffermarsi sulla seconda reclusione al Cremlino, nascondendo l'espressione del volto dietro alla tazza di caffè.
-Sposato con tre figli, risparmia la gelosia, so che hai trovato il tempo di leggere i fascicoli di tutti.
-Non ti si può nascondere nulla... apprezza il tentativo, ho riscoperto la gelosia da poco. -afferma lanciandole un'occhiata dilagante di sottintesi, riuscendo a farle riaffiorare un microscopio sorriso sulle labbra.
-Quindi ora che facciamo? -chiede James raccogliendo i piatti e le tazze da sopra il tavolo portandoli sul lavello.
-Ci sono altre cose che dovrei sapere?
-Pensavo avessimo messo in chiaro che abbiamo entrambi trafugato la cartella clinica dell'altro.
-Sai bene che mi riferisco a tutto ciò che non c'è scritto dentro le cartelle... taglie sulla testa e sentimenti, cose così...
-Non posso più mettere piede in suolo cinese e preferirei non rivedere mai più la Siberia... oltre al fatto che se si scoprisse quanta gente ho ammazzato sul serio, credo proprio che ci sia una sedia elettrica con il mio nome scritto sopra qui in America.
-Buono a sapersi, anche se non era questa la parte che mi interessava di più, moya dorogaya[1].
-Pensavo non avessi più dubbi sui miei sentimenti ormai, sei tu che rimani un'incognita, moja malen'kaja tancovščica[2].
-Credevo sapessi da tempo che chiunque al di fuori di te è sempre stato una perdita di tempo. -afferma decisa richiamando indietro quelle stesse parole andate perse nei vicoli di Mosca troppi anni prima, notando soddisfatta la brusca interruzione del respiro di James, che la venera con lo sguardo perché si aspettava di tutto, tranne che una confessione di quella portata. -Una conferma è sempre gradita, tutto qui.
-Vuoi una conferma? I love you, je t'aime, te amo, szeretle, ti amo, ich liebe dich, wǒ ài nǐ, ya tebya lyublyu[3]. Non so più letteralmente in che lingua dirtelo, Natalia...
-Inye Mélat, Anha zhilak yera, shek ma shurs anney. -Lo interrompe sorridendo, rispondendogli a tono lasciandolo confuso, intuendo il significato di quelle stesse parole, ma proferite in lingue a lui sconosciute. -Quenya, Dothraki e Valyriano[3].
-Con quelle tre avrei una speranza in più?
-Sai di cosa sto parlando? Davvero?
-Negli ultimi tre anni non ho vissuto sotto una roccia, Natalia... e non puoi evitare l'argomento parlando di film e serie tv.
-Okay... è strano. -concede dopo un sospiro, indicando loro due e la stanza che li circonda, imitandolo nei gesti compiuti poco prima. -Mi spaventa, non so come gestirlo.
-Alla fine sta tutto nel capire se tu lo vuoi tanto quanto lo voglio io. Ci proviamo? E poi vediamo come va?
-Si potrebbe fare un tentativo. -concede Natasha, sorpresa dal suo inaspettato pragmatismo, rivolgendogli un sorriso carico di sottintesi. -Il sesso è sempre stato fantastico, ma non so se sarei in grado di sopportarti tutto il giorno.
-Sai che potrei dire la stessa cosa di te, vero? Da quanto ricordo sei molto più paranoica e gelosa di me. -ribatte stando allo scherzo, sporgendosi verso di lei.
-In realtà avrei da ridire su questo punto.
-Tu mi davi motivo di essere geloso, Natalia.
-Dettagli. -liquida la faccenda con una veloce alzata di spalle, rendendosi conto che si erano avvicinati sempre di più parola dopo parola.
-Resti? -chiede infine la conferma definitiva, portandole la mano sana alla guancia, tracciandole il contorno delle labbra con il pollice chiedendo un tacito permesso, mentre Natasha intuisce la supplica velata dietro a quella domanda in attesa di conferma.
Gli getta la braccia al collo azzerando le distanze, mentre James soffoca sulle sue labbra le imprecazioni per l'improvviso cambio di postura e le relative fitte causate dai lividi ancora freschi, accettando di buon grado quella risposta implicita afferrandola per i fianchi facendola sedere sul tavolo, iniziando a baciarla con trasporto.
Natasha spalanca gli occhi allarmata mordendogli il labbro quando, in procinto di eliminare gradualmente tutti gli strati di vestiti, sente il chiavistello della porta girare.
-Potevi evitare di mordere? -soffia James in risposta a quella reazione improvvisa, mentre lecca via il sangue dalla spaccatura riaperta alzando lo sguardo al cielo esasperato.
-Devi assolutamente cambiare la serratura.
-Decisamente. Perché avete tutti una copia delle chiavi? Steve aveva ancora il vizio di perderle in giro? -si informa velocemente, considerato il drastico cambio di situazione poteva permettersi di chiederlo.
-Già. -conferma atona voltandosi in direzione dell'entrata, mentre fulminano entrambi l'ignaro malcapitato che sta aprendo la porta.
Sam, dopo il paio di secondi necessari per comprendere la situazione, aveva tentato inutilmente di girare i tacchi imbarazzato, ma era stato richiamato indietro da entrambi.
-Ti preparo un caffè? -chiede Natasha con nonchalance scendendo dal tavolo della cucina.
-Non vorrei...
-Disturbare? -chiede James ironico fulminandolo con lo sguardo, indicandogli una sedia facendogli segno di sedersi, sottolineando in modo implicito che ormai il momento era stato rovinato. -Mi auguro per te che sia per un buon motivo.
-Redwing ha ripreso la direzione in cui è fuggito Will e l'ha seguito, riusciamo a rintracciarlo. -lo aggiorna spiccio imbarazzato, accettando la tazza di caffè fumante da parte di Natasha, prima di vederla scomparire in camera da letto.
-Da quanto va avanti questa storia? -filtra la voce di Sam dalla porta dopo momenti di silenzio studiati, mentre Natasha finisce di rivestirsi raccattando lo stretto necessario per andarsene lasciando lì tutto il superfluo.
-Nemmeno dieci ore, grazie per l'interessamento. -ribatte la voce di James in risposta con tono palesemente scocciato. -Magari la prossima volta bussa.
-Stavate per...?
-Taci.
Natasha riesce a prefigurarsi l'espressione seccata di James prima di vederla, aprendo la porta che dà sulla cucina puntando lo sguardo su Sam, che contempla il caffè come se contenesse il segreto per far aprire una botola sotto ai suoi piedi per così togliersi dall'imbarazzo.
-Me ne vado a lavoro. -afferma sporgendosi per baciare James prima di uscire.
-Quando torno ti ritrovo?
-Si, riprendiamo da dove eravamo rimasti. -ribatte ricambiando il sorriso malizioso di James, mentre Sam tenta inutilmente di soffocare in silenzio quando il caffè gli va di traverso, per poi girarsi in direzione di quest'ultimo. -Ovviamente tu non mi hai mai visto qui.
-Ovviamente no.

***

5 marzo 2017, base segreta della Kronas Corporation, ubicazione ignota

Sharon sente la testa pesare come un macigno, apre gli occhi a fatica ancora intontita dai farmaci, richiudendoli subito dopo quando vengono feriti dalla luce.
-Sei sveglia? -distingue chiaramente la voce di Faustus, registrando un vago tono di premura e preoccupazione che mal sposano con il suo comportamento abituale.
-Vorrei ucciderti, ringrazia che al momento non ne sono in grado. -sibila velenosa, ancora ad occhi chiusi, trattenendo una smorfia di dolore quando avverte i punti tirare sotto la fasciatura che le copre il ventre.
-Non puoi aver creduto sul serio che Lukin ti avrebbe permesso di tenere il bambino.
-L'intenzione era di fuggire infatti. -afferma rivolgendo uno sguardo di fuoco allo psichiatra, mentre gli occhi pizzicano in modo fastidioso.
-Non avevi preso in considerazione il suicidio?
-È un suggerimento? Cosa volete ancora da me? -chiede con una vaga traccia di rabbia nella voce, mentre le lacrime trattenute iniziano a sgorgare silenziose... è stanca, desidera solamente che l'intera storia finisca al più presto.
-In realtà ora non hai più nessuna utilità, i miei colleghi stanno progettando il modo adeguato per eliminarti dai giochi. -riferisce atono il medico.
-Vorresti anticiparli? -chiede con tono pratico imponendosi di non far trasparire i singulti, asciugandosi le lacrime con un gesto rabbioso. -Aria in vena? Veleno? Overdose?
-Sei un soggetto fenomenale Agente 13, sono l'unico qui dentro che pensa tu non sia né uno spreco né un fallimento. -afferma di punto in bianco, reclinando la schiena contro la poltrona, pulendosi le lenti degli occhiali. -I miei colleghi stanno progettando anche il modo per togliere di mezzo me, a detta loro sono state le mie azioni a causare i recenti fallimenti... la fuga del Soldato d'Inverno, la morte di Brock, il tuo aborto, il fatto che Will non abbia ancora fatto ritorno da Minneapolis.
-Vorresti cambiare schieramento? -chiede con il dubbio che le colora la voce, mentre lo osserva infilarsi nuovamente gli occhiali da vista.
-A loro non devo più nulla e tengo cara la pelle, ho due regali per te, quindi ascolta attentamente. -afferma Faustus mentre le schiocca le dita davanti al volto catturando la sua attenzione. -Tra circa sette ore il tuo corpo avrà finito di smaltire completamente tutti i farmaci, ti hanno operata perché Sin ha provato ad ucciderti... non c'è mai stato nessun bambino, non hai mai avuto un aborto, è stato solamente un incubo molto vivido e spaventoso.
Sharon annuisce con il cuore già più leggero, allungano una mano in direzione del dispositivo GPS che Faustus sfila dalla tasca.
-Credo di doverti rendere il tuo GPS a questo punto, fanne buon uso. Quando uscirò dalla porta seguirai questa versione dei fatti. Mi ritiro dalle scene per un po', sei pregata di chiarire agli Avengers il mio ruolo nella vicenda. Sei libera di andare, Sharon Carter.
Faustus si alza in piedi sistemandosi la giacca del completo, dirigendosi verso l'uscita mentre lei attiva il dispositivo nascondendolo sotto il cuscino, rivolgendole di nuovo lo sguardo prima di chiudersi definitivamente la porta alle spalle.
-Buona fortuna Agente 13, ne avrai estremo bisogno.



Note:

1. "Mio tesoro" in russo.
2. "Mia piccola ballerina" in russo
3. "Ti amo" rispettivamente in inglese, francese, spagnolo, ungherese, italiano, tedesco, cinese e russo. Ovviamente la fonte è Google Translate, (più siti appositi per Quenya (elfico di LOTR), Dothraki e Valyriano, quest'ultimo tradotto inteso come detto da una donna ad un uomo, per chi segue GoT sa che c'è una distinzione di genere su chi proferisce tale dichiarazione), quindi in caso di errore correggetemi se conoscete le lingue chiamate in causa. Per chiarezza: è certificato nei fumetti che entrambi sanno parlare le prime otto, le ultime tre sono un mio headcanon sviluppato dopo aver dedotto da TWS che Natasha guarda tanti film/serie tv ed è predisposta ad imparare le lingue. (Mi immagino gli Avengers intenti a farsi le maratone di LOTR, GoT e Harry Potter quando non devono salvare il mondo... sono scene alquanto divertenti, ci tenevo a condividere con voi i miei deliri mentali)

Till the end of the lineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora