Capitolo 20

91 6 0
                                    

24 aprile 2017, Complesso degli Avengers, Upstate New York

-Devo ricalibrarla un secondo... fatto. Come te la senti?
James aveva mosso l'articolazione della spalla sotto lo sguardo impassibile di Tony, mentre quest'ultimo riponeva i fusibili e rimetteva gli attrezzi da lavoro al loro posto.
Tony si era concesso un mezzo sorriso nel vedere l'espressione di pura gioia che traspariva dai lineamenti di James, mentre muoveva il braccio sinistro rimirandolo da vicino... dopo lo scontro ad Albany, appena si erano calmate le acque, James aveva proposto qualche idea per una nuova protesi, Tony non aveva voluto indagare sul perchè della richiesta, mettendosi al lavoro portandosi dietro Sharon in laboratorio come assistente per tenerla impegnata, rinchiudendosi al Complesso per evitare Ross e la pressione mediatica che gli aveva scaricato addosso annunciando la cessazione degli Accordi, nonostante Maria si stesse impegnando a tenere il Segretario a distanza di sicurezza dalle questioni più spinose.
Aveva ultimato la nuova protesi ancora tre settimane prima, ma aveva preferito dissociarsi momentaneamente da tutto ciò che riguardava James dopo aver finito di leggere il fascicolo, desistendo all'impulso di strangolarlo portando i documenti a Hell's Kitchen da Murdock, preparando le valigie alla volta di Malibu con Pepper a seguito... il sole della California e una gita al cimitero di Santa Monica l'avevano aiutato a distendere i nervi placando i suoi peggiori istinti, scendendo a patti con la consapevolezza che non era davvero colpa di Bucky ciò che era successo ai suoi genitori, tornando a New York convocandolo al Complesso seguendo l'automatismo di fingere che non fosse mai successo nulla.
La flebile vocina di Steve che abitava nel suo cervello ricoprendo il ruolo del buonsenso stava tentando di fargli cambiare idea da quella mattina, suggerendogli di cercare un confronto con il diretto interessato, nonostante Tony si stesse beando della falsa sicurezza data dall'espressione estatica di James davanti alla nuova protesi... non ci teneva particolarmente a portare a galla certi discorsi, anche se una piccola parte di sé aveva bisogno di sentirsi dire a chiare lettere da Barnes cosa fosse successo davvero, desistendo di nuovo mordendosi la lingua, stringendo appena i pugni in tasca riportandosi alla mente i referti medici che testimoniavano l'elettroshock e le torture inflitte nella notte tra il 16 ed il 17 dicembre 1991, imponendosi di farsela bastare come risposta e dissimulando il tumulto dei suoi pensieri con una scrollata di spalle forzata.
-Sembra pelle vera... incredibile. È addirittura calda... -commenta James con la mano sinistra premuta contro la guancia, riscuotendo Tony dai propri pensieri mentre un sorriso sarcastico auto-imposto fa capolino dalle sue labbra.
-Così Natasha non si lamenterà più della tua mano congelata. -ribatte scherzando, nascondendo lo sguardo in tumulto afferrando il tablet tra le mani, fingendo di controllare la casella della posta elettronica con dei tap-tap distratti sullo schermo.
-Credimi, di cose di cui lamentarsi del sottoscritto ne trova sempre. La protesi è opera solo tua o anche della ragazzina? -chiede afferrando la maglietta iniziando a rivestirsi, mentre Tony fugge dal suo sguardo rileggendo mail già aperte per non ricambiare l'occhiata smascherandosi.
-Anche la ragazzina... più qualche consulto con Reed Richards e un paio di tecnici alle dipendenze di Fury. -sciorina in fretta gesticolando distrattamente con la mano libera. -E Sharon mi ha fatto da assistente.
-Lei come sta?
Il tono di voce di James lo spinge a ricambiare lo sguardo, l'espressione sinceramente preoccupata che gli si staglia davanti lo disorienta, ponendosi inconsciamente sulla difensiva... perché quello è lo sguardo che gli descriveva suo padre quando parlava del Sergente caduto in battaglia, era lo sguardo che Steve disegnava nei blocchi da disegno, lo sguardo che mal si sposava all'uomo con le mani imbrattate di sangue fino ai gomiti di cui aveva letto negli ultimi mesi.
-Meglio... credo. È rientrata in servizio un paio di settimane fa, si tiene impegnata.
-E quel paio di piste che ti avevo chiesto di controllare? -ribatte Barnes ignaro dei pensieri che gli stanno attraversando la mente, inarcando un sopracciglio quando non riceve una risposta immediata spronandolo a riprendersi.
-Ancora fredde, non si è mosso nulla, ma continuo a controllarle... dici che mancano un paio di nomi? -si informa deponendo l'ascia di guerra, rinunciando al bisogno di avere una conferma, passando sopra a quel discorso che non sapevano entrambi come affrontare.
-Natalia sta tentando di rintracciare il cadavere di Petrovich, girano voci che dicono sia morto, ma è meglio assicurarsene... e manca il figlio del Barone all'appello, Zemo è l'unico gerarca ad avere figli ancora in vita e mi piacerebbe sapere se l'erede è da considerarsi una minaccia, o se invece è una persona innocua che non farebbe male ad una mosca.
-Ci credi davvero che possa essere innocuo? L'eredità di famiglia è un fardello quasi impossibile da evitare, parlo per esperienza. -commenta sforzandosi di dissimulare la menzione indiretta ad Howard con uno sguardo di profondo scetticismo. -Sin non era migliore di suo padre, e nemmeno il figlio di von Strucker se per questo.
-È un'ipotesi alquanto irrealistica. -ammette James distogliendo lo sguardo, evitando l'argomento "Howard" con discreta nonchalance, continuando imperterrito con il discorso iniziale. -Ma ragionando sempre per ipotesi, sembrerebbe che Lukin ha investito sulla seconda generazione, quindi...
-...Zemo è l'ultima testa e Will si è rifugiato da lui. -conclude Tony riprendendo il ragionamento di Barnes, mentre quest'ultimo afferra la giacca di pelle dallo schienale della sedia.
-Sto cercando un collegamento mentre Natalia è presa dalla caccia ai fantasmi, ma gli Accordi non mi lasciano moltissimo spazio di manovra.
-Lo so, ho un esercito di avvocati capitanati da Murdock che stanno cercando un cavillo legale per annullarli. -lo informa Tony incrociando le braccia al petto puntellandosi al bordo della scrivania, richiamando l'attenzione di James che smette di giocherellare con le chiavi della moto sfilate dalla tasca.
-È il tuo modo per dirmi che Ross punta ancora a processarmi?
-Sei sempre stato così bravo a leggere tra le righe? -ribatte stupito, non era un segreto che Ross importunasse Maria a qualunque ora del giorno e della notte, come il fatto che Murdock continuasse a far da spola tra l'ufficio ad Hell's Kitchen e il Complesso con plichi di documenti per abolire gli Accordi sottobraccio, ma nessuno aveva mai esplicitamente menzionato la richiesta della testa di Barnes su un piatto d'argento, anche se Murdock lavorava di nascosto ad una possibile difesa in tribunale da tre settimane a quella parte.
-Tony se si arriva a processo io dovrei... -James si interrompe alla ricerca delle parole più adatte, mentre l'ombra dello sguardo che Tony aveva intravisto ad Albany si ripresenta puntuale, consapevole che da certi discorsi non si può fuggire nonostante tutto l'impegno del mondo. -Non so dove sei arrivato a leggere ma...
-L'ho letta la tua cartella, Barnes. Tutta. -soffia tra i denti immediatamente, prima che le parole possano incepparsi nella sua gola, ma le frasi sensate e civili si sono già perse e Tony si ritrova a non sapere come continuare il discorso, reagendo al panico iniziando a straparlare nervosamente. -Lo so, non sapevi come dirmelo... sinceramente non sono sicuro di volerne parlare... con te, intendo. Parlarne in generale... in realtà.
-E se parlo solo io? -lo interrompe prima di fargli raggiungere un punto di non ritorno, portando le mani avanti in un gesto quasi conciliante. -Ti devo una spiegazione, dopo puoi anche picchiarmi se la cosa può farti sentire meglio, non proverò a fermarti.
Tony annuisce appena trovandolo un giusto compromesso, osservandolo mentre si concede un respiro per farsi coraggio, puntellandosi al tavolo per darsi un sostegno.
-Tuo padre era riuscito a sintetizzare un sostituto al siero del super-soldato, i miei capi lo volevano, io avevo iniziato a dare problemi e a loro servivano nuovi burattini da comandare a bacchetta... ho sparato alle ruote dell'auto, si sono schiantati... non dovevo lasciare testimoni, non era previsto che nell'auto ci fosse anche tua madre... ho sfondato il cranio di Howard contro il volante ed ho strangolato Maria, sapevano chi ero, hanno provato a farmi rinsavire chiamandomi per nome, ma quando ci sono riusciti era tardi... troppo tardi. Sono tornato alla base, ricordo di aver ucciso parecchie guardie, ma non abbastanza per avvicinarmi al mio capo... io e Howard eravamo amici, credo tu lo sappia, e non c'è giorno che non mi tormenti per questo, tra tutte le altre cose che ho fatto come Soldato d'Inverno. Non ricordo cosa sia successo dopo, mi hanno legato al macchinario della stasi... sul fascicolo c'è scritto che mi hanno fatto l'elettroshock con un voltaggio più alto del solito, credo di essere svenuto alla prima scossa... ma in definitiva le mani erano le mie, e questo non posso cambiarlo. Le mani sporche di sangue sono sempre le mie. -si interrompe sollevando lo sguardo nella sua direzione quasi a corto di fiato, doveva rimuginarci sopra da molto visto che si era preparato una sorta di discorso, aspettando una qualsiasi reazione da parte sua che non arriva.
Tony resta congelato sul posto tentando di metabolizzare lo scenario che ha appena assemblato nella sua testa, soppiantando le teorie di vent'anni prima con cui si era spaccato la testa annegando il dolore nello scotch nei giorni subito dopo i funerali, costringendo James a spezzare il silenzio di nuovo con voce mesta. -Mi dispiace Tony, davvero. Mi dispiace tantissimo.
Quelle ultime tre parole sono come un balsamo che va a lenire tutte le ferite che Tony si era auto-inflitto da tre settimane a quella parte, ferite che erano state cauterizzate davanti alle lapidi a Santa Monica, ma che fino a quel momento si erano rifiutate di rimarginarsi, mettendo finalmente a tacere la vocina di Steve che aleggiava nella sua testa dandogli il tormento da quella mattina.
-Le mani sporche di sangue non sono davvero le tue. -afferma deciso, più per ricordarlo a sé stesso che per rassicurarlo. -Non è stata una tua decisione, come non è stata una decisione di Sharon quella di uccidere Steve... sarebbe un po' ipocrita da parte mia biasimarti per questo. -si sbilancia trovando il coraggio di ammetterlo ad alta voce, le parole che raschiano contro la gola in modo quasi fastidioso.
-Alla fine ho ucciso chi ha ordinato l'assassinio se ti fa stare meglio.
-Soluzione poco ortodossa, ma si, mi fa stare un pochino meglio... grazie. -Tony distoglie lo sguardo, mentre James annuisce tornando a giocherellare con le chiavi avviandosi verso la porta del laboratorio.
-Quindi restano due teste e forse un processo? - prorompe il genio mentre lo osserva battere in ritirata, guadagnando un occhiata parzialmente stupita da parte di James, probabilmente pensava fosse meglio lasciarlo in pace, voltandosi con le spalle leggermente meno tese per la confessione... forse Tony non arriverà mai a perdonarlo del tutto per ciò che era stato costretto a fare, ma la persona che ha imparato a conoscere negli ultimi mesi non merita tutto quell'odio che vent'anni prima gli avrebbe attribuito senza battere ciglio.
-A quanto pare, Stark. -ribatte James con un cenno di congedo soffermandosi sulla soglia.
-Pensavo peggio.
-Può sempre andare peggio, trovami un buon avvocato.
-Consideralo già fatto.

***

30 aprile 2017, St. Francis Hospital, Hartford, Connecticut

-Jimmy!
James si arresta davanti alla soglia della camera, pietrificato con la mano sulla maniglia, mentre la mano rassicurante di Natasha si posa in mezzo alle sue scapole spingendolo in avanti.
-Ciao sorellina. -si sforza di sorridere rassicurante, sedendosi sul bordo del letto afferrando la mano tesa della sorella.
James aveva sognato così a lungo quel momento che ora che lo stava vivendo gli sembrava irreale, concentrandosi sullo sguardo luccicante di Rebecca, ignorando i capelli candidi che gli incorniciano il volto sfiorandole il mento.
-Sei davvero qui... -sussurra appena sporgendosi alla ricerca di un abbraccio con un'agilità invidiabile per un fisico da ultranovantenne, artigliandogli le spalle in una presa estremamente fragile, scostandosi appena con il sorriso sulle labbra sfiorandogli il volto.
-Sei così giovane, non sei cambiato neanche un po'... sei un fantasma? Mi porti da mamma e papà?
-No, Becca... sono successe un po' di cose. -afferma deglutendo a vuoto, mentre sul viso della sorella compare un cipiglio confuso quando, spostando le mano, gli tasta la consistenza inusuale del braccio sinistro.
-Ma la guerra è finita, no? Sei solo in ritardo... ritardo clamoroso.
-Ma sono qui, sono tornato, te l'avevo promesso. -insiste stringendo la mano sinistra il più delicatamente possibile sulle dita della sorella, che continuava ad arpionargli la mano di metallo cercando di capire perché sembra pelle vera.
-Perché non sei qui con Steve? Ti stava cercando, me l'ha detto l'ultima volta che è stato qui... Dov'è Steve? -chiede innocentemente trafiggendolo con lo sguardo color ghiaccio così simile al suo, mentre James cerca inutilmente di trovare una spiegazione che tarda sempre più ad arrivare.
-Oggi non poteva, è stato trattenuto a Washington. Ha detto che passa nei prossimi giorni. -prorompe Natasha staccandosi dalla porta, intervenendo in suo soccorso entrando nel campo visivo di Rebecca, posandogli una mano sulla spalla di riflesso in un muto cenno di sostegno.
-Lei è Natasha, sorellina. -afferma dopo aver rilasciato il fiato che aveva trattenuto bruscamente, sollevando lo sguardo in direzione della compagna accennando un sorriso.
-Sei la fidanzata di Jimmy? -chiede Rebecca scannerizzandola con sguardo critico, con il tono di voce da terzo grado che riservava ad ogni ragazza che James gli aveva presentato prima della guerra. -Sei quella definitiva?
-Sembrerebbe di sì. Ho una lunga lista che mi precede? -scherza la donna mentre James le cede il posto sul bordo del letto, dichiarandosi fuori dall'argomento avvicinandosi alle cornici posate sulla cassettiera.
-Una lista lunghissima.
-Non così tanto. -tenta di spezzare una lancia in proprio favore continuando a dare le spalle alle due donne, lasciando scorrere uno sguardo veloce sulle fotografie dei nipoti e pronipoti che non conoscerà mai... l'infermiera che li aveva scortati fino a lì gli aveva spiegato la situazione clinica della sorella, da lì a qualche ora Rebecca non si sarebbe ricordata che lui era andato a farle visita, anche se un qualche frammento della loro conversazione avrebbe potuto impigliarsi nei resti della sua memoria riaffiorando di tanto in tanto, donandole pace nel saperlo vivo e felice da qualche parte.
-Dovremmo andare, James. -lo richiama indietro Natasha dopo momenti indefiniti, una vaga traccia di preoccupazione nella voce nel vederlo taciturno.
-Aspetta. -la ferma Rebecca stringendole il polso richiamando l'attenzione di entrambi, avvicinandosi all'orecchio di Natasha con fare cospiratorio, pur mantenendo il tono di voce ben udibile come quando da ragazzina usava la stessa tecnica servendosi di Steve per rifilargli una ramanzina indiretta. -Mi sembri una brava persona Natasha, sei tutto ciò che Jimmy merita, qualcuno che si prenda cura di lui.
-Faccio del mio meglio Rebecca, non ti preoccupare. -sorride la rossa in risposta scoccandogli un'occhiata divertita nella sua direzione.
-Sai, Jimmy è troppo preso dal preoccuparsi per chiunque altro, al punto da dimenticarsi di preoccuparsi per sé stesso.
-Oh, lo so, credimi. -ribatte Natasha mentre entrambe le donne lo trafiggono con lo sguardo in un rimprovero bonario, spingendolo ad intervenire alla discussione.
-Perché dovrei preoccuparmi per me stesso quando ho sempre avuto voi due a tenermi d'occhio? -risponde ironico avvicinandosi a Rebecca, posandole un leggero bacio sulla fronte come quando erano piccoli. -Ora dormi Becca, ricordati che ti voglio bene.
-Me la caverò, Jimmy... non devi più preoccuparti per me. -afferma in risposta stringendogli la mano destra, accennando appena con il capo in direzione di Natasha. -Io ti lascio in buone mani.
James si chiude la porta della stanza alle spalle, addossandosi contro la parete adiacente concedendosi un lungo respiro, mentre Natasha gli afferra la mano destra in una presa salda strattonandolo verso l'uscita della casa di cura.
-Stai bene? -si arrischia a chiedere la donna una volta arrivati davanti alla motocicletta parcheggiata, attendendo una risposta in silenzio accettando il casco che James recupera dalla sella.
-Sto bene.
-Non mentire.
-Starò bene. -concede senza guardarla, mentre Natasha sale sulla sella circondandogli la vita con le braccia, per poi infilare la chiave nel quadrante avviando il motore. -Grazie 'Tasha... non so quanto le resta, volevo vederla almeno una volta... farle sapere che sono vivo senza spaventarla troppo.
-Qualunque cosa per te, James. -ribatte Natasha stringendo appena la presa sui suoi fianchi. -Avanti, torniamo a casa.

***

5 maggio 2017, Central Park, New York

-Cammina piano, mi fanno male i piedi. -si lamenta scherzosamente Natasha trattenendo appena James per il braccio destro, costringendolo a rallentare il passo.
-Ti prendo in braccio?
-Dove l'abbiamo lasciata la moto? -si informa pentendosi di aver indossato i tacchi vertiginosi che si era auto-regalata per il compleanno usando la carta di credito di Stark.
-A circa un chilometro da qui. -ribatte James sollevandola da terra quando lei tende le mani nella sua direzione, una mano dietro la schiena e un braccio sotto le ginocchia, mentre Natasha gli allaccia una mano dietro la nuca per reggersi. -Approfittatrice.
-Vorrei ricordarti che è il mio compleanno e tu sei il mio fidanzato.
-Quindi fa parte di un contratto non scritto?
-Esattamente. -sorride abbassando lo sguardo sulla sua mano libera stretta intorno agli steli del mazzo di fiori. -Comunque le rose potevi risparmiartele.
-Schifosamente romantico?
-Decisamente. Mi accontentavo della cena al ristorante, sai? Io ti ho solamente portato alle giostre e organizzato una festa a sorpresa. -ci tiene a sottolineare mentre un sorriso minuscolo fa capolino dalle sue labbra, dopo mesi deve ancora abituarsi a quella nuova normalità... ignorando volutamente gli ultimi sviluppi poco rassicuranti sulle sue ricerche, convivendo con la stilettata d'ansia che minacciava di stroncare la sua felicità nel peggiore dei modi da un momento all'altro.
-Se la metti così l'anno prossimo, per i 90, ci scoliamo una bottiglia, balliamo lo swing in salotto fino a quando non ci fanno male i piedi e concludiamo in bellezza con le acrobazie tra le lenzuola. -ribatte James con il sorriso sulle labbra scoccandole uno sguardo carico di sottintesi.
-Ci conto... dici che tra un anno staremo ancora insieme? -chiede con finta nonchalance, registrando appena i passi di James che si inceppano per una frazione di secondo, sforzandosi di non far trasparire dalla voce la preoccupazione per il bigliettino minatorio e la rosa rossa essiccata che aveva trovato al ristorante sul pavimento del bagno. Non aveva idea di chi gliel'avesse lasciata, era sola quando era uscita dall'abitacolo, aveva infilato il tutto nella pochette tornando al tavolo senza farne parola con James e di certo non voleva discuterne in quel momento... poteva essere un falso allarme, non voleva agitarlo inutilmente prima del tempo.
-Vuoi lasciarmi? -chiede scoccandole un'occhiata indagatrice, mentre lo sguardo color ghiaccio le rimescola i pensieri, ma senza riuscire a strapparle mezza parola in merito.
-No, mai. -lo rassicura stringendo la presa sulla nuca, evitando strenuamente l'argomento per non rovinarsi il compleanno... può sempre pensarci domani, non è nemmeno sicura che il messaggio provenga da Ivan, nonostante rimangano in pochissimi a sapere cosa sia successo al Bol'šoj nel '56.
-Allora è finchè morte non ci separi.
-Sei solo melodrammatico o devo considerarla una proposta? -chiede ironicamente, vagamente spaventata dal tono di voce improvvisamente serio di James.
-Non correre troppo Natalia, di certo non te lo chiederei così... per curiosità, mi diresti di si?
-C'è da chiederlo? -si rilassa di fronte allo sguardo divertito di James.
-Conoscendoti? Si, decisamente.
-Idiota. -sbotta rifilandogli uno scappellotto mentre la risata di James risuona in mezzo al parco, spazzando via tutte le paranoie che la assillano.
-Il tuo idiota. -afferma fermandosi in mezzo al marciapiede, voltando appena il capo sporgendosi per baciarla. -E si da il caso che questo idiota sia follemente innamorato di te. Me lo diresti se c'è qualcosa che non va, vero?
Natasha stringe la presa sulla sua nuca, fiondandosi di nuovo sulle sue labbra in risposta... non è una bugia, ma nemmeno la verità, è solo il primo bacio infuocato di una lunga serie... i problemi che minacciando di sbranarli vivi possono aspettare il sorgere del giorno.

Till the end of the lineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora