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Me l'accendo e penso a lei
finché vado in para e ogni
problema non diventa immenso.
Lei è come un buco nero,
spero non mi metta in mezzo.
Dalla gioia vado in paranoia
sempre senza senso.
Dicono che è troppo che non esco,
chiedono perché non sto con loro,
sto sempre da solo,
sempre un po' depresso.
Da quanto non sento i miei?
Da quanto non dico grazie,
non rispondo prego,
da quanto ripeto che anche
se mi piego però non mi spezzo.

(Il Momento,
Madman)

LORENZO'S POV

L'ho sentita. L'ho sentita anche se forse crede di no. L'ho sentita muoversi con uno sbadiglio per spegnere la sveglia che ha fatto vibrare il telefono. L'ho sentita inspirare un po' più forte del normale per l'imbarazzo quando si è resa conto della posizione in cui ci siamo sistemati nel sonno, la sua faccia sulla mia spalla, la mia mano sul suo fianco. L'ho sentita spostare con delicatezza le coperte, probabilmente nel tentativo di non svegliarmi, ed sgusciare fuori dal letto.
Non appena i suoi passi si sono affievolti lungo le scale mi sono alzato a mia volta, stiracchiandomi e cercando di non pensare alle condizioni oscene dei miei capelli.

"Oh Madonna, questa è pazza" ho borbottato notando l'orario.

E ora sono qui, sulla soglia della cucina, senza osare un solo passo in più. Chiara è lì. Mi dà le spalle, affaccendata davanti alla credenza.
Alle sei del mattino indossa solo una maglietta a maniche corte, ovviamente nera, e un elastico al polso che sfila per raccogliersi distrattamente i capelli in una specie di nido in cima alla testa. Mi scorre un brivido lungo la schiena nel notare i piedi scalzi a contatto con il pavimento e le gambe scoperte. Si alza in punta di piedi allungandosi per prendere una tazza dal ripiano più alto, facendo sì che la maglia le si sollevi, scoprendo il sedere fasciato da un perizoma nero. Mi mordo il labbro, consapevole del fatto che se mi dovesse cogliere in flagrante sarei morto. La osservo versarsi il latte, aprire un'altra anta, tirare fuori i biscotti, incantato nella quotidianità dei suoi gesti, nelle lunghe unghie laccate di nero che scorrono lungo i profili degli oggetti, nei ciuffi che le cadono sulle orecchie e sul collo, nelle note che sta canticchiando a bocca chiusa di canzoni che non conosco o che forse nemmeno esistono.
Si volta, facendo spalancare a entrambi le palpebre. Lei è terrorizzata dalla mia apparizione, se non fossi così sconvolto potrei notare le dita strette intorno al cucchiaino, l'irrigidirsi di ogni suo muscolo.
Ma non me ne accorgo, sono troppo impegnato a ubriacarmi delle sue ciglia chiare, delle sue labbra rosate, del suo viso privo di trucco ma pieno di una bellezza talmente inusuale e ipnotica da farmi perdere per un attimo il contatto con la realtà.
Lei bestemmia ad alta voce prima di voltarsi il prima possibile.
Faccio uno scatto di cui mi sorprendo persino io afferrandole un braccio per impedirglielo. Posa la tazza sul tavolo e fa per nascondersi con le mani, glielo impedisco di nuovo prendendole i polsi e facendoglieli riabbassare.

"Non ti coprire" dico con la voce roca e la bocca secca.

"Non guardarmi cazzo, non mi devi guardare" ringhia divincolandosi con una smorfia disperata.

"Chiara, Chiara, Chiara ascoltami" la abbraccio a forza per farla stare ferma.

Trema tra le mie braccia, trema come l'unica foglia ancora attaccata al ramo con la consapevolezza che presto raggiungerà le compagne già morte al suolo. Immerge la faccia nella mia spalla, forse per non vedermi o forse per non farsi vedere, mentre io le accarezzo lentamente la schiena nel tentativo di calmarla.

"Ti prego, non vergognarti con me" le mormoro vicino all'orecchio.

Scuote la testa senza replicare.

"Non mi guardare" ripete con la voce rotta.

𝐃𝐞𝐯𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐲 𝐜𝐫𝐲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora