❝ 𝐂𝐡𝐚𝐩𝐭𝐞𝐫 𝟐𝟑 ❞

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Un ragazzo incontra una ragazza,
sono entrambi fuoco e
incendiano la stanza,
nella vita lui un po' ce l'ha fatta
però sotto sotto qualcosa gli manca,
e lei lo capta, sembra calda
che ha una marcia in più,
mentre dentro invece
è la più marcia, mentre dentro
è fredda come igloo.
È un'arpia, strategia,
diventare quello che lui vuole,
che lei sia pianta e figa,
le armi per estorcergli l'amore.
Dice, dice, ma è una predatrice,
prima stordisce la preda,
lui reagisce, però non capisce
che lentamente si è presa tutto.

(Crudelia Demon,
Marracash)

LORENZO'S POV

Mi volto per l'ennesima volta, con una vaga quanto infondata speranza di vedere qualcosa di diverso. La scena davanti a me, invece, è sempre la stessa. L'armadio a destra con una maniglia un po' allentata, che cigola ogni volta che lo apro. Il letto a sinistra, con il materasso che ormai ha la mia sagoma impressa. Di fronte a me la scrivania con alcuni scaffali sopra. Il mio zaino abbandonato per terra lì di fianco, scaraventato con furia sul pavimento.
Lascio andare un basso gemito di frustrazione, prima di ricominciare la mia marcia avanti e indietro per la mia piccola stanza come un leone in gabbia.
Vorrei fare qualcosa, qualsiasi altra cosa che non sia questa e che mi impedisca di pensare, ma al tempo stesso non riesco a smettere di marciare su e giù, mugugnando insulti misti a imprecazioni.
Sto lottando contro il dolore al costato da mezz'ora buona, e ho come l'impressione che se mi fermassi esso mi ucciderebbe definitivamente.
Tiro un calcio al letto, facendomi solo male al piede che però passa in secondo piano quando lo sguardo mi cade proprio lì, sulle scarpe che non mi sono ancora tolto e che lei mi ha regalato per Natale. Inutile dire che iniziano a rovinarsi un po' perché da quando le ho ricevute me le sono messe tutti i giorni senza più degnare d'uno sguardo quelle vecchie.
Me le sfilo con una furia cieca lanciandole contro alla parete di fronte a me.

"Preferirei camminare sui vetri rotti scalzo che con qualcosa che mi ha dato lei" ringhio furioso, e se solo non avessi ricominciato a camminare le avrei già lanciate giù nel parcheggio "Preferirei non averti mai incontrata. Ti odio, ti odio, ti odio" ripeto stringendo i pugni come se avessi di fronte la ragazza che mi ha fatto vedere il paradiso per poi scaraventarmi giù nell'inferno da cui lei stessa proviene.

Le guardo. Guardo quelle Nike lanciate lì, il mio piccolo sogno da mesi ora gettate nell'angolo più impolverato della mia camera. Vorrei urlare, vorrei gridare dall'ingiustizia, vorrei avere lei qui di fronte a me per insultarla in qualunque modo possibile e farle di tutto per farle provare almeno in parte il dolore che sto provando io.
Invece scoppio a piangere.
Scoppio a piangere sedendomi - o meglio crollando- sul patetico pavimento della mia patetica stanza, nel nostro patetico appartamento di questo patetico palazzo.
Il livello di pateticità della mia vita risulta all'improvviso così palese nella sua grandezza da farmi piangere più forte, mentre le sneakers davanti a me appaiono e riappaiono sfocate dalle lacrime.
Le avevo ai piedi quand'ero andato a lei deciso a scoprire perché me le avesse regalato in anonimo, senza volersene prendere il merito.

"E io, patetica testa di cazzo, ho creduto che fosse generosa, che fosse disinteressata, che fosse buona" gemo con voce rotta, incapace di far rimanere la mia frustrazione inespresse.

La mia mente, crudele, una volta ripescato questo ricordo non si ferma e scatta in avanti, come un filmato mandato avanti a velocità avanzata. Noi due sull'autobus, le sue nocche gocciolanti di sangue e le gambe sovrapposte. Il tetto del vagone abbandonato, le nostre parole sussurrate in mezzo alla vodka.
E poi le sue labbra.

𝐃𝐞𝐯𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐲 𝐜𝐫𝐲Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora