IL PROVINO

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"Finalmente oggi è il giorno del provino per entrare nella squadra di calcio del liceo."
Non smetteva di frullarmi in testa questa frase mentre mi infilavo la divisa della scuola di corsa e preparavo il mio borsone da calcio.
Non giocavo in una vera squadra da tre anni: alle scuole medie facevo parte della squadra mista della scuola, non eravamo fortissimi... però ci impegnavamo.
Io poi ero scarsissima, non mi piaceva nemmeno giocare a calcio, ma era obbligatorio iscriversi ad un'attività sportiva e non c'era più posto nelle altre.
Non mi sono resa conto di quanto in realtà mi piacesse giocare a calcio finché, arrivata al liceo, ho scoperto che per entrare in squadra bisognava essere almeno del terzo anno.

Quest'anno sarebbe stato il mio anno, ne ero sicura.
Avevo assistito a tutte le partite della mia scuola, avevo seguito attentamente la nostra scalata verso la vetta del Football Frontier, e non vedevo l'ora di alzare quella coppa anche io.
Certo, ero un po' arrugginita, ma avevo chiesto aiuto a mio cugino. Lui frequentava un'altra scuola, ed era veramente forte.
Mi aveva accompagnata a comprarmi delle scarpette nuove, gialle, e avevamo iniziato ad allenarci insieme al campo sul fiume.
Sicuramente avevo ancora molto da migliorare, ma diceva che ero a buon punto, e che sicuramente la grinta non mi mancava.
~
Arrivai a scuola super in anticipo, il provino per la squadra di calcio era previsto per prima dell'inizio delle lezioni, e il primo allenamento si sarebbe svolto il pomeriggio stesso.
Alla Royal Academy non lasciavano il tempo di riprendersi. Era sempre un martellare continuo di studio e attività.
Una volta entrata nello stadio della scuola cercai lo spogliatoio femminile. Inesistente.
Allora provai ad andare in quello degli ospiti. Chiuso a chiave.
L'unico spogliatoio aperto era quello maschile da cui usciva un gran vociare di ragazzi sghignazzanti: non mi sarei cambiata la dentro.
Decisi di provare a cercare l'allenatore, magari lui aveva le chiavi per lo spogliatoio ospiti... ma non era da nessuna parte.
'Forse è nello spogliatoio maschile' pensai 'starà facendo qualche discorso motivazionale da macho'.
Mentre riflettevo indecisa se bussare alla porta dell'inferno o no, qualcuno la spalancò e per poco non mi travolse uscendo.
"Ma che cazz... cosa ci fai qui tu, biondina?"
Un ragazzo alto vestito in maniera veramente veramente ridicola, con un mantello rosso e degli occhialetti da saldatore mi squadrò da capo a piedi.
Aveva un profumo buonissimo... rimasi un attimo frastornata a causa del mix tra l'abbigliamento ridicolo, il profumo fantastico e il marmo dei muscoli su cui avevo sbattuto il muso.
"Jude che hai, muoviti faremo tardi al provino."
Un ragazzo dietro di lui con i capelli quasi bianchi e... una benda sull'occhio? Si, una fottuta benda sull'occhio, lo spinse avanti.
Questo Jude era il capitano della squadra, Jude Sharp, avevo seguito tutte le partite negli anni scorsi, era un regista formidabile, con una visione di gioco incredibile.
"Ciao! Piacere io sono Nikki, Nikki Blaze e... beh volevo fare il provino per entrare in squadra ma non ci sono spogliatoi femminili in questo stadio. Mi stavo chiedendo se voi sapeste dove poter trovare l'allenatore. Magari ha la chiave dello spogliatoio ospiti..." ero super agitata perché ora tutta la squadra mi fissava.
"Tu? Vorresti fare il provino per la squadra?" Il capitano era decisamente interdetto. "Non sapevo che ci sarebbe stata anche una ragazzina oggi da valutare."
Ero molto confusa.
"In che senso da valutare? Non ci pensa l'allenatore a fare i provini?"
"Il COMANDANTE ha cose molto più importanti da fare che guardar correre i novellini dietro al pallone, ci pensa il Capitano a decidere chi merita di vestire i nostri colori." Mi gelò subito con lo sguardo il tizio arrogante con i capelli bianchi.
"Calmati David. È una ragazza, rispondi bene."
'Ah, David...' riflettei un secondo facendo mente locale sul motivo per cui il suo nome non mi fosse nuovo. 'Samford! Ma certo.'
David Samford, era l'attaccante e capocannoniere della Royal Academy.
L'anno scorso aveva quasi vinto il titolo di Capocannoniere dell'intero torneo Football Frontier.
"Grazie Capitano ma so badare a me stessa." Risposi un po' stizzita tornando in me. Poi aggiunsi sempre più scocciata "Beh insomma me lo dite dove mi posso cambiare?"
Dallo spogliatoio uscì il portiere della squadra, un ragazzo con dei capelli favolosi e degli occhi di ghiaccio, Joseph King.
"Jude, noi abbiamo finito di cambiarci. E tu novellina se vuoi puoi vestirti qui, stiamo uscendo. Ma sappi che può entrare chiunque non c'è la chiave." Mi disse educatamente.
Il capitano sghignazzò.
"Se entrerà qualcuno sarà solo qualche morto di figa che non ha mai visto una ragazza in intimo. Ma non preoccuparti gli altri novellini sono già al campo e noi veterani beh..." mi squadrò di nuovo dalla testa ai piedi ridendo "non abbiamo bisogno di alcuno show, non c'è molto da guardare."
"Cafone" risposi tra i denti dandogli una spallata mentre entravo nello spogliatoio.
Li sentii ridere di me mentre si allontanavano per andare al campo.
'Ho idea che sarà un provino pesante'.
~
Quando calcai il campo della Royal Academy mi sentii sopraffatta dalla bellezza dello stadio... era immenso, niente a che vedere con l'insignificante campo al fiume.
"Tu tizia bionda, novellina! Svegliati. Quando il Capitano parla devi ascoltare."
Samford mi stava già sulle palle.
"Blaze, muovi il culo. Devi correre come gli altri. O vuoi lo sconto solo perché sei una ragazza?" Mi riprese anche il capitano.
"Scusa capitano. Quanti giri sono?"
"Cinque giri, ma mentre ti truccavi gli altri novellini ne hanno già fatti tre."
"Non mi stavo trucc-"
"CORRI." Mi interruppe con rabbia il bomber dai capelli bianchi.
'Samford maledetto ti prenderei a testate.'
Iniziai a correre e, maledizione ero arrabbiata. Volevo a tutti i costi fare bella figura al provino: se non altro per dimostrare qualcosa a quei ragazzi così antipatici.
Non mi resi nemmeno conto di aver finito i giri mentre pensavo a tutti i modi per poter ammazzare questo David Samford senza essere sospettata di omicidio.
"Ora che anche la Principessa ci ha raggiunto voglio vedere come ve la cavate nell'uno contro uno. Formeremo noi delle coppie." Disse il capitano prima di iniziare ad accoppiare gli altri in base alla corporatura.
"Oh accidenti Principessa, sei rimasta senza compagno." Finse di dispiacersi David.
"Se sei così tanto interessato a ogni minima cosa che faccio, perché non vieni tu?" Sbottai.
Il capitano e King sghignazzarono.
"Ottima idea Novellina, David vai con lei."
"Magari le insegni qualcosa."
David sbuffando prese un pallone e iniziò a palleggiare da solo.
"Ei non dovremmo fare un uno contro uno?" Lo richiamai.
"Ah vuoi la palla? Prendila." E la calciò al volo fortissimo.
Sembrava una di quelle pallonate maledette che mi tirava mio cugino quando ero distratta. E mi stava arrivando in faccia.
Istintivamente saltai: la palla mi arrivò addosso con una potenza quasi dolorosa. Ma incredibilmente riuscii a controllarla di petto e stopparla con il piede.
Avevo attirato l'attenzione del capitano, lui e il portiere mi guardavano a bocca aperta.
'Che odio pensavano che mi sarei messa a piangere per una pallonata!'
Guardai il mio compagno di allenamento. "E allora? Proseguiamo?"

Il resto dell'esercizio andò abbastanza bene... David mi rubò la palla almeno quattro volte, io solo una. Ma ero comunque soddisfatta: per quanto fosse stronzo e antipatico era davvero forte, d'altra parte me la stavo vedendo con un titolare del quinto anno.

Il capitano osservò tutti con attenzione e dopo dieci minuti ci richiamò al centro del campo.
"Adesso farete dei tiri in porta. Io mi posizionerò qui, lancerò la palla a voi che sarete in due file: i mancini a sinistra e i destri a destra. Ricevete, avanzate un paio di metri e tirate. Joe vai in porta."
'Ok i tiri. Sono la cosa che dovrei saper fare meglio... mio cugino è il goleador della sua squadra. Mi ha insegnato tutti i suoi trucchetti.'
Quando finalmente toccò a me il capitano mi tirò una palla impossibile. Altissima. Anche con tutta l'elevazione del mondo non avrei potuto arrivarci.
"Principessa dovresti prenderla la palla." Mi derise.
"Capitano mi aspettavo un passaggio rasoterra, come hai fatto a tutti gli altri."
"Nel calcio non ci sono due passaggi uguali. Torna in fondo alla fila."

In sostanza chi segnava poteva andarsene subito (nessuno se ne andò, King sembrava davvero un muro impenetrabile), se si riusciva almeno a prendere lo specchio della porta per tre volte di fila il Capitano dava il permesso di lasciare il campo, anche se il tiro non finiva in rete.
Scoprii sulla mia pelle che chi invece disgraziatamente era una ragazza sarebbe rimasta lì, a correre come una stronza e a fare il raccattapalle mentre tutti se ne erano già andati.
"Capitano... non mi è arrivato nemmeno un pallone che fosse uno buono per tirare."
Anche se ero riuscita a prenderli quasi tutti, mi trovavo sempre in pessime posizioni per tirare e Sharp non mi lasciava avanzare palla al piede, mi rimandava sempre in fondo alla fila senza lasciarmi provare.
"Non lamentarti, e vai a farti la doccia. Gli altri dovrebbero essere usciti dallo spogliatoio, è tutto tuo."
Sbalordita mi resi conto che ero rimasta mezz'ora in più di tutti gli altri, senza riuscire a fare nemmeno un tiro in porta.
Presi la mia stupida borraccia e me ne andai senza dire niente.
'Non mi vogliono.'
~
Il resto della giornata passò rapidamente. Ero nera per il trattamento ricevuto, non volevo nemmeno andare a vedere in bacheca se mi avevano presa in squadra.
Mentre rimuginavo incazzata per i corridoi della scuola andai a sbattere contro un muro di muscoli, facendo cadere tutti i miei libri.
Senza nemmeno alzare lo sguardo chiesi scusa "Ops! Perdonami non stavo guardando dove andavo... è stata una giornataccia." Poi sentii un profumo familiare...
'Oh cazzo.'
"Oh cielo ancora tu. Ma cosa fai ci segui?"
Jude Sharp sghignazzò sistemandosi la camicia, senza nemmeno degnarsi di darmi una mano con i libri.
"No che non vi seguo, non ho apprezzato la vostra compagnia oggi." Sbottai raccogliendo gli ultimi fogli.
"Bene quindi non ci rimarrai male per il fatto di non essere stata presa in squadra." Mi derise Samford che aveva assistito alla scena.
"È quasi un sollievo. Almeno non devo vedervi tutti i giorni, e posso evitare di chiamare 'Capitano' una persona per cui non provo nemmeno un minimo di ammirazione o rispetto." Dissi andandomene senza nemmeno girarmi indietro, trasudando sicurezza.
E invece dentro mi sentivo una nullità.

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