LA MIA PICCOLA CRISI

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Lasciata l'organizzazione del torneo nelle capaci mani di Naomi e Celia, io mi dedicai totalmente al recupero delle insufficienze.
Nella biblioteca della scuola avevo 'il mio posto': Caleb mi raggiungeva tutti i pomeriggi, dopo gli allenamenti delle ragazze, studiavamo insieme per qualche ora e poi ci concedevamo una passeggiata più lunga del solito per tornare a casa.
Nell'ultimo periodo passavamo tantissimo tempo insieme, stavo più con lui che con Naomi e Sarah.

Ormai mancavano pochi giorni alla pausa natalizia: sapevo che il Comandante ci andava giù pesante con gli allenamenti. Non accettava proprio di aver perso con la Raymond. Ma attualmente quello era l'ultimo dei miei problemi, o almeno avrebbe dovuto esserlo. La settimana successiva avrebbe deciso i miei voti di metà anno: c'era la terrificante verifica finale di matematica.
"Come procedono gli allenamenti?" chiesi a Caleb mentre ci dirigevamo verso la torre Inazuma.
"Mah, il solito. Il Comandante è irritatissimo, nonostante i ragazzi si siano comunque qualificati. Li sta massacrando, e quindi per forza di cose sta ammazzando anche le Ladies." mi rispose portandosi entrambe le mani dietro alla nuca.
Ormai era inverno inoltrato e nonostante gli ultimi raggi di sole del giorno ci stessero accompagnando nella nostra passeggiata, iniziavo ad avvertire il pungente freddo serale nelle ossa.
Caleb invece non sembrava nemmeno accorgersene: aveva una giacca sportiva slacciata sopra la camicia bianca della scuola. In quella posizione la camicia si era sollevata leggermente, lasciando intravedere una tavola di addominali davvero notevole.
"Come ha preso il mio rifiuto categorico di allenarmi?"
"Beh, hai portato un certificato medico. Si è seccato molto, ma non poteva dire o fare proprio niente per costringerti a giocare a quel punto." sospirò Caleb prima di continuare "Piuttosto, come procedono i tuoi allenamenti individuali?"
"Li sto un pò tralasciando a dire il vero... il sabato vengo con voi alla palestra della Raymond per il nostro allenamento extra, ma da sola non vado quasi mai. Mi sto dedicando allo studio con maggiore attenzione... se non alzo la mia media adesso che non ho niente da fare non so se i miei mi lasceranno giocare ancora." risposi un pò triste.
"Vedrai che non dovrai penare ancora per molto: ormai sono passate quasi due settimane. E lo vedo che stai studiando tantissimo. Vedrai: recupererai tutto e a breve potrai tornare ad allenarti. Soprattutto in vista del torneo!" Mi sorrise incoraggiante.
Caleb era sempre estremamente positivo. Parlare con lui mi tranquillizzava di solito.
Ma questa volta ero davvero molto pensierosa... la matematica non mi dava tregua, e anche in fisica iniziavo a zoppicare.
"Nikki c'è qualcosa che ti preoccupa?" mi chiese Caleb fermandosi per guardarmi.
"No... cioè in realtà si. Io non l'ho detto a nessuno, ma i miei voti in matematica fanno davvero schifo. In questo periodo pensavo che dedicandomi maggiormente allo studio avrei avuto risultati migliori. Ma forse il problema non è il tempo che dedico allo studio. Sono io che sono stupida." Sbottai.
Caleb ridacchiò, mettendomi un braccio intorno alle spalle.
"No, non sei stupida. E' tutta questione di testa: le cose le capisci. E lo so, perchè io ti vedo studiare. Tu sei troppo distratta. Devi solo concentrarti un pò di più, e credere in te."
Nel frattempo eravamo arrivati a una panchina vicino a un albero, proprio sotto la torre Inazuma.
Ci sedemmo in silenzio, mentre io meditavo sulle sue parole.

Raramente io credevo nelle mie capacità. Quando qualcosa andava male era un tragedia: un brutto voto si trasformava immediatamente in una crisi d'ansia, un esercizio sbagliato in ore di pianto a dirotto.
Da sola non ne uscivo.
Ma non volevo aiuto: non volevo essere debole. Se tutti gli altri ce la facevano non vedevo perchè io dovessi pubblicamente ammettere di non farcela.
E mi rendevo perfettamente conto che non si misura la forza di una persona dalla sua media scolastica, ma era più forte di me.

"Io credo in me." risposi con tono piatto.
"No. Non è vero." rispose serio Caleb. "Non quando si tratta delle tue capacità intellettive. Nikki sei una bellissima ragazza, hai un grande talento nel calcio e sei molto simpatica. Sono sicuro che queste qualità te le riconosci, ma tutto questo non impedisce al mondo di vedere quanto tu sia intelligente. E' necessario che inizi a vederlo anche tu, perchè se continui a buttarti giù da sola non ti rialzerai mai."
A questo punto ormai stavo piangendo come una pazza.
Non riuscivo più a trattenere le lacrime: Caleb aveva toccato tutti i punti giusti.
Mi abbracciò e mi fece appoggiare la testa sulla sua spalla, permettendo al mio mascara di macchiargli irrimediabilmente i vestiti.
Rimanemmo così finchè il sole non tramontò del tutto, e finchè i miei singhiozzi non si calmarono.
Quando riuscii a tranquillizzarmi mi staccai da quell'abbraccio così estremamente confortevole.
"Grazie Caleb. Mi dispiace per la giacca. E per aver fatto questa scenata da pazza isterica."
Tirai su col naso pulendomi la faccia dal trucco sbavato con la manica della divisa scolastica.
Mi vennero in mente i pomeriggi di pianti di nascosto da Caleb in biblioteca, i mal di testa... pensai che mi sentivo ancora stupida, ma che forse potevo farcela se mi impegnavo di più.
E mi sentii ancora più stupida per non averci pensato da sola, per aver pianto come una bambina davanti a uno dei miei più grandi amici. Cosa avrebbe pensato di me adesso?
Le lacrime stavano già riaffiorando.
Caleb probabilmente se ne accorse, quindi mi prese per mano e mi fece alzare: "Forza Nikki in piedi. Chi arriva per ultimo alla torre inazuma offre la cena da Hillman!"

"Mi hai fatto vincere." Bofonchiai con la bocca piena di spaghetti al nostro tavolo nel ristorante del Mr Hillman.
Caleb ghignò altezzoso "Sono fuori allenamento." poi mi fece l'occhiolino addentando un raviolo.
Fu una serata estremamente piacevole: ne avevo davvero bisogno.
Senza il calcio tutto lo stress della scuola mi stava schiacciando.
Quella sera il ristorante era quasi vuoto, il Signor Hillman stava riordinando il bancone.
"Allora Nikki, come va il braccio?" mi chiese mentre strofinava.
"Il dolore è sparito quasi del tutto. Non vedo l'ora di tornare in campo!" Esclamai contenta agitando il gesso.
"A proposito, ho sentito che stai organizzando un torneo femminile alla Raymond. E' davvero una bella iniziativa!"
Io arrossii "Oh si... ma non è stata una mia idea in realtà."
"Mh sarà, per queste cose ci vuole un team affiatato: chi mette le idee, chi organizza e chi attua il piano." mi sorrise.
"Beh Mr. Hillman, quando fisseremo la data sarà il primo che inviterò. Anzi, in realtà avremo sicuramente bisogno di arbitri... lei conosce qualcuno che potrebbe essere interessato?"

"Non posso credere che hai convinto Hillman a convocare la Leggendaria Inazuma Eleven per arbitrare il tuo torneo!" ridacchiò Caleb mentre ci avviavamo verso casa.
"Che ci posso fare, ho avuto un'idea illuminante, ho dovuto provarci! E poi il suo ristorante sponsorizzerà l'evento: siamo tutti contenti."
Eravamo arrivati davanti a casa mia.
Caleb si fermò con le mani in tasca e mi guardò sorridendo.
Poi mi spostò una ciocca di capelli rosso fuoco dietro l'orecchio.
Il tocco caldo della sua mano sulla mia guancia fredda mi fece rabbrividire.
"Vedi, tu puoi fare tutto quello che vuoi Nikki." si avvicinò di un altro passo "Non conosco nessuno al mondo che potrebbe mai dirti di no o fermarti."

Era vero: avevo voluto giocare a calcio, e lo avevo fatto. Nonostante tutti gli intoppi, le divise, il Comandante, gli incidenti sospetti, ero il Capitano della squadra femminile di una delle scuole superiori più prestigiose del Giappone. Avevo convinto altre dieci ragazze quasi del tutto sconosciute a entrare in squadra con me: senza garanzie. Avevo convinto altre squadre femminili a partecipare a un torneo a Tokio.

Mentre pensavo a tutte queste piccole conquiste, Caleb si era avvicinato ancora.
I suoi occhi verdi mi stavano scavando l'anima.
E in un secondo le sue labbra erano sulle mie.
Dapprima rimasi abbastanza stupita di questo suo slancio, ma poi mi ritrovai a ricambiare il bacio.
Le sue braccia forti mi strinsero, annullando lo spazio tra di noi.
Agganciai le mie mani dietro al suo collo e mi lasciai trasportare dal momento.
Quando finalmente ci separammo per riprendere fiato mi sentivo le guance andare a fuoco, tutto d'un tratto mi sentivo estremamente in imbarazzo, e abbassai lo sguardo.
Sentii Caleb ridacchiare prima di sollevarmi delicatamente il viso in modo da incatenare di nuovo i miei occhi nei suoi.
Sembrava estasiato, felicissimo. Era al settimo cielo.
Io ero... confusa. Felice. Imbarazzata. Stupita.
"Allora ci vediamo domani a pranzo, Principessa." mi diede un bacio veloce sulla bocca e sparì nella via, lasciandomi in piedi davanti al mio cancello come una scema a bocca aperta.

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