Un groppo in gola

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Simon ~ 31 Luglio 2014, fuso orario di Alicante, ore 8:00

Apro gli occhi e sbadiglio rumorosamente, rischiando di svegliare Isabelle.

Isabelle? Che ci fa nel mio letto?

Oddio... allora è successo davvero? Credevo fosse solo un sogno!

E invece no.

Mi serve un caffè. Subito.

Mi alzo lentamente dal letto, cercando di non fare rumore, ma purtroppo le doghe di legno scricchiolano e mi tradiscono.

Resto un attimo imbambolato in una posizione stranissima – una gamba sollevata, l'altra piegata, il viso contratto in una smorfia – e poi, vedendo che Izzy non si è ancora svegliata, mi rianimo, infilo i boxer e scendo al piano di sotto.

La luce del sole d'Agosto inonda la cucina, picchiando sull'alluminio del piano cottura e del frigorifero, ferendomi gli occhi. Tuttavia, non accenno a chiudere le tende, perché finalmente posso godermi il mese d'estate che rimane, prima che arrivi Settembre e, di conseguenza, gli esami.

Prendo il caffè dalla credenza e ne verso una piccola quantità nel filtro della macchinetta napoletana, che metto subito sul fornello. Accendo il gas e mi appoggio al lavello, sperando che il caffè salga il più presto possibile.

Mi mordo il labbro e butto la testa all'indietro, chiudendo gli occhi, nel vano tentativo di ricordare qualcosa in più di quello che è successo stanotte, ma invano. Senza caffè non sono lucido.

Inspiro profondamente e sento un forte odore pervadermi le narici, mentre un suono gorgogliante mi giunge alle orecchie, entrambi indici che il caffè è pronto. Lo verso in una tazzina e lascio il resto in caldo nella macchinetta, per Izzy.

Porto la tazzina alle labbra e bevo un sorso di caffè bollente e carico, proprio come piace a me. Il liquido mi scende giù per la gola, bruciandola, ma allo stesso tempo mandandomi una scossa in tutto il corpo. L'effetto della caffeina non tarda a farsi sentire, e finalmente riacquisto la lucidità.

Mi sforzo di ricordare, ma il mio cervello, grandissimo bastardo, invece di mandarmi le immagini di quello che io e Izzy abbiamo fatto stanotte, me ne manda altre, del tutto diverse.

No, no, per la miseria no, ti prego, è la terza volta in tre giorni...

Cado in avanti sulle ginocchia, ansimando, mentre davanti ai miei occhi scorre tutta una serie di diapositive, simili a negativi fotografici, dai colori sfocati e innaturali, le forme grottesche, alienate.

Tutto è stranamente silenzioso, nel ricordo, eppure vedo chiaramente Jace e un'altra figura – Clary, credo – che muovono le labbra.

A quanto pare io sono in piedi, ma non riesco a percepire lo spazio intorno a me, non capisco in quale luogo mi trovo.

All'improvviso sento un fortissimo rumore, come il fischio di un altoparlante, acuto e stridulo, che mi perfora i timpani, e il ricordo finisce, lasciandomi frastornato e confuso.

Mi ritrovo carponi sul pavimento della cucina, con il viso bagnato da lacrime di dolore, la schiena arcuata, i muscoli tesi.

Dei passi veloci scendono le scale, e Isabelle, più svestita che vestita, si fionda accanto a me. «Simon, che cosa è successo?»

«Non lo so nemmeno io, Iz, davvero, credimi» rispondo con la voce rotta dal pianto.

Isabelle mi aiuta a rialzarmi, e poi, dolcemente, mi sussurra all'orecchio: «Rivestiamoci, Simon. Torniamo a New York.»

POV: Jace ~ New York, ore 2:30 A.M.

Mi sveglio a causa di un fastidioso rumore proveniente dal piano di sotto. Il portone dell'Istituto che viene chiuso.

Shadowhunters ~ Remembering the PastDove le storie prendono vita. Scoprilo ora