1.3 - Furia

204 40 222
                                    

«Ci siamo.» No. 89 tirò fuori un'altra chiave elettronica da un lettore di schede presente sulla plancia dei comandi. Aveva appena clonato un badge per accedere alla sala allenamenti, riservata soltanto ai membri del corpo di difesa.

Si incamminò verso la porta blindata che lo separava dal suo obiettivo. Si muoveva con passi rapidi e silenziosi, scrutando tutti gli angoli della zona per assicurarsi di non essere inquadrato troppo dalle telecamere. Aveva imparato tutti i punti ciechi della videosorveglianza, a furia di sbirciare gli spostamenti di No. 2.

Il Dipartimento si presentava come un enorme labirinto di corridoi e uffici, indicati da strisce a terra. Porte e cartelli si ripetevano in ogni dove, come un grande ospedale. Tuttavia, orientarsi per lui non era un problema: con un gesto delle dita, aprì l'ologramma con la planimetria di tutta la struttura e toccò alcuni elementi grafici. Il punto d'accesso da aprire con la chiave copiata si illuminò sulla mappa.

Proprio lì, la porta della sala allenamenti saltò in aria da sola, in una violenta esplosione di detriti nell'aria. Dalla nube di polvere sollevata, emerse No. 5 con un macabro sorriso stampato sul volto. Schizzò a tutta velocità nel corridoio del Dipartimento, falciando qualsiasi cosa si trovasse sulla sua strada.

I ricercatori umani e bionici scapparono via e si chiusero a chiave nei laboratori per sfuggire alla sua furia incontrollata, ma non tutti riuscirono a mettersi al sicuro in tempo. La falce strideva al suolo, tessendo un sottile filo vermiglio, denso e ferroso, sulle mattonelle intrise di corpi maciullati dalla sua sete di morte.

Da un angolo del corridoio emerse un gruppo di soldati bionici, avvolti in pesanti armature grigie e verdi, ciascuno con un massiccio fucile a radiazioni di Hawking tra le braccia, pronti ad affrontare l'automa impazzito con determinazione.

«No. 5...!» esclamò No. 42, il coordinatore del gruppo, non appena la riconobbe. Il suo sguardo incrociò subito la smorfia malvagia della ragazza. Un brivido di terrore lo attraversò da capo a piedi. Nessun muscolo rispondeva più ai suoi comandi, eppure il suo corpo sintetico non era stato ancora danneggiato.

Avevano condiviso molte sessioni di addestramento e anche momenti di amicizia, ma ora non la riconosceva più. Quegli occhi non erano più i suoi. Sembravano appartenere a qualcun altro, capaci di scrutare oltre lo spazio e il tempo, attraverso il corpo sintetico dell'automa. Quelle iridi sinistre le aveva già viste nei dissidenti sconfitti in passato, ma mai su un proprio simile, progettato per eliminarli. Era possibile che uno dei nemici fosse riuscito a manomettere uno di loro? E in particolare uno dei modelli più avanzati finora prodotti?

«Che facciamo?»

«S-sparate a vista...!» No. 42 tornò subito in sé e puntò il fucile sulla ragazza. «Massima potenza!» La canna dell'arma si illuminò di una luce violacea, la stessa che pervadeva gli occhi di No. 5.

«Ma non possiamo colpirla al massimo della potenza tutti insieme!» Intervenne un altro soldato.

«Ha ragione! C'è il rischio di far saltare il Dipartimento intero in una voragine gigantesca!»

«Allora, dieci percento!» Ruotò subito la manopola al lato del fucile e la luce in canna divenne più fioca. Il resto del plotone dovette regolare le armi in fretta e in furia, in modo da impiegare poco più di un milionesimo del nucleo contenuto nella cartuccia, un valore già molto alto ma non troppo distruttivo.

«Fuoco!»

Partì una scarica di scintille ad alta densità energetica contro No. 5. Uno scoppio assordante cancellò ogni altro rumore, seguito da un risucchio d'aria che rese ogni particella di ossigeno ruvida. Un gran polverone investì tutto il corridoio e le mattonelle schizzarono in ogni angolo come fuochi d'artificio.

VerticesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora