1.13 - Padre e Figlio

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«Siediti pure, No. 89.»

Matthew lo invitò a prendere posto su una delle poltrone del suo ufficio. Una stanza pulita e fresca, dove ogni cosa aveva il suo posto preciso. La superficie satinata della scrivania ospitava solo un pc portatile, pile di fogli ordinate in vari portadocumenti e vari fermacarte poliedrici di cristallo.

Sulle pareti, delle teche racchiudevano vari rompicapi di legno e d'acciaio. Tra questi, spiccava una bellissima scacchiera di vetro, i cui pezzi brillavano sotto la luce naturale che filtrava dalle finestre.

In un angolo, un armadietto trasparente ospitava una serie di clessidre, ciascuna diversa per forma e dimensione. La sua collezione continuava con vari strumenti che avevano accompagnato l'uomo lungo la via del progresso: un abaco tradizionale con perline d'ebano, un elegante astrolabio con incisioni in oro, calcolatrici meccaniche, un modellino del nastro di Möbius e un cofanetto con una specie di grossa moneta d'oro.

«Mi fa piacere che tu e No. 2 stiate andando d'accordo.» Diede un paio di mandate all'uscio. Dopodiché, si accomodò a sua volta sulla sua poltrona e mise in tasca la chiave.

No. 89 continuava a giocare con una piccola piramide di vetro, a bocca chiusa. Man mano che ruotava il fermacarte tra le dita, la luce si scomponeva in tanti fasci di colore sulla scrivania.

Il busto di Matthew si sdoppiava nelle facce del prisma. I suoi riccioli voluminosi incorniciavano un viso sereno e pacato, da poco entrato nei suoi quarant'anni. A prima vista, il suo aspetto esile e delicato poteva trarre in inganno chi lo considerava solo un assistente fortunato, ma dietro la sua apparente giovinezza si nascondeva uno dei matematici più brillanti del secolo, tanto da essere stato definito il "Gauss del Terzo Millennio".

Gli automi rappresentavano l'apice del suo genio. Un meraviglioso connubio tra umanità e tecnologia. Tuttavia, No. 89 si sentiva più affine al fermacarte che teneva in mano, che a un capolavoro della scienza: complesso e sfaccettato, pieno di spigoli dolorosi. I suoi pensieri, sempre più umani, minacciavano di spegnere la scintilla di razionalità che il creatore gli aveva donato con tanto sforzo. Trovarsi lì, davanti al suo sguardo attento e giudice, lo faceva sentire ancora più sbagliato. Una macchia di sporcizia in mezzo a un salotto sontuoso.

«È vero, parlare di questo non ti scioglie. Veniamo subito al punto.» Matthew incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale della poltrona. «Quando No. 5 ha tentato di manomettere il tuo processore, hai sentito anche una voce, giusto?»

«Non so di cosa parla.» Mugugnò il ragazzo tra i denti. La mano sul prisma tremolava.

Il Vertice inclinò la testa e accennò un sorriso intenerito. «Posso sempre convocare No. 2 qui e chiederlo a lei, che ne dici?» Digitò qualcosa sul portatile, pronto a cliccare sul tasto di invio. «Chissà, magari con la terapia di coppia posso...»

«Va bene, confesso tutto!» Il fermacarte si schiantò sul tavolo in un tonfo secco. «È andata esattamente in questo modo: No. 5 mi ha afferrato e portato in prossimità del buco nero comparso in piazza. Voleva gettarmici dentro per provocare No. 2. Mi ha sussurrato... cose terribili all'orecchio...»

Matthew si sporse in avanti e raccolse le mani sotto al mento.

Le labbra di No. 89 si accartocciavano dall'angoscia. «Mi... mi parlava con una voce che sembrava appartenere a due persone diverse. Diceva che sapeva tutto di me, leggeva ogni pensiero, tutto...» Si fermò un attimo e deglutì. Il respiro affannato rendeva tutto più difficile. «Sapeva anche il nome... senza che portassi la fascia.»

«Che cosa ti ha detto nell'orecchio?»

Gli rivolse infine uno sguardo fisso, intenso. «Ha detto... che lei è un traditore

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