1.17 - Flusso

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Il giorno filtrava attraverso le tapparelle abbassate sotto forma di sottili lame di luce, dipinte sul pavimento e sulle pieghe avviluppate del piumone. Presto, le pareti della camera da letto si tinsero prima di arancione, poi di bianco.

Man mano che il sole saliva nel cielo, le pareti cambiavano la loro tonalità, da un caldo arancione a un bianco luminoso. Dalla finestra cominciarono a entrare il fruscio degli pneumatici sull'asfalto e il leggero sussurro del vento tra le fronde degli arbusti piantati lungo la strada circostante.

In un angolo del materasso, No. 89 giaceva raggomitolato tra le coperte riscaldate dal sole, ancora riluttante ad alzarsi nonostante fosse appena sveglio. Alla fine, il grande giorno era arrivato: insieme a No. 2, avrebbero affrontato l'ignoto oltre l'orizzonte degli eventi per fermare la furia incontrollabile di No. 5. Sarebbe voluto rimanere nel caldo abbraccio del letto per sempre, piuttosto che affrontare la sfida più pericolosa della sua vita.

A un certo punto, qualcosa gli strinse la pancia.

Con fatica, aprì una fessura degli occhi, intorpiditi dal sonno, e rimase sorpreso nel vedere le braccia e le gambe di No. 2 avvolte attorno alle sue. Si girò pian piano verso di lei, con molta cautela. Non voleva rovinare quell'espressione così dolce che aveva quando dormiva, con la bocca socchiusa e un sibilo leggero d'aria che gli sfiorava le labbra.

«Sono stato davvero un idiota, ieri notte.» La gola bruciava ancora delle parole orribili che le aveva detto prima di coricarsi. Come al solito, la sua paura di deludere il proprio creatore aveva rovinato tutto.

Ogni volta che le distanze tra loro diventavano sempre più brevi, lui finiva per lanciare contro di lei un'infinità di coltelli invisibili, senza rendersi conto di stringerli dalla parte della lama, prima di scagliarli contro il proprio petto.

«Mi domando come mai tu non mi abbia cacciato di casa, dopo...» Sussurrò a bassa voce, con un dito sul contorno della sua mandibola. La sua pelle era così setosa, più di quanto avesse immaginato. «Conoscerai i miei pensieri meglio di me...»

No. 2 emise un leggero mormorio, ancora sonnecchiante, Si avvicinò a lui nel dormiveglia. No. 89 continuò a vegliare su di lei, affascinato dalla sua delicatezza mentre riposava.

«È tutto così assurdo.» Buttò fuori un respiro pesante. «Riesco a manomettere i sistemi di sicurezza più complicati di Vertex, ma non so decifrare ciò che provo per te.»

Le spostò una ciocca dei capelli dal viso. Le dita gli tremavano come stuzzicadenti. Socchiuse gli occhi e si chinò su di lei, sempre più vicino dalle sue labbra. Sentì una tenaglia chiudersi sulla bocca dello stomaco, senza possibilità di respiro. Strinse il lenzuolo per scaricarne la tensione.

«Possibile che i miei sentimenti siano complessi più dell'intero universo?»

Ma un boato tremendo irruppe nella stanza dal soffitto. Un trapano assordante cominciò a massacrare le orecchie dei due ragazzi accoccolati.

No. 2 spalancò gli occhi e si liberò della coperta con un calcio, pronta all'azione. Senza perdere tempo, afferrò la spada e si precipitò fuori dalla stanza, vestita solo con l'intimo e una canottiera.

Nello scatto, non si accorse del fatto che aveva lasciato No. 89 senza lenzuola, immerso nella confusione generata dal rumore che martellava i suoi timpani bionici. «Ma che cos'è questa roba?» La sua testa cercava rifugio sotto un cuscino per sfuggire al frastuono assordante.

Per fortuna, il rumore cessò di colpo qualche minuto dopo. Al suo posto, rimase un silenzio irreale, rotto da voci spaventate provenienti dal piano di sopra.

«Già finito...?» No. 89 decise finalmente di scendere dal letto. Pensò di stiracchiarsi e poi stropicciarsi gli occhi tra gli sbadigli, così da mettere in moto il suo processore.

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