1.7 - Appuntamento

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«Come ho fatto a finire a casa sua, così presto?»

No. 89 non smetteva di fissare il suo volto ingessato davanti allo specchio della stanza da letto della sua nuova compagna di avventure, mentre accartocciava le dita nei suoi guanti.

Continuava a scoprire sempre cose nuove su di lei, man mano che passavano il tempo assieme. A differenza degli altri automi, per un motivo che ignorava, No. 2 abitava in un modesto monolocale a pochi passi dal Dipartimento di Ricerca.

Dal riflesso dello specchio, la osservò uscire dal bagno con un look inedito. Schiuse la bocca sorpreso. Non pensava che un tubino nero potesse rendere la sua figura atletica più sottile e sinuosa.

«È strano vederti senza la tua divisa addosso. Devo dire, però, che questo abito ti dona molto.» Provò a smorzare il disagio crescente con un complimento. «È proprio un peccato che indossi sempre quelle armature pesanti quando ti alleni.»

La ragazza abbassò il capo e si passò le mani lungo i fianchi, cercando di nascondere quanto più possibile le cosce troppo scoperte. Colpa del suo metro e ottantacinque di altezza, non proprio convenzionale rispetto a una donna in carne e ossa.

«Posso chiederti come mai tutti questi vestiti... "umani"?» Rispetto al guardaroba dei suoi simili, composto soltanto da divise grigie e verdi, quello di No. 2 strabordava di indumenti di ogni tipo, a partire da eleganti abiti da sera fino a canottiere e magliette sportive. Eppure, non glieli aveva mai visti addosso all'interno del Dipartimento, dove indossava la sua divisa grigia e bianca, anche quella presente nell'armadio.

«Regali della vicina.» Mormorò lei, occupata a stirare il vestito verso il basso. Le stringeva un sacco sulla vita.

«Non saranno un po' piccoli per te, alcuni?»

No. 2 sollevò il capo e lo squadrò da capo a piedi. «Non penserai mica di andare fuori così, vero?»

«Così, come?» No. 89 strizzò le labbra, travolto da un'ondata gelida, come se fosse stato catapultato su un deserto di ghiaccio.

Le iridi della spadaccina scorrevano sulla sua divisa da ricercatore con una precisione spietata. Ogni dettaglio della sua forma sintetica veniva esaminato alla luce implacabile del suo giudizio. Studiava tutti i suoi punti deboli; conosceva in anticipo il modo per metterlo al tappeto, ancor prima di colpirlo.

«Come un automa.» Arrivò il suo terribile verdetto dopo un lungo silenzio.

«Ho capito, mi levo la divisa.» Lui le diede le spalle con un sospiro. Mentre cominciava a sbottonarsi la giacca, un bruciore inaspettato lo assalì per tutta la schiena. Rimise a posto il bottone con gli occhi sgranati. Era la prima volta che gli succedeva di provare quello strano calore in pubblico, oltretutto davanti a lei. E questo non faceva che peggiorare la situazione.

«Ehm, No. 2? Hai acceso i riscaldamenti, per caso?»

No. 2 scosse la testa di lato.

«...posso usare il bagno per cambiarmi?»

Appena ottenne il permesso, No. 89 recuperò alcuni indumenti casual dall'armadio e andò di corsa a cambiarsi, non prima di essersi toccato l'addome e il petto davanti allo specchio. La temperatura corporea era a posto, perché allora aveva sentito una fiamma scaldargli dentro all'improvviso in quel modo?

Fece un gran respiro e si fece coraggio per tornare in soggiorno con indosso una giacca di cotone argentata, dei jeans grigi e un'oscena maglietta proveniente da un concerto rock a cui probabilmente assistettero tre persone, di cui due erano i membri stessi della band.

«Sei imbarazzante.»

«In teoria, stavano nel tuo armadio, tutti questi!»

«Chiedilo alla nipote della vicina qui accanto.» Indicò una parete col pollice, No. 2. «Questo che ho addosso ce l'aveva lei l'altra notte, quando è stata aggredita da un criminale mentre tornava a casa.» Grattò un punto sul fianco con aria distratta. «Non so come levare il sangue dal vestito senza portarlo in lavanderia. Per fortuna è tutto nero.»

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