La chiave di volta

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Avviso importante: ho deciso di aumentare il rating della storia da arancione a rosso a causa dell'inserimento di una tematica molto delicata che verrà affrontata qui e nei prossimi capitoli.


Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
L'immagine di copertina è stata realizzata per questa storia da Misatona.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
Nessun copyright si intende violato.




- It takes a fool to remain sane -


CAPITOLO 18
La chiave di volta



Decimo giorno nel Regno del Nulla. Se a Vegeta avessero detto che sarebbe sopravvissuto ben dieci giorni a stretto contatto con quel deficiente del suo rivale, non ci avrebbe creduto. Tuttalpiù che Kaarot in quei giorni si era rivelato una vera e propria spina del fianco.
Non tanto perché si era dimostrato il solito cretino di sempre ma, al contrario, stava dando sfoggio della parte più inaspettata di sé. Tuttavia, se un tempo il Principe avrebbe gioito che quel decerebrato se ne stesse buono buono e zitto zitto, in quel momento quei comportamenti bizzarri e totalmente non da lui gli stavano dando alquanto sui nervi.
Goku si era svegliato ogni singola notte in prenda agli incubi, infradiciato di sudore freddo e con il respiro affannoso. E, ogni singola notte, aveva abbandonato la dimora precaria per mettersi lì, con le gambe a penzoloni giù dal ring ricostruito appositamente per i loro allenamenti, a contemplare l'orizzonte nero e viola di quel mondo senza capo né coda.
La sera spiaccicava qualche parola solo se necessario, e poco prima della sveglia rincasava quatto quatto per mettersi nel letto attendendo il momento della colazione, fingendo la più totale normalità, con la consueta parlantina da imbecille contornata da sorrisi e battute stupide di fronte agli Dei. A chi voleva darla a bere? Al Principe dei Saiyan?
"Hah. Povero sciocco" pensò Vegeta, rigirandosi nel letto per la decima notte, mentre udiva i passi quatti del suo rivale intento ad allontanarsi dalla tenda. Come se il Principe potesse non accorgersi di quelle urla sonnambule e quei versi terrorizzati che da dieci notti a quella parte interrompevano anche il suo regale sonno.
Ma quella notte ne aveva avuto abbastanza, dannazione! Si alzò dal suo sacco a pelo con un balzo, più che intento a tirare un calcio in piena schiena al suo rivale facendolo cadere da quel maledettissimo ring una volta per tutte.
Uscì dalla tenda con la mascella contratta e le sopracciglia corrugate e, accelerando il passo, si apprestò a raggiungere Kaarot. Ma, non appena fu abbastanza vicino da poterlo colpire, si trattenne. Era certo che egli l'avesse sentito, percepito dietro di sé, ma non aveva fatto niente. Non si era girato, non si era degnato di guardarlo neanche di sbieco. Aveva continuato a guardare l'orizzonte come se nulla fosse, taciturno e meditabondo.
Vegeta si morse il labbro inferiore e conficcò le proprie unghie nei palmi delle mani, maledicendosi oltre ogni modo per essere diventato così debole e sentimentale da sentire il proprio istinto supplicarlo di sedersi vicino a lui e provare a risolvere i suoi problemi. Era il Principe dei fottutissimi Saiyan, non uno psicologo!
Alzò gli occhi al cielo e, con un incredibile sforzo, gli si sedette accanto.
«Cosa c'è?» domandò secco, dopo un lungo sospiro ristoratore.
Goku si voltò di scatto nella sua direzione e sollevò le guance in un sorriso discretamente attoriale.
«Di che parli?» trillò.
«Oh, andiamo! Vuoi davvero continuare a fingere che io non ti veda?!» Quello era un vero e proprio affronto alle sue capacità deduttive!
Goku storse il naso, lasciando le sue labbra cadere sconfitte in una smorfia rassegnata. Sapeva che prima o poi la pazienza di Vegeta sarebbe giunta al termine e che, per forza di cose, sarebbe giunto da lui per domandare spiegazioni. Del resto Vegeta aveva dimostrato più volte interesse verso la situazione, seppur velatamente e nascondendosi dietro ai suoi modi sgarbati.
«Speravo che ti andasse a genio il fatto che io non ti tormenti» disse, tornando a fissare l'orizzonte oscuro.
«Mi andrebbe a genio se tu diventassi meno idiota. Ma partendo dal presupposto che tu lo sia, non mi va a genio che non ti comporti come tale». Vegeta si morse il labbro. Era davvero ridicolo che, sotto sotto, gli mancassero le idiozie di quell'idiota.
«Credo di non aver capito. Sei impazzito?» domandò Goku in tutta sincerità.
«Sì. Sì, può darsi» confermò Vegeta. Si portò le mani sulle tempie e incurvò la schiena, incapace di accettare di essere diventato così patetico.
Goku, però, iniziò a sorridere analizzando parola per parola il discorso strampalato di Vegeta. In fondo era il suo modo di dirgli che si stava preoccupando per lui. Pazzesco! Seppur non fosse propriamente gentile l'averlo definito per la ottocentesima volta un idiota, in effetti, quel tentativo non era poi così lontano da un gesto d'affetto.
«Apprezzo questa cosa che stai tentando di fare, sebbene non ti riesca un granché bene» ridacchiò Goku.
«Uhmpf» borbottò Vegeta, visibilmente rosso sul naso e sulle guance. Meglio riportare il focus sull'argomento principale. «Ad ogni modo, vuoi spiegarmi cos'è che ti tormenta così tanto da farti perdere il sonno?»
Goku si lasciò sfuggire un sorriso amaro.
«Penso che tu sia abbastanza intelligente da saperlo». Non aveva alcuna voglia di dare spiegazioni sui suoi incubi ricorrenti, le sue paure più recondite e tutti quei sentimenti che non era affatto abituato a provare. Era sempre stato una persona serena e invece... e invece i recenti avvenimenti sembravano averlo portato alla pazzia. O al ragionamento, semplicemente.
Vegeta sbuffò e tornò in posa riflessiva, da mentore un poco saccente. Certo che lo sapeva, cosa lo stava affliggendo! E alleluia! Finalmente Kaarot stava utilizzando quei due neuroni in croce che abitavano il suo cranio per pensare. Si domandò quanto tempo sarebbe passato prima che il pensiero potesse divenire un agito, al posto di starsene lì a mantenere quell'insopportabile muso lungo.
«Goten saprà perdonarti» sussurrò finalmente Vegeta e, con grande sforzo, si voltò per guardarlo di sbieco.
Goku gli rivolse due occhioni spalancati ricolmi di speranza. «Ne sei certo?»
«Assolutamente no. Tutto dipende da come ti comporterai una volta tornato» spiegò il Principe e diamine, era davvero difficile mantenere il contatto visivo con quel decerebrato quando si trattava di argomenti seri. Non era abituato a farlo. Era abituato a guardarlo solo per insultarlo o sfidarlo, non per fargli da psicologo. O da amico, che dir si voglia.
«Lavorerò, Vegeta. Non mi allontanerò più per così tanto tempo, lo giuro!»
«Non sono tua moglie, razza di babbeo. Grazie al cielo, peraltro! Non devi prometterle a me, queste cose. E soprattutto è una questione che devi risolvere con te stesso, in primis».
Ma Kaaort non colse al volo il suggerimento - e quando mai! «Che vuoi dire?»
«Oh santissimo Kaioh!» sbottò Vegeta, al limite di perdere la pazienza. Possibile che dovesse spiegargli proprio tutto?! Probabilmente sì. Probabilmente non ci sarebbe mai arrivato da solo, e l'ingrato compito toccava proprio a lui. Lui! Il fu orgoglioso, assassino, testardo, cupo Principe degli stracazzo di Saiyan.
«Tu... li ami?» domandò finalmente Sua Maestà distogliendo immediatamente lo sguardo, sentendosi sprofondare sin sotto al ring. Da quand'è che era diventato un terapeuta di coppia?
«Eh?!» gli occhi di Goku si spalancarono fino a diventare due palline da tennis.
«DEVI PER FORZA FARMELO RIPETERE DI NUOVO!? LO CAPISCI O NO CHE PER ME È IMBARAZZANTE!?» urlò Vegeta gesticolando e arrossendo dalla punta dei capelli alle dita dei piedi. Gli sarebbe diventata rossa anche la coda, se solo ne avesse posseduta ancora una.
«Scusa, scusa!» Goku si fece piccolo piccolo. «Beh... io... certo che li amo! Non che io sia bravo a dimostrarlo, ma amo i miei figli e mia moglie, farei di tutto per proteggerli. Però...»
«Però il tuo sangue richiama la lotta. Bizzarro! Una volta mi hai detto di essere un terrestre» lo anticipò Vegeta con un ghigno. Ricordava quel giorno come se fosse ieri, quando quel guerriero di infimo livello aveva rinnegato le sue origini per proteggere la Terra dalla minaccia Saiyan. E invece, adesso, come si sarebbe definito? Un ibrido?
«Lo sono... beh... lo ero di più, una volta. Ora mi sento più un Saiyan, forse» balbettò Goku, cercando nel proprio cuore una risposta che non era certo di avere. Si era sempre sentito diverso dagli altri, sin da piccolo, ma da quando aveva scoperto le sue origini non aveva fatto altro che inseguire sempre di più nuovi livelli, nuove evoluzioni. Si sentiva parte di quel popolo oramai quasi estinto e, un poco, ne andava fiero.
«Lascia che ti dia un consiglio, solo uno sbuffò Vegeta. «Non dare la colpa al tuo essere alieno per i tuoi fallimenti con la tua famiglia. L'ho sempre fatto anche io, ho usato la scusa del sangue Saiyan per molto tempo. E per colpa di questo non ho visto nascere mio figlio, ho perso Bulma, mi sono lasciato possedere da Babidi. Invece adesso riesco perfettamente a conciliare la mia vita da combattente con quella della mia famiglia. Ho trovato un compromesso. Sono meno Saiyan? Assolutamente no. Sono semplicemente meno testa di cazzo». E, nel dire ciò, Vegeta avvertì il suo cuore un poco più leggero. Forse quel discorso avrebbe dovuto farlo tempo prima. Per Kaarot, ma prevalentemente per se stesso. Ammettere le sue colpe di fronte a un amico – dannazione, definirlo in quel modo era sempre una stilettata al suo orgoglio – era stato liberatorio.
«Awww» soffiò Goku, intenerito, colpito in pieno petto da quel discorso così toccante e così pregno di significato.
«Non azzardarti a fare awww a me! Non fare mai più quella faccia raddolcita con me o ti tiro un pugno in gola!» grugnì Sua Maestà, sull'orlo del crollo psicologico. Awww, gli aveva detto! Come si fa con i gattini! Tsk!
«Eeheh... quindi in soldoni il tuo consiglio è diventare meno testa di cazzo» riepilogò Goku, senza smettere di sorridere. Quanto era cambiato, quel borioso principe! E in effetti, se l'aveva fatto Vegeta, c'erano tutte le possibilità di poter cambiare. Imparare a riflettere, a dare più importanza a certe cose. A crescere, insomma. Diventare adulto.
«Precisamente» confermò Sua Altezza Reale. Trovò una via di fuga da tutti quei sentimentalismi alzandosi in piedi, più che intento ad andare a ricostruire il puzzle della sua dignità in tenda.
«Capisco. Devo capire come trovare dei compromessi con me stesso. Ci rifletterò su» concluse Goku. Balzò anch'egli in piedi, volgendo il proprio sguardo al rivale oramai qualche passo lontano. «Grazie Vegeta, sei un amico».
«Uhmpf».

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