Respirare

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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
L'immagine di copertina è stata realizzata per questa storia da Misatona.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
Nessun copyright si intende violato.



- It takes a fool to remain sane -


CAPITOLO 20
Respirare



Goten non si rese nemmeno conto di cosa accadde. Un secondo prima era lì, con la mano tesa verso colui che era divenuto il suo spacciatore, e un secondo dopo si ritrovò faccia a terra, con le orecchie fischianti e un dolore pulsante all'altezza dello zigomo.
Ci impiegò parecchi istanti prima che, alzando lo sguardo verso l'alto, riuscisse a mettere a fuoco colui che l'aveva atterrato al suolo senza troppi complimenti. Avvertì il proprio petto esplodere. Rabbia, vergogna, frustrazione.
Cosa cazzo ci faceva Trunks lì? Rosso di rabbia, illuminato d'oro e lampi intermittenti, gli occhi socchiusi dallo sdegno e le labbra strette inclinate all'ingiù.
Goten si sentì confuso, assordato da quel forte colpo infertogli dal suo amico. Udì la sua voce ovattata quando questi incanalò il suo disprezzo verso l'altro presente. Non comprese bene cosa gli disse. Qualcosa di oltraggioso, qualcosa a malapena sibilato ma che suonò come la peggiore delle minacce, perché gli occhi di Ling si fecero tremanti di paura. Lo guardò allontanarsi di qualche passo all'indietro, incianpare sui suoi stessi piedi e cadere al terreno. Trunks gli si avvicinò lento, glaciale e, con un calcio sul fianco, lo fece rotolare parecchi metri più lontano. Doveva essersi trattenuto parecchio perché, se così non fosse stato, Ling Lao sarebbe passato a miglior vita senza avere il tempo nemmeno di gridare aiuto.
Egli si rialzò ruzzolando, tenendosi il costato destro e iniziando poi a correre maldestro verso il bosco. Goten finalmente riuscì ad alzarsi senza badare al tremore delle proprie ginocchia, poi mise a fuoco per intero la figura di Trunks. Questi si voltò lentamente, mostrando gli occhi lucidi di rabbia.
«PERCHÉ!?» gli urlò con una voce talmente grottesca da mettergli i brividi. Goten non rispose, ma digrignò i denti fino a sentirli scricchiolare. «PERCHÉ HAI FATTO UNA COSA DEL GENERE!?» berciò di nuovo, dopo che non udì alcuna spiegazione. Ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sentirsi dire il perché, sebbene fosse già tutto abbastanza chiaro.
Apprendere che il suo migliore amico avesse fatto una cosa del genere lo fece sentire male. Voleva vomitare, voleva piangere e forse non stava nemmeno più riuscendo a trattenere le lacrime.
«Mi hai pedinato?» domandò Goten a denti stretti, dopo un estenuante silenzio. Si sentì uno schifo.
Una merda. Si sentì sporco, peggio di un ladro.
«Oh, non osare!» sibilò Tunks, avvicinandosi di un passo con un dito puntato contro di lui. «Non osare accusarmi, perché qui sei tu a dovermi delle spiegazioni!»
Goten rise sarcastico e scosse la testa. Spiegazioni?! Ma da quando in qua era tenuto a dargli delle spiegazioni?!
«Io non ti devo proprio un bel nient-» provò a dire Goten allargando le braccia ma, inaspettatamente, un pugno all'altezza della bocca dello stomaco lo fece tossire e sputare saliva.
Si ripiegò su se stesso, dolorante e allibito.
Un pugno. Trunks lo aveva colpito e, ancora con le nocche affondate in mezzo al suo addome, si abbassò con il volto fino a raggiungere il suo orecchio.
Con tono minaccioso iniziò a scandire parole velenose. «Dimmi. Perché. Cazzo. Ti sei. Drogato».
Ma non poteva essere così sciocco da pensare che la cosa finisse lì, che si concludesse in quel modo. Perché Goten non aspettò troppo tempo prima di partire al contrattacco.
Con uno scatto felino si divincolò, colpendolo con una gomitata in mezzo alle scapole e facendolo finire a terra. Ma i riflessi di Trunks furono pronti a rispondere al fuoco con il fuoco e, torcendosi su se stesso, gli fece uno sgambetto costringendolo a indietreggiare per tenersi in piedi.
Goten alzò sguardo respirando affannosamente e, dopo un breve istante di silenzio, comprese come le cose avrebbero dovuto risolversi.
«Vuoi la guerra, Brief?» soffiò tra i denti per poi mettersi in posizione di attacco. «E guerra sia!»
Si accesero di luce dorata e scattarono entrambi in avanti scontrandosi a mezz'aria, pugno contro pugno, ginocchio contro ginocchio. Urlarono di rabbia, di rancore, di troppe cose non dette. Perché, in diciassette anni che si conoscevano, quella sarebbe stata la prima volta che avrebbero combattuto uno contro l'altro, e non per allenarsi. Erano improvvisamente diventati nemici.

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