Cos'è successo

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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
L'immagine di copertina è stata realizzata per questa storia da Misatona.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
Nessun copyright si intende violato.


- It takes a fool to remain sane -Capitolo 2. Cos'è successo?




«Come sarebbe a dire che te ne vai?»
«Vegeta mi ha proposto di andare qualche giorno da Lord Beerus! Se gli dico di no mi uccide!»
«E SE GLI DICI DI SÌ SARÒ IO A FARLO!»
Goten aprì gli occhi stanchi, poi sollevò la testa dalla scrivania lasciando una leggera scia di saliva sul nuovissimo libro di storia. Un forte rumore di piatti rotti lo fece sussultare.
«Ma Chichina!» la voce di suo padre Goku risuonò quasi ovattata dalla sua stanzetta al piano superiore della piccola casa rotonda.
«Chichina un corno!»
Goten si stropicciò gli occhi e si alzò controvoglia dalla sedi, trascinandola all'indietro con un rumore poco piacevole. Era la quarta sera di fila che si addormentava sulla scrivania nel tentativo di riuscire a studiare qualcosa, invano. Andando avanti di quel passo si sarebbe scordato la promozione, ed era solo la fine della prima settimana scolastica!
«Devi andare al lavoro!»
«Ma è sabato!»
«Ci devi andare lo stesso! Abbiamo una consegna al signor Nozawa per questa sera!»
La combutta al piano di sotto si fece ancor più accesa mentre il giovane Goten, sbuffando, si apprestò a raccattare dal letto di suo fratello un paio di pantaloni puliti e una maglietta arancione, cambiandosi alla svelta dagli abiti del giorno prima. Da quando Gohan non viveva più in quella casa il suo letto era diventato come un secondo armadio, e il disordine albergava nella stanza nonostante le continue minacce da parte di Chichi di dar fuoco a tutto quello che avrebbe trovato fuori posto. Scavalcò un paio di mutande e un block notes sul pavimento e, con la voglia di vivere di un condannato a morte, si diresse verso il bagno per lavare via dalla sua faccia assonnata l'odore di decomposizione.
«Scusa tesoro! È una cosa importante!»
«GOKU! NON TI AZZARDARE A TORNARE, TI LASCIO FUORI CASA!»
«Uhmpf» borbottò Goten alzando gli occhi al cielo, spazzolandosi accuratamente i denti bianchissimi con una pasta alle erbe e mentolo. Ma quando mai! Suo padre sarebbe ritornato il giorno dopo con un sorriso smagliante e, dopo aver ricevuto una valanga d'insulti, sua madre l'avrebbe accolto in casa come sempre. Con un banchetto da principi, peraltro.
Il ragazzo si guardò allo specchio, ma il riflesso non era assolutamente dei migliori. Quelle borse viola sotto gli occhi sarebbero state accettabili solo con il simbolo di Louis Vuitton appiccicato sopra, mentre i capelli... meglio lasciar perdere. Uscì dal bagno e, infilandosi il cappello in spesso cotone giallo, scese le scale a due a due per poter finalmente mettere qualcosa sotto i denti.
«Buongiorno» grugnì sua madre, raccogliendo con uno scopettone i cocci dei tre piatti che aveva infranto contro il muro nel tentativo di colpire il marito.
«Mh» rispose Goten con un mugugno distratto, aprendo la credenza per poi mettersi in bocca una merendina confezionata intera. Con un gesto goffo controllò l'orologio al polso e, con suo grande stupore, si rese conto di essere persino in anticipo. Si sedette sulla sedia e se la prese con calma, versando del tè nella sua tazza personale con un cuore gigante e la scritta "AUGURI ZIO GOTEN" in rosso oramai sbiadito. Un regalo per il suo quindicesimo compleanno fatto a mano da sua nipote Pan.
Contemplando le foglie di tè come se fossero lo spettacolo più affascinante del mondo, si ritrovò a rimuginare su quella prima intensa settimana.
Il secondo giorno di scuola non si era rivelato molto meglio del precedente, ma se non altro era riuscito a individuare quali cibi fossero mangiabili alla mensa. Il terzo giorno aveva trovato Mai nella classe di letteratura e, nei pochi minuti durante i quali erano riusciti a scambiare qualche parola, lei gli aveva consigliato la frequenza di alcuni corsi a scelta migliori di altri.
Durante la lezione di matematica, invece, aveva conosciuto un ragazzetto nerd dall'aria buffa e simpatica. Magro ed esile come un ramoscello, con una costellazione di brufoli sulla fronte e la Nintendo Switch sempre in mano in ogni momento libero. Non esattamente un tipo che traboccasse di socialità, ma era stato piacevole non pranzare al tavolo da solo come un cane.
Aveva incontrato Trunks solo un paio di volte in cortile, ma questi era stato evidentemente troppo impegnato a ripassare le lezioni con il suo gruppo di studio per accertarsi che le giornate del suo vecchio amico stessero andando bene.
«Se ne è andato di nuovo!» si lamentò Chichi. Si lasciò cadere sulla sedia in legno scuro e poggiò i gomiti sul tavolo rettangolare. Goten alzò lo sguardo serio, interrompendo il contatto visivo con la sua caldissima tazza di tè e le sue divagazioni su quanto fosse uno studente disagiato.
«Non me n'ero accorto» commentò, sarcastico.
Chichi lo guardò sottecchi, poi iniziò a rammendare una vecchia camicia sgualcita lasciata sulla sedia accanto.
«Goten... oggi dovresti andare nei campi».
Sua madre si decise finalmente a sganciare la bomba, bomba che lo colpì in pieno petto, dritto dritto nell'orgoglio. Lo sapeva. Sapeva che sarebbe successo prima o poi, ma udirlo con le sue stesse orecchie lo lasciò comunque allibito e, soprattutto, ferito.
«Ma ho la scuola! Non posso saltarla già la prima settimana» fece notare lui, con gli occhi sgranati.
«Non so cosa dirti, tesoro. Prenditela con tuo padre» si limitò a dire Chichi, sospirando.
"Prenditela tu con mio padre, al posto di perdonarlo sempre".
«Ma mamma!» continuò Goten con un lamento, trattenendosi a stento dal far defluire i suoi malvagi pensieri e renderli di dominio pubblico.
«Goten, almeno tu potresti dimostrarti responsabile? Ci servono i soldi di Nozawa se vogliamo tirare a fine mese!» Chichi si poggiò le mani ai fianchi e lo fissò sottecchi.
Lui si irrigidì, contraendo la mandibola fino a farla scricchiolare. Certo! Certo che gli servivano i soldi per arrivare a fine mese. Da quando nonno Gyumao era morto - due anni prima - non ricevevano più alcun sostentamento economico, i soldi dell'eredità sembravano essersi volatilizzati nel nulla e, come se non bastasse, alcuni loro clienti tardavano la paga mensile.
«Lo so, ma...» tentò di ribattere Goten alzando leggermente il tono della voce, come per farsi sentire meglio da una persona la quale, invece, si dimostrò sorda alle proteste.
«Tesoro, mi dispiace. Te l'avevo detto che non sarebbe stata una buona idea andare a scuola...» affermò Chichi, sconsolata. Lei, una madre sempre stata dedita all'istruzione e la formazione scolastica, che si ritrovava a dire certe cose! Quanto potevano essere cambiate le cose, nel corso degli anni?
Goten digrignò i denti e, ingurgitando alla velocità della luce il suo tè verde bollente, si alzò dal tavolo e prese i suoi stivali da lavoro.
"Alzati e trovati anche tu un lavoro in città, al posto di stare in casa a ricamare centrotavola" avrebbe voluto dirle.
«Ricevuto» si limitò invece a rispondere.
Uscì di casa in fretta, sbattendo la porta di legno alle sue spalle.

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