Cap. 2

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L'uomo in divisa camminava con una lentezza soddisfatta e felice, si prendeva tutto il tempo che gli serviva per godersi la sua meritata gioconditá.

L'ufficiale che portava il nome di Ickof Drago si dirigeva verso le celle dove le sue preziose cavie passavano le poche ore di riposo fra un test e l'altro.

Nella prima cella vi era il soggetto 52 e l'ufficiale si fermò ad osservare l'imponente ragazzo da oltre le sbarre e il vetro.

Un ragazzo dai capelli castani si avvicinò al vetro e osservò l'uomo con attenzione; la sua mente non era abbastanza lucida da riconoscerlo subito, ma appena avvenne il suo viso si distorse in una smorfia piena di rabbia.

Senza nemmeno pensarci tirò un pugno contro il vetro e colto da una incontrollabile furia prese a colpire la superficie con forza.

Passarono 10 secondi esatti prima che dai fori nella cella uscisse un gas che lo stordí ancora una volta.

Ickof passò oltre con un sorriso soddisfatto e arrivò davanti alla cella del soggetto 51, un ragazzo dalla pelle leggermente scura e i capelli neri.

A differenza del primo, non considerò minimamente l'ufficiale, preferendo mantenere la propria concentrazione sul muro che lo divideva dal soggetto 52, sul volto uno sguardo preoccupato.

L'uomo mantenne il suo sorrisetto in volto e continuò a camminare tranquillamente, come fa un uomo davanti alle opere di un museo.

Poi venne il turno della cella del 50.

Similmente al soggetto 52, un ragazzo bassettino lo osservò dalla branda sulla quale era seduto.

I suoi occhi azzurri lo guardavano gelidi e ciò che avrebbe terrorizzato chiunque era che se sembravano quasi luminosi in quel buio.

Non lo avrebbe mai ammesso ma quello era il preferito di Ickof: non riuscivi mai a capire cosa gli passasse per la mente e il suo quasi perenne silenzio lo rendeva ancora più intrigante.

L'unica domanda che il ragazzo avesse mai posto all'ufficiale era sempre la stessa: Come sta?

Ickof sapeva che si riferisse al soggetto 48, aveva notato l'interazione fra i due, così come quella fra il 51 e il 52.

Anche quella volta gli pose la stessa domanda

< Come sta? >

E la risposta era sempre la stessa, il ragazzo non ci aveva mai creduto.

< Non lo abbiamo strapazzato troppo >

A quella risposta la cavia annuì e si sdraiò sulla branda.

Anche quella cella fu sorpassata e sostituita da quella successiva con all'interno un ragazzo dai capelli che erano ormai scoloriti e tornati al loro colore originale.

Lui è sempre stato quello su cui gli scienziati credevano meno, per i primi tempi si aspettava che morisse da un momento all'altro, ma contro ogni aspettativa era riuscito là dove molti avevano fallito.

Era quello più tranquillo ma anche il più pericoloso perché tendeva ad esplodere senza alcun preavviso; un attimo prima era tranquillo e silenzioso, quello dopo si accanita contro il primo malcapitato.

Come al solito il ragazzo stava cantando, sembrava essere la sua unica consolazione nei momenti di solitudine.

Il soggetto non si accorse  dello sguardo insistente dell'uomo in divisa e a anche se lo avesse fatto, lo avrebbe comunque ignorato.

Nel frattempo Ickof si era soffermato ad ascoltare la voce angelica del ragazzo, l'unico che ancora cantava; gli altri non avevano più nemmeno le forze per farlo.

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