CAPITOLO I - Squadra Teta

173 25 103
                                    

"Il mio peccato è aver pensato che tutto stava andando bene."

Continente: Iceland, Città: Ofel, due mesi prima.

L'intera città era in piena festa. L'ennesima incursione della Squadra Teta si concluse con un risultato positivo: tutte le bestie ostili nei dintorni furono debellate al cento per cento.

Il piccolo gruppo superò le possenti mura che difendevano la città di Ofel; la folla li acclamò con grida di felicità, applausi e coriandoli lanciati in cielo.
Perfino il bieco Mudanfec sorrise.

– Non mi aspettavo un benvenuto così caloroso. – disse la giovane Tyla, la quale salutava tutti gli sguardi che incontrava.

Il nano Kitir teneva in mano una vecchia ascia in acciaio, non ci mise molto a legarla sul suo groppone.

– In un clima di terrore come questo, l'unica cosa che i civili possono fare è rallegrarsi di un piccolo successo. – disse, accarezzando l'arma.

– Non hai tutti i torti, vecchio. Io dico di goderci il meritato riposo. – proferì l'elfo Anchin, baciando le mani delle donne che gli si avvicinavano.

La leggera voce di Dane, un ragazzo di bassa statura al galoppo di un cavallo malconcio, distrasse gli altri dalla celebrazione:

– Sapete per certo che non è finita, è da quasi dieci anni che la città combatte contro queste bestie. Arriveranno ancora.

Quelle parole trasformarono le loro espressioni, da spensierate a serie. Tutti e cinque ricordarono la morte del loro amato capitano, scomparso durante un'incursione due settimane prima.
La tensione scomparve al sopraggiungere di un paio di bambini, i quali arrivavano all'altezza delle ginocchia di Mudanfec.

– Sono proprio loro!

Il più giovane dei due reggeva con se una striscia di stoffa viola. I cinque si fermarono di scatto.
I due bambini si avvicinarono lentamente, intimoriti dall'altezza di Mudanfec. Facendosi coraggio, il più giovane gli porse la stoffa e il cavaliere, dalla bionda chioma, si inginocchiò davanti a lui.

– Come ti chiami?

Il bambino, estasiato, rispose con un secco:

– Phik

– Phik, questo è per me? – domandò Mudanfec, mostrando un'espressione calma e orgogliosa.

– S-sì...

– Allora legalo al mio avambraccio!

Il piccolo Phik, tremolante, avvinghiò la striscia di seta attorno all'armatura nera, dalle tendenze verdastre, dal cavaliere.
Mudanfec alzò il braccio destro e poggiò la sua mano sulla testa del bambino.

– Porterò questo con me fino alla morte e mi ricorderà di te ad ogni battaglia. Mi ricorderà che a questo mondo c'è anche del buono; ora vai.

Phik, stregato dalle sue parole, tornò verso l'amico e i due si allontanarono dal percorso del gruppo.

– Ma guarda, pare che il cuore di ghiaccio di Mudanfec si sia scaldato un po'. – sussurrò il nano, sorpassando il compagno rimasto in ginocchio.

– Non prenderlo in giro, ha appena ricevuto un dono speciale.

Le parole della maga Tyla risuonarono nelle orecchie del cavaliere. Quest'ultimo di rialzò con fierezza, guidando il gruppo verso il palazzo della gilda.

Il sole era sull'orlo del tramonto al momento del loro arrivo.
Il palazzo, fatto interamente in pietra bianca, esponeva lunghi stendardi rossi dai bordi argentei, sui quali era rappresentato lo stemma dell'Armata della sopravvivenza: una fenice dalle ali spiegate.

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora