CAPITOLO XIII - Allieva

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Il cielo era completamente scuro; la nube di cenere copriva interamente la luce emanata dalla luna.
Tân era impegnata a incenerire tutti i corpi sou'li morti in battaglia, nel mentre Anchin era poggiato sul muro di una casa a riposare.

Le urla della battaglia erano svanite e tutti i prigionieri uscirono dal castello con cautela; guardavano dappertutto, sperando di incontrare i propri amati. Si sparsero in giro; c'era chi andava a trovare la famiglia, chi tornava al proprio lavoro, altri si trovarono un attimo di riposo e pochi cercarono di aiutare i sue salvatori. Tra di essi, un nano dalla chioma rossa si avvicinò all'elfo.

– Nostro eroe, come possiamo ringraziarvi?

Distavano a pochi passi l'uno dall'altro e la differenza di altezza tra i due era più che evidente. Il nano, nonostante la barba incolta e le nocche spellate, dava l'aria di essere più giovane di quanto sembrasse.

– Pensate ai feriti, se ce ne sono. La battaglia ha coinvolto degli innocenti. – rispose Anchin, lasciandosi cadere, con tono rilassato. − Soprattutto chi ha inalato i fumi.

Il nano non fece come richiesto, sedendosi di fronte a lui.

– Io sono Igumin, figlio dell'ex vassallo Lord Elmim. Mio padre ha fronteggiato il signore dei demoni ed è morto per permetterci di vivere; gli ha offerto l'intera città e tutti i suoi abitanti come dono per non farla radere al suolo.

Lo guardava con sguardo teso, come se avesse paura di lui.

– E allora? Se vuoi fargli una statua pensaci tu, io ho altro da fare. In più se vuoi fare il lecchino col salvatore della città allora caschi male. L'unico favore che posso farti è questo: guarda la tua gente.

Anchin puntò l'indice verso chiunque gli capitasse sott'occhio.

– Si stanno tutti dando da fare. Chi aiuta con la riedificazione, chi assiste i malati e quant'altro. Tu sei il successore del vassallo, quindi è tuo compito spronare questa gente dandogli una figura in cui riporre nella propria speranza. Vai e fai vedere di che pasta sei fatto.

Il nano rimase di stucco di fronte a tali parole. Si limitò ad annuire e a ringraziarlo, per poi correre verso chi aveva bisogno.

– Che discorso carino, sei sicuro di essere l'Anchin che ha sterminato l'intero esercito di Lussuria?

Anchin alzò lo sguardo, osservando una Tân seduta a mezz'aria.

– Volevo solo levarmelo dai piedi. Te come stai?

– Oltre a qualche macchia nera e qualche graffietto, non mi sono fatta nulla. – rispose la fata, mostrandogli un paio di tagli alle cosce.

– Penso che sarà meglio se ci fermiamo da qualche parte a riposare. Dopo potremo riprendere il viaggio.

L'elfo si alzò in piedi, barcollando e iniziò ad avviarsi verso il castello. I suoi passi erano più pesanti del solito e si facevano sempre più zoppicanti, finché non si accasciò al suolo.
Decine di persone lo videro e si avvicinarono per aiutarlo. Tân osservò la scena, non potendo fare nulla per aiutarlo.

– Nostro salvatore, desiderate riposarvi? – disse una donna sulla cinquantina, vestita con un lenzuolo verde pisello, afferrandolo per un braccio. – La mia locanda farà al caso vostro.

Un altra signora, ben più giovane e dall'aspetto curato, lo afferrò per il braccio rimanente e lo tirò a se.

– Lascialo vecchia zitella, non vedi che ha bisogno di un bel bagno alle mie terme? Una dormita con te vicino non può fargli che male.

Lo spettacolo non era dei migliori. Tân non sapeva se ridere o se intervenire, finché una voce familiare non interruppe la disputa.

– Lasciatelo stare, non vedete che non ha bisogno di voi?

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora