CAPITOLO XXI - Ira

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L'orrore era completamente evaporato sotto i raggi della luna cremisi. Anchin e Tân si rilassarono per qualche istante, guardando i risultati dello scontro con espressione disgustata.
Si guardarono in faccia, cominciando a ridere di gusto.

– Certo che è stato facile. – disse la fata, dall'aria altezzosa.

Il volto dell'elfo si fece immediatamente più serio. Socchiuse gli occhi e strinse la bocca.

– Parla per te...

Un piccolo taglio iniziò a formarsi al di sotto della sua spalla sinistra; piccole gocce di sangue zampillavano dallo strappo sulla bianca giacca. Tremava dal dolore; perfino i suoi denti non riuscivano a fermarsi. Fece cadere a terra l'arma e provò a stringere con forza la ferita, inutilmente.
Si inginocchiò a terra, lamentando parole a casaccio.

La fata era confusa e terrorizzata; non si aspettava di certo qualcosa del genere.
Intervenne all'istante, cercando di cauterizzare il taglio come fece con Rizaa.

Nulla da fare. La ferita diventava sempre più grande, sfociando in rumorosi lamenti.
Perdeva sempre più sangue e i lamenti diventarono urla. Una miscela di sangue e saliva gli usciva dalla bocca e l'intera faccia era invasa da lacrime di dolore. Tân provò continuamente a fermare l'ingrossamento del taglio, ma le urla di Anchin continuavano a metterla in agitazione.

– Calmati! Non riesco a concentrarmi!

L'elfo non riusciva a smettere, il dolore non era sopportabile. Non vi era solo l'ingrossamento del taglio attorno a braccio, ma anche l'elevata temperatura delle fiamme.

Non era ancora in preda agli spasmi. Prese l'iniziativa.
Col braccio destro, ancora illeso, afferrò la zanna di drago e poggiò la lama orizzontalmente sotto la sua ascella sinistra. Tremava come una foglia; quasi perse il coraggio di farlo.

Chiuse gli occhi grondanti e iniziò a contare nella sua testa.

"Uno. Due. Tre." pensava a quei numeri, volendo arrivare fino al dieci. "Quattro. Cinque. Sei. Sette."

Il dolore diventò insopportabile, così fece quello che andava fatto.
Tirò con tutta la sua forza, tagliandosi le carni e tutti i legamenti muscolari. Toccò brevemente le vene e arrivò all'osso. Un'ultima botta e via. Il braccio cadde a terra.

Ingenti urla di dolore riecheggiarono per tutta la cittadina, arrivando ad un passo dal rompere i timpani della fata. Quest'ultima, che osservò il tutto, agì all'istante, cauterizzando il nuovo taglio.
Appena l'elfo sentì quella sensazione, si gettò sul letto di neve, raffreddando la cicatrice ed emettendo le ultime urla.

– Sei vivo?

Il paesaggio tornò alla solita quiete, destata soltanto dalle basse voci dei due.
Un piccolo lamento diede segno di vita, tranquillizzandola.

Appena il dolore appassì, tentò di sollevarsi col solo braccio rimasto. La sua faccia lasciò il segno sulla superficie bianca, condita da sangue e lacrime. Sotto il busto, invece, c'era l'arma.

Ci mise qualche secondo a trovare un nuovo baricentro per tenersi in equilibrio. Si sollevò con estrema lentezza, riuscendo a rimettersi in piedi.

– Meno male, temevo il peggio.

La fata svolazzava attorno alla sua faccia sconvolta.

– E questo è poco, Ira sta arrivando.

Quelle parole la lasciarono di stucco; non era psicologicamente pronta ad affrontare una minaccia del genere dopo quel momento di panico.

– Cosa? Come? Perché?

L'elfo afferrò la lama da terra e la ripose nella borsa infinita. Fece lo stesso col fucile, steso qualche passo più indietro, e si avviò verso la casa di Wivu , dove Rizaa li aspettava con impazienza.

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora