CAPITOLO IX - Cenere

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"Il mio peccato è l'essere nata."

La fioca luce arancio della fata illuminava parte della boscaglia. Per la prima volta Anchin si mosse di notte senza usare la sua fidata lanterna.
Si percepiva un leggero vento fresco, il quale non costituiva un problema per entrambi.

– Quando ti ho osservato per la prima volta, i tuoi occhi trasmettevano malinconia; mi hanno ricordato i miei di qualche anno fa.

Tân era ad una decina di centimetri davanti a lui, svolazzando all'altezza del suo viso.
Passi cauti caratterizzavano la camminata dell'elfo; d'altronde il sentiero era fatto di radici scoperte e pozzanghere di fango. Il minimo rumore poteva attirare decine di bestie.
La fata proseguiva dritta, senza girarsi neanche per un momento.

– Che ne dici di farci due chiacchiere? Sembri un po' tesa.

– Non ho parecchio di cui parlare, la mia vita è stata parecchio patetica, però mi farebbe piacere.

Il tono soave della sua voce lasciava interdetto l'elfo su quanto potesse aver davvero sofferto.

– L'esistenza delle fate è tenuta segreta al grande pubblico; solo alcuni vassalli, la precedente stirpe imperiale e pochi curiosi sanno chi siamo. – iniziò, rallentando l'andatura.

– Come mai?

– Siamo una razza molto rara. Viviamo solo qui, a Xerafh, e non abbiamo un'aspettativa di vita alta; più o meno moriamo di vecchiaia verso i trent'anni.

Una flebile risata uscì dalla bocca dell'elfo.

– L'esatto opposto degli elfi... noi arriviamo anche a cinquecento.

– Io sono nata otto anni fa e sono l'unica della mia tribù a risplendere di una luce arancione, come avrai sicuramente notato.
Di norma emaniamo luce verde, azzurra, blu e raramente viola. Essa indica il tipo di energia che possiamo utilizzare, verde per alberi e roba varia, blu per l'acqua eccetera.

– Il viola cosa dovrebbe indicare? – chiese Anchin, barcollando tra dei rovi.

– Non lo so, non ho mai incontrato nessuno così.
Poi ci sono io, l'unica fata esistente che può controllare le fiamme.

– A proposito ho due domande: le fiamme più intense non sono azzurre? Poi, come fate ad utilizzare la vostra energia senza usare un catalizzatore magico?

La fata rimase in silenzio per qualche secondo, non si sarebbe mai aspettata domande così banali.

– Le fiamme azzurre sono solo più calde, ma la loro vera essenza risiede nel gestirle. I nostri poteri non sono dati da un fattore estetico ma dal nostro essere; sicuramente pensavi alle fate azzurre, loro sono come quelle blu però in una forma più debole.
Per quanto riguarda l'altra domanda: gli umani, gli elfi e i nani sono razze che sanno usare la magia, certo, ma solo con il trucchetto dei catalizzatori.
Diciamo che noi fate siamo fatte di energia "pura", è complesso da spiegare ma, come dire... non usiamo oggetti esterni perché per noi è come muovere un braccio, chiaro?

– Gli arailu, invece?

Tân si diede uno schiaffo, per poi girarsi verso Anchin con un volto irritato.

– Per l'Alchimista, non sai neanche questo?! Gli arailu sono derivati dagli esseri umani entrati a stretto contatto con la natura, la distinzione tra i due è solo esteriore.

Una leggera sensazione di sconforto lo pervase.

– Scusami, la mia memoria non è un granché.

La fata, sorpresa, si girò di scatto, riprendendo la strada.

– Scusami... non avevo idea...

– Stai tranquilla, ormai ci ho fatto l'abitudine. – disse, con tono allegro.

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora