CAPITOLO XXVIII - Avarizia

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I due erano accerchiati da milioni di occhi puntati contro; creature deformi li circondavano. Esseri umani, nani o elfi, erano coperti in parte da una muffa bluastra che faceva da arti o, addirittura, da organi. Un potente riflettore li accecava così tanto da non fargli capire la situazione intorno a loro.
Una rilassante musica, suonata da un pianoforte, un paio di bassi e qualche sassofono, alleggeriva la tensione.

– Il nostro campione ha ucciso ben quattro prefetti dei sou'li: il perverso Lussuria, l'infallibile Gola, il maestoso Ira e la fugace Invidia. Tre fratelli e la mia cara sorellina... che fine ingiusta, non trovate?

La folla batteva le mani e fischiava le sue gesta; sia Anchin che Tân erano confusi dalla situazione.
Un secondo raggio di luce, diretto sul terrazzo del secondo piano, gli fece intravedere chi parlava alla folla.

Aveva una forma umanoide, come tutti gli altri peccati, e la sua altezza era simile a quella dell'elfo.
Indossava un gilet grigio, dai dettagli di un rosso scarlatto. Al collo teneva legato un foulard completamente nero, ad eccezione di una perla azzurra al centro. Le sue braccia rachitiche erano rivestite da un vestito bluastro attillato, il quale si concludeva alle spalle e si dispiegava lungo tutta la schiena e coprendo per intero anche le gambe.

– Non dimentichiamoci dello sterminio della progenie di Lussuria, l'esercito più potente mai esistito, e della morte dell'Effige di Ira, il sou'li di sangue puro più potente dopo noi sette prefetti.

Il suo tono era pungente e irritante, nonostante dicesse solo cose veritiere.
Quelle parole uscivano dal suo sorriso a trentadue denti, appuntiti. Il volto, completamente grigio, mostrava due occhi dalla sclera e dalle pupille di tonalità rosse ben distinte; sembrava come se indossasse una maschera capace di muoversi. Afferrò il cappello a cilindro sulla sua testa con le unghie aguzze della sua mano destra, volgendogli un inchino.

– Mio caro Peccatore, mio caro Tristezza, il tuo zio Avarizia ti aspettava da tanto tempo.

Le corna sulla sua testa ricordavano in particolar modo le antenne delle formiche; il tutto era affiancato da lunghi capelli neri.

– Ora è arrivato il nostro momento di dare spettacolo.

Anchin teneva Ingruogh ben salda tra le dita; provava una strana sensazione di calore e nausea.
Puntò il nemico col l'arma, guardandolo in cagnesco.

– Prima di tutto, libera Rizaa; se non lo farai, non avrò pietà di te.

– Mio piccolo amico, vivi da molto tempo in questo mondo ma ancora non sai come funziona.
Avere una posizione di vantaggio è l'unica cosa che importa; d'altronde tu stesso l'hai avuta contro gli altri. Pensi forse che saresti riuscito ad uccidere Lussuria senza coglierlo alla sprovvista? Oppure di poter fare qualcosa contro Gola senza BloodLust? Non so se lo sai, ma la mia cara Invidia non voleva ucciderti; se avesse voluto non sarebbe stato così semplice colpirla alle spalle.

– Silenzio!

L'urlo dell'elfo fece scalpore tra i presenti.

– Oh... devo aver toccato un tasto dolente. Vediamo un po' se riesco a fare di meglio.

Anchin era pronto a lanciare l'arma, ripetendo il modus operandi adoperato contro Invidia. All'istante, la sua mano si svuotò. Perse la presa sull'arma, rimanendo di sasso.

– Questa la prendo io.

Nella sua mano sinistra il peccato stringeva l'arma divina; l'espressione di Anchin assunse un briciolo di paura, decisamente meno di quanta ne provasse realmente.

– La notte eterna durerà per altri secoli quindi abbiamo tutto il tempo per divertirci. Vediamo un po' da dove potrei cominciare... Che ne dici di una bella partitina a carte?

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora