CAPITOLO XXXIII - Macchina

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La fioca luce arancio illuminava il viso turbato della bambina, la quale si nascondeva dietro le secche gambe di Rizaa; non voleva farsi avanti per paura delle voci che giravano su Anchin.

– Non mi riconosci? – chiese l'elfo, stranito dalla sua reazione.

Attendeva con ansia un suo urlo di gioia e che gli piombasse tra le braccia, ma l'attesa si faceva sempre più pesante. Si rifiutava di parlare o di muoversi, rimase immobile a osservarlo. Dal fondo della stanza comparve un secondo portale, da dove spuntò la figura incappucciata che vide tra la folla.

– Allora eri tu, mi hai fatto prendere uno spavento, lo sai?

La donna scoprì il cappuccio, mostrando il suo volto irritato e i corti capelli rosati.

– Certo che lo so, quella gente vuole la tua testa su una picca e non ve ne siete ancora andati da questo postaccio.

Barcollò con lentezza, lasciando cadere a terra la mantella nera e togliendosi man mano gli stivali.
Si sedette sul bordo del letto di Rizaa, massaggiando la pianta dei suoi piedi.

– Certo che ne avete di coraggio voi tre. E te sei sua allieva? Piacere di conoscerti, io sono Chyla Noune.

Massaggiava con delicatezza usando la mano sinistra, mentre usò l'altra per presentarsi.

– Io sono Rizaa... Rizaa Shervin. Lei è la madre di Mhar, giusto?

– Certo... tesoro, perché sei dietro le gambe di Rizaa?

Tutti i presenti la fissavano, mettendola in imbarazzo. Si nascose con timidezza, tremante come una foglia.

– Cosa ci fate qui? – domandò l'elfo, fissando Chyla negli occhi.

Quello sguardo, un tempo cordiale e pacifico, era diventato più freddo; Anchin lo aveva notato e aveva paura di esserne la causa.

– Si può sapere cosa hai fatto a Tabril? Ero venuta per aiutarvi a raggiungere il prossimo peccato e l'ho trovato sdraiato per strada col morale a pezzi. La gente gli lanciava di tutto e la sua lancia era spezzata in due.

– È una lunga storia... piuttosto, cosa te ne importa di quel tipo?

Entrambi non erano contenti della piega che prese la conversazione; le spettatrici si limitarono a osservarli e a ridere di loro.
Con un rapido gesto, l'elfo porse i nuovi abiti di Rizza e la invitò a indossarli in bagno; ovviamente, Mhar la seguì.

– È grazie a lui che Ofel non sia diventata una landa senza vita. Senza di lui è Kitir a gestire la città, soprattutto perché qualcuno ha lasciato Rene mezza morta.
Quell'imbecille di Tabril mi ha chiesto di creargli un portale per Salantid e quando gliel'ho negato se ne è andato senza darmi spiegazioni. Si può sapere che gli hai fatto?

Il tono pacato e gentile si faceva più aspro e accusatorio. Anchin, al suo posto, rimase paziente.

– A questo punto lo darei per morto. Lì c'è Superbia, il più potente tra i sou'li, e se non è riuscito nemmeno a sfiorare Avarizia allora mi immagino che fine inutile abbia fatto.

– Come fai a dire certe cose di un tuo compagno?

– Vai con calma. Primo, non è un mio compagno, ma solamente un collega che odio; secondo, se l'ha voluto affrontare per dimostrare la sua superiorità allora ci ha davvero lasciati. Poi col suo caratteraccio non vedo che male ci sia nel liberarcene.

La donna smise di massaggiarsi i piedi e iniziò a guardarlo in cagnesco.

– Anche fosse, è una persona come tutti noi, non merita di certo una fine del genere.

L'assassino del Peccato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora