22. Stupore e Rabbia

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Harry si sentiva come intorpidito. Si ricordava vagamente di Silente, che lo aveva accompagnato fuori dal Ministero e insieme erano spariti in un lampo di luce, ma non gli importava. Si sentiva freddo, i brividi percorrevano la sua schiena come insetti. 'E' così che ci si sente sotto shock?' si chiese. Quando si era materializzato di nuovo a Hogwarts aveva avvertito una sensazione poco familiare alla base del naso, ma nemmeno quello riuscì a dissipare la confusione nella sua mente. In quel momento si trovava nell'ufficio di Silente con una tazza di tè tra le mani. 

"Harry, capisco quanto dev'essere difficile per te questo momento, ma mi devi dire di cosa parla la profezia" Il ragazzo sentì quelle parole riordinarsi in una parte remota della sua mente, e anche se non aveva mai sentito prima la profezia, sapeva esattamente di cosa si trattava.

"Un ragazzo nato a luglio sarà l'unico a possedere il potere necessario per sconfiggere Voldemort... o una cosa del genere. Posso andare ora?"

"No, Harry. Vedi, si tratta di una situazione molto seria, e mi spiace dover ammettere di averti nascosto alcune informazioni, pensavo che forse non saresti stato pronto"  Harry alzò lo sguardo verso Silente, tuttavia non mostrando alcuna emozione. Quali informazioni?

"Vedi" continuò Silente. "Tu e Voldemort avete una connessione"

"Be', direi che fin qui c'ero arrivato, grazie mille" lo interruppe il ragazzo. Silente lo fissò con uno sguardo di rimprovero e riprese a parlare.

"Quando eri un bambino, e il suo incantesimo ti ha colpito, lo hai distrutto, ma allo stesso tempo un pezzo della sua anima è rimasta in te. Questo è il motivo per cui puoi parlare con i serpenti, ad esempio"

Harry distolse gli occhi, rivolgendosi allo spettacolo delle stelle che splendevano luminose contro il buio della notte, attraverso le finestre dell'ufficio. Vide la protagonista di quello scenario, la luna, e pensò come soltanto il giorno precedente a quell'ora stesse dormendo, mentre quella sera si ritrovava con il cuore vuoto e spezzato, e le mani tremanti. 

"Harry, ho bisogno che ti concentri. So che è dura, ma..." 

"Ma cosa, eh? Me lo avrebbe potuto dire mesi fa! E poi perché è così importante, proprio ora? Ci sono un sacco di altri ragazzi nati a luglio che potrebbero sconfiggere Voldemort... lei lo ha quasi ucciso questa sera, non poteva semplicemente farla finita e risparmiare altro dolore? Non è giusto!" Harry esclamò, saltando in piedi.

"Siediti. Non sono io a essere destinato a uccidere Voldemort. Questo è il tuo destino, infatti. L'unica altra persona che potrebbe rispettare le indicazioni della profezia sarebbe soltanto Neville Paciock" 

"Ma, io lo devo... io non posso uccidere nessuno... no" Harry guardò in basso e deglutì nervosamente. 'Perché devo essere proprio io a farlo? Perché non lo può fare lui, stasera ci è andato così vicino...

"Harry, capisco che deve essere difficile per ..." 

"No, lei non capisce! Sa come ci si sente? Mi sento come se mi avessero appena strappato via il cuore, fa male! Perché non riesco mai a mantenere in vita nessuno? Era l'ultima persona che mi restava. E ora lui è... lui..." 

"Harry, lo capisco come ti senti, ma devi sapere che il dolore è ciò che ci rende umani" 

"E allora non voglio essere umano! Non voglio nemmeno essere vivo, se tanto tutto quello che ho mi sarà strappato via, pezzo dopo pezzo!" Urlò Harry, alzandosi in piedi. Scaraventò la tazza di tè dall'altro lato dell'ufficio, ma Silente non si scompose. Si alzò lentamente in piedi, e con le braccia aperte disse: "Harry, ti devi calmare" 

"No!" rispose lui, mentre le lacrime gli solcavano il viso. Girò i tacchi e se ne andò dall'ufficio. 

֍֍֍

Le lacrime si erano già asciugate da un pezzo sul suo viso, quando finì di camminare avanti e indietro di fronte all'ingresso del dormitorio Serpeverde. Non voleva che nessuno le vedesse, voleva soltanto nascondersi sotto le coperte. Infine entrò, e si affrettò a passare nella sala comune e salire le scale, cosciente del fatto che lo stavano osservando. Si accorse che Draco lo stava seguendo, ma quando raggiunse la sua destinazione non si voltò neppure, e sbatté la porta alle sue spalle. Si lasciò cadere sul letto, anche se desiderava più di ogni altra cosa l'abbraccio del ragazzo. 

Sentì dei colpi leggeri alla porta, e una voce: "Harry? Harry, sono io, Draco. Per favore, aprimi". Bastò un leggero colpo di bacchetta, e la porta si aprì lentamente. 

Draco entrò nella stanza con cautela, e subito non riuscì a vedere Harry, che sembrava un bozzo gigante sotto le lenzuola del suo letto. Si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla, ma il ragazzo non si mosse. 

"Harry?" provò a dire, ma non ottenne nessuna risposta, il bozzo restava immobile.

"Harry, che è successo?" udì quello che sembrava un singhiozzo, e a quel punto si preoccupò seriamente.

"Guardami" gli chiese, calmo. Le lenzuola si mossero, e poté vedere il viso di Harry: i suoi occhi erano rossi e velati di lacrime, che segnavano le sue guance. Draco non aveva ancora realizzato, fino a quell'istante, quanto Harry significasse per lui, finché non sentì che il suo cuore si spezzava alla vista del suo pianto. Si fece avanti con le braccia aperte, e Harry non esitò nemmeno un secondo prima di abbracciarlo come se fosse stato l'ultima pilastro in piedi in un edificio in rovina. 

Draco lo strinse forte a sé, e a quel punto Harry ricominciò a singhiozzare, il suo cuore era infranto per il lutto. Per Draco era straziante vedere una persona che significava così tanto per lui in quello stato. Era una situazione seria. Continuò a cullare Harry fra le sue braccia, accarezzandogli lentamente la schiena, finché lui non smise di piangere e appoggiò la fronte sulla sua spalla. 

"Che cos'è successo?" chiese di nuovo, calmo. 

Harry sospirò e rispose a voce bassa: "Il mio... mio padrino... lui è... lui..." cercò di dire, ma la sia voce si spezzò.

"Calmati, andrà tutto bene" lo rassicurò Draco. 

"Non è vero. E' tutta colpa mia se lui... la colpa è mia" rispose Harry, sfregandosi furiosamente via le lacrime dal viso.

"Non è colpa tua"

"Ma è così, se solo avessi dato ascolto a Hermione... ma no, devo sempre essere così idiota" disse, ed emise un profondo e tremante respiro. 

"Ascoltami, Harry, so che faresti di tutto per le persone a cui tieni, e anche se è stato un falso allarme, ti conosco e so che non avresti rischiato che il tuo incubo si avverasse, vero?"

"Io... è così"

"Non è colpa tua, okay?" Harry strofinò il suo viso sul collo di Draco, e mormorò qualcosa.

"Scusami, che cos'hai detto?" chiese Draco.

"Grazie. Sei il miglior ragazzo che potessi trovare" ripeté a voce più alta, alzando il viso rigato di lacrime, e Draco notò che doveva sentirsi molto assonnato. Continuò a stringerlo a sé, asciugando le sue lacrime e cullandolo, mentre mormorava una canzone che sua madre era solita cantargli da piccolo. Non gli importava che lo avesse definito il suo 'ragazzo' e, anzi, la sola idea di essere legato a lui gli aveva fatto provare una piacevole sensazione di calore nel petto.

Si sentiva molto abbattuto per tutto il dolore che Harry doveva affrontare, che poi era sommato a tutta la pressione e l'ansia per quello che stava accadendo nella sua vita. Draco decise che ci sarebbe stato per lui, lo avrebbe aiutato a superare lo sconforto, anche se l'estate era vicina e le lezioni di avviavano al termine. 

Quando Harry si addormentò, Draco gli tolse i vestiti e le scarpe, e gli mise il pigiama. Si stese accanto a lui nel letto, e prima di scivolare in un sonno tormentato, diede un bacio in fronte al ragazzo, augurandogli una buon sonno senza incubi. 




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