5. Il giardino che non vogliono più

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Quando l'automobile della Polizia se ne andò, mi girai con la pancia all'insù, contai fino a dieci e poi mi abbandonai a un sofferto e meritatissimo grido di dolore. Mi urlavano i gomiti e i polpacci. Ma poiché sapevo che il tempo poteva essere molto poco, mi sforzai di rimettermi a quattro gambe e raggiunsi la bici. La accarezzai con lo sguardo, sbirciai la strada e mi imposi di restare calmo, di ragionare.


Per prima cosa, bevvi.

Sentivo il cuore che batteva veloce, come un rintocco, una nota ipnotica, l'eco della paura che Lara Saoirse Roxanne aveva scaricato nel bosco e che io avevo inghiottito senza riuscire a schivarla.

Non c'era, ma non potevo contare sul fatto che se ne fosse semplicemente andata. Poteva passare da un momento all'altro. Poteva girare, tornare indietro e vedermi, lì, e allora non avrei avuto scampo.

Dovevo levarmi da quella strada.

E farlo il prima possibile.

Dovevo salire in sella e prendere il primo sentiero che trovavo, una deviazione qualsiasi per potermi poi di nuovo fermare a pensare con più calma.

Bevvi ancora.

Avevo il corpo rigido come uno scheletro, i muscoli imballati per la tensione, ma feci comunque saltare Azzurra sull'asfalto, e mi misi in piedi sui pedali per far girare il cambio lungo che avevo lasciato innestato. Decisi di andare nella stessa direzione in cui l'avevo vista sparire. E il Dio delle imprese improbabili mi ascoltò perché, alla prima curva, vidi un sentiero. Sul tronco di una quercia c'era la freccia gialla su sfondo bianco che indicava la presenza di un sentiero pubblico. Smontai ancora prima di raggiungerlo e spinsi Azzurra fino a un cancello di legno, chiuso da una bizzarra leva a molla, che serviva per evitare che ci passassero li animali. Avevo letto da qualche parte che c'erano più di duecento meccanismi di chiusura diversi per quei cancelli e alcuni erano così bizzarri che una volta, con Lukas, ci eravamo detti che sarebbe stata una grande idea andarli a cercare tutti e fotografarli. Ne avevamo già trovati una decina di diversi solo nei dintorni di Liverpool. 


Spinsi, tirai e feci passare la bici.

Dall'altra parte, il sentiero si infilava tra enormi cespugli di fiori bianchi, simili a quelli del ciliegio o del biancospino, profumatissimi. Mi inerpicai su una stretta salita e mi fermai quasi in cima, all'ombra di due alberi maestosi, da lì potevo vedere la strada da cui ero arrivato. Lasciai cadere Azzurra e lo zaino sull'erba, e, sempre con quel martellante rintocco nel petto, mi sedetti in mezzo a loro. Ero stravolto, e più che mai deciso a non farmi prendere. Divorai metà della mia scorta di panini e finii quasi del tutto l'acqua nella borraccia. E intanto pensavo a cosa dovevo fare. Esclusi di tornare in strada. Non potevo correre il rischio di incrociarla. Aveva visto la bici, e non ci avrebbe messo a fare due più due più due. La domanda, semmai era: dov'era andata, e a fare cosa? C'era stata una specie di emergenza, qualcuno aveva sbattuto in strada qualcun altro. Qualcuno che aveva camere di lusso. Avevo sentito un nome: Palè Hall. Era un hotel? Dove?

Tirai fuori il taccuino, le mappe dei sentieri e allargai tutto sull'erba. Cercai velocemente dove mi trovavo e poi cercai il nome sulla mappa.

Non c'era.

Passai a quella più grande.

Eccolo. Era un Relais & Chateaux, a un bel pò di miglia a ovest della mia posizione. Se Lara Saoirse Roxanne stava andando fin laggiù, potevo dirmi fortunato e proseguire dritto verso Sud. Ma se invece non era andata lì, ero fregato. Controllai i villaggi intorno a me e provai a indovinare dove poteva esserci la più vicina stazione di polizia della contea, l'ufficio da cui l'aveva chiamata Tom.

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