16. Le sorelle dei ciliegi

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In effetti, proprio a sinistra della cascata, dove i ciottoli più grandi diventavano ghiaietta e limo, c'era un sentierino che si infilava tra le primule.

Lo risalii, titubante, il prato di erba alta, punteggiato di anemoni e di bugole, su cui ronzavano le api. Mi aprivo la strada usando la ruota nuova di Azzurra come rompighiaccio, la scatola di biscotti in equilibrio sul manubrio, come il primo ufficiale. Di tanto in tanto un coniglio ci saltava davanti nell'erba, o un serpente strisciava velocemente lontano inseguito inutilmente da Shackleton.

Arrivammo a una barriera di caledonie, curve come una fila di minuscole lampioni sopra un viale di ciliegi. La strada era bianca, di gesso, il fondo dissestato dalle nervature delle radici, infossata sotto una fitta volta di rami.

Non oltrepassammo la doppia barriera di fiori e ciliegi: rovesciai Azzurra nell'erba alta e mi ci sedetti contro, insieme a Shackleton, schiacciando tutta l'erba intorno a noi come in uno di quei disegni degli Ufo, bene attenti che nessuno dalla strada potesse sospettare la nostra presenza. Mentre cercavo di decidere cosa fare cercai i nomi di tutti quei fiori e animali sugli opuscoli del Guardian e mi imposi di ricordarmeli come facevo con le canzoni del nonno, imparando a visualizzarli davanti a me. Il mio modo di ricordarmi le cose per sempre.

La torta era molto dolce, con una strana punta amara, diversa da quella dei miei ricordi, ma non per questo meno buona. Anzi. Me ne godetti un morso dopo l'altro, fin sulla punta delle dita. E mentre le ultime briciole sparivano dal muso di Shackleton nell'erba e già mi immaginavo la felicità delle varie colonie di formiche e insetti raccoglitori, mi risultò evidente che stavo tergiversando e perdendo tempo perché avevo paura.

E provai ad affrontarla.

- Che facciamo, Shake? - Gli domandai, quando fui pronto, girandomi a pancia a terra per studiare il viale alberato. I rami si protendevano alti sulla strada, come lo spartito di una sinfonia. Formavano e disfacevano risacche di ombre e luci.

- Magari è uno scherzo. O una coincidenza. Non è che Billy sia il nome più originale del mondo, non pensi? Quanti altri ce ne saranno, nelle case intorno? Due, tre, dieci?

Restai ad aspettare i pensieri di ritorno di Shackleton.

- Oppure era proprio un messaggio per noi, e allora è un bel mistero. Sarebbe molto scortese non presentarsi. Vero, Shake? Ci sono tre nomi, sotto ai cuoricini: Alis, Brynn e Creirwy. Sembrano un po' strani, ma sono nomi gallesi. E questa Alis è l'amica di Annabelle. Deve essere stata lei. Quindi che facciamo, eh?

L'erba si inclinava dolcemente intorno a noi, come una corona, e, nel piegarsi, sembrava anche spingermi a prendere una certa decisione. Che era tra l'altro la stessa di Shackleton.

- E va bene - decisi, confortato da quelle corrispondenze. Strappai con cura un lungo filo per infilarmelo nei denti come avrebbe fatto Steve Mc Queen, che era uno degli attori preferiti di papà. - Ma diamo solo un'occhiata, va bene?

Shackleton mi leccò la mano.

- Sì, giusto. Magari hanno davvero bisogno di aiuto.

E così scendemmo lungo la riva, con un frastuono di ruote e di catene che battevano sul cambio della Campagnolo. Il tempo di essere sicuri che non ci fosse davvero nessuno, e spinsi Azzurra verso la discesa, nella direzione in cui mi sembrava puntasse il viale. Ciondolavo con lo sguardo in quelle baldorie di luce, lungo il fitto tunnel vegetale e mi immaginavo già che di lì a qualche mese da quei stessi rami sarebbe iniziato un bombardamento di ciliegie rosse, che avrebbero butterato il fondo morbido della strada.

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