capitolo 14

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Jungkook non riesce a capire, stanno portando via il suo Tae, ma non riesce capire, la realtà nella sua mente è talmente contorta da non capire più nulla, cosa ha fatto Tae di sbagliato?

Segue gli agenti correndo – Non ne avete il diritto!- cerca di dire mentre spingono il grigio giù per le scale facendogli quasi perdere l'equilibrio.

Il poliziotto si volta verso di lui con sguardo di rimprovero- E' meglio che ritorni in casa.- afferma solamente facendo piegare la testa di Taehyung per farlo entrare nella volante.

-NO!TAE! NON POTETE FARLO!-urla terrorizzato, è egoista e lo sa, non pensa al suo fidanzato come tale, ma come suo unico sfogo, ma lui proprio non capisce cosa ci sia sbagliato, perché quegli anni che ha vissuto da solo, emarginato lo hanno segnato sempre più in profondo, la paura che sente crescere dentro di se, perché lui, Jeon Jungkook, ha paura.

Per questo piange, le lacrime che scendono disordinate lungo il suo viso, e jungkook non lo sa, non sa cosa fare, per questo cade per terra, per questo pensa che la sensazione dell'asfalto sia normale, che il dolore lancinante che lo percorre sia giusto, per questo quando il suo telefono vibra decide di ignorarlo.

Perché Jungkook non è se stesso da troppo tempo, anni? Non sa dirlo, forse mesi o solamente giorni.

Sa che qualcosa di morboso e sbagliato è cresciuto in lui senza fine, ma non sa cosa ci sia di male, davvero non lo capisce, non capisce perché ogni volta che guarda un ragazzo lo immagini sottomesso a lui, davvero non lo sa.

Non sa neanche perché il solo pensiero di quel bel professore lo ecciti così tanto, non lo sa, non se ne capacita, sa solo che quella sera lui si era trattenuto, si era trattenuta dall'urlare il suo nome, perché colui che immagina di sbattersi non era stato Tae, ma Yoongi e neanche per un istante aveva sentito i gemiti rochi del suo fidanzato, ma erano stati sostituiti dai ricordi spezzati del professore.

Il problema: lui non ci vede nulla di sbagliato.

Fissa così il tratto di cielo terso sopra di lui, la brezza lo fa rabbrividire quando viene a contatto con le sue lacrime, e lo sente, le sente le mani di Yoongi sopra di lui, come se fossero li a cingergli i fianchi a stringere il suo corpo.

Ma ancora una volta lui non vede nulla di sbagliato, il suo fidanzato è appena stato portato in una centrale di polizia, lui è steso sull'asfalto, potrebbe essere investito, ha del sangue sulle tempie, ma nulla lo distrae, guarda quello spiraglio di volta sopra di lui e immagina che ci sia Yoongi di fianco a lui.

Sorride, smette quando per la seconda volta il cellulare riprende a squillare nella sua tasca, con uno sbuffo lo sfila e osserva lo schermo-" sconosciuto" -una scritta bianca, sfondo nero e una foto profilo assente.

Con un'espressione apre la chiamata-pronto.- più che una domanda sembra un ordine, per questo la persona dall'altro capo della chiamata quasi sembra spaventata da quel tono insolente.

-pronto, Jeon Jungkook?- domanda, la voce bassa, quell'accento di Daegu, quel tono sfottò, Jungkook rimane a fissare lo sprazzo di blu sovrastante.

-sì.- risponde solo perdendosi nell'immensità di quell'acceso colore pastello e pensando solamente che non aspettava altro che la sua voce, seppur distorta dalla chiamata.

-ah, sono il tuo professore, Min Yoongi- dice ancora quella voce profonda e Jungkook non lo nasconde, quella voce gli piace un sacco.

-buongiorno- riesce a formulare sperando che il maggiore non lo prenda per pazzo, visto che ormai sono le sette di sera.

Yoongi si ferma un istante indeciso sul da farsi- ho saputo dell'arresto- gli pare una cosa sensata, d'altronde Jungkook ha 18 anni, può sopportare una notizia del genere.

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