Il gineceo è gremito di donne: vicine, parenti alla lontana, parenti di parenti, colleghe di mamma, stanno tutte facendo qualcosa: cuciono maglioni, maglioncini e calzini; chiacchierano; qualcuna legge a voce alta, qualcun'altra si lamenta; un'altra canta e l'altra suona. Io siedo sulla scrivania vuota con il librone di biologia in mano, la materia che più mi ha dato, dà e darà problemi. Fisso la pagina come se potesse muoversi e trasferire tutto il suo contenuto nel mio cervello, ma l'unica cosa sulla quale riesco a concentrarmi è la vicina che, all'orecchio, come una litania, mi sussurra la profezia. Respiro un paio di volte, sottolineo, mentre lei continua a sussurrare che se troverò il ragazzo che amo, morirò. Che stronzata colossale. Mia mamma la allontana preoccupata, per poi mostrarmi il millesimo centro tovaglia che ha cucito ed annunciarmi che andrà a fare la cena. Caccia via le ultime donne rimaste finché non rimango sola nella stanza: ha le pareti vuote di un rosa pastello, al centro della stanza c'è la scrivania nella quale son seduta, i lati invece sono occupati da vari divani, sedie e strumenti musicali. C'è anche una piccola libreria dove ci son romanzi in greco antico, ricettari e foto. Sospiro ancora, guardando la figura che mi presenta il libro: il dna con vari colori, qualche appunto affianco. Non capisco nulla. E non va affatto bene. Chiudo il libro stanca, per poi recarmi a recuperare il telefono. <Signorina hai solo un'ora per usarlo!> esclama mio padre, mentre torno nel gineceo e mi fiondo su un divano. Ho qualche notifica da Joy, dal club del libro che mi avvisa che da domani ogni mercoledì si incontreranno dalle 17 alle 18.30, il totale di crediti che assegneranno ed i libri che leggeremo, che mi soddisfano abbastanza. Un numero sconosciuto mi ha scritto: Grazie, sei stata gentilissima stamattina. A domani ;).
Ma certo, Timothée! Salvo il numero, rispondendogli di non preoccuparsi e dandogli appuntamento il mattino dopo all'ingresso. Spengo il telefono e lo metto nel cassetto della scrivania del gineceo, per poi recarmi a finire di preparare la cena con mia madre.
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La sveglia suona puntuale come sempre. Mi alzo, faccio la solita trafila, la colazione, la borsa e prendo il telefono. Mia nonna sta leggendo un libro mentre canticchia. Mi fermo a guardarla appoggiata allo stipite. <Dori questa storia è molto bella, è alla base della tua profezia> dice, alzando lo sguardo e posandolo sul mio, ancora assonnato. <Vuoi ascoltare? Tanto è presto, tuo padre sta ancora finendo di prepararsi> mi dice, mentre sposta lo sguardo in cucina, dove mio padre sta sistemando le tazze che io e lui abbiamo usato, i vari piatti e posate. Ci sorride, poi sparisce in bagno. Noto che è ancora in pigiama, quindi mollo zaino e telefono e mi siedo accanto a lei. <Questa storia è ambientata in Tessaglia, a Fere. Come ogni mito, c'è un re, Admeto, è una regina, Alcesti. Admeto è destinato a morire prematuramente, fino a quando Apollo, a causa di un torto compiuto nei confronti di Zeus, viene mandato, per punizione, a servire a casa di Admeto. I due stringono amicizia e così Apollo riesce a convincere le Moire, le responsabili della nostra vita, a non far morire Admeto. Ma ad una condizione> racconta. La seguo interessata e preoccupata: ci crede fino in fondo, perché mi guarda triste è dispiaciuta, come se avessi una malattia incurabile. Mio padre bussa, mantenendosi però un po' distante dal gineceo come sempre. Riprendo le mie cose, dò un bacio a mia nonna, che riprende la sua lettura e la sua cantilena, ed esco di casa.
Appena arrivata a scuola, scorgo le chiome dei miei due amici e li raggiungo. Li saluto allegramente, mentre chiacchieriamo del più e del meno. <Oggi siamo in laboratorio di scienze?> domando, frugando preoccupata nel mio zaino. <Sì> risponde Joy, facendomi tranquillizzare. <Se non ti dispiace, io sono in coppia con Lucas, me lo ha chiesto ieri pomeriggio prima che tornassimo a casa> mi annuncia la mia amica, facendomi roteare gli occhi al cielo. Lucas è un cazzone, gli vogliamo tutti bene, ma non fa nulla dalla mattina alla sera e si approfitta delle anime buone mie e di altre mie compagne. <Se vuoi puoi fare coppia con me, tanto non conosco nessuno> parla Timothée, schiarendosi la gola. <Sì certo va benissimo!> esclamo entusiasta, forse fin troppo: Joy solleva un sopracciglio preoccupata, facendomi tornare in mente la profezia. Sì, anche la mia amica super intelligente e razionale ci crede, ma tralasciamo.
La prima campana ci attira ai nostri armadietti, dove abbiamo il tempo di prendere penne e quaderni vari, poi ci rechiamo in laboratorio, dove la prof sta sistemando varie provette. Ci saluta e la salutiamo, mentre occupiamo varie postazioni. Io ed il nuovo arrivato prendiamo quella più vicina alla cattedra ma non troppo, in modo da vedere ma non essere visti. Ci sediamo: Timothée inizia a guardarsi intorno, mentre io apro il mio quaderno dove scrivo tutti gli appunti ed inizio ad impostare la scheda di lavoro. Il ragazzo sposta lo sguardo sul foglio che sto finendo di riempire. <Ecco, allora, questa è una scheda standard, nel senso che di solito usiamo questa, poi se ci chiede altro lo si aggiunge alla fine. Non è difficile, bisogna solo avere molta cura ed attenzione> lui annuisce, per poi copiarla sul suo quaderno. Nel frattempo, il laboratorio si riempie e tutti notano il ragazzo seduto accanto a me, soprattutto le ragazze, che gli lanciano occhiatine e ridacchiano tra loro. Le solite oche. Odiose. Il mio nuovo amico si sente in soggezione, ovviamente, cosa che mi fa innervosire ancora di più. Si ammutolisce ancora, finisce di copiare il suo figlio e fino alla fine dell'esperimento non proferisce parola, anche se come collaboratore è bravissimo, forse appunto proprio per questo suo silenzio. È solo timido, penso, è solo timido, su, anche Joy lo era. La campana suona, facendomi precipitare verso l'armadietto e prendere il cambio per ginnastica. Riccioli bruni mi raggiunge con più calma, dato che ha un'ora buca: lui ginnastica la ha il pomeriggio, dato che segue un corso specifico extracurricolare. <Scusa per prima, ma non mi son sentito a mio agio con tutte quelle occhiate addosso. Non è facile essere il nuovo arrivato, anche se cercavo di non farmi notare. Sei bravissima come collaboratrice comunque. La relazione per quando è?> chiede, prendendo il libro di matematica con un quaderno blu. <Macché tranquillo! Prenditi tutto il tempo che vuoi. Mi dispiace che ti sia sentito così, ma prima o poi passerà. La relazione è per mercoledì prossimo. Quando vuoi, ci sediamo e ne facciamo una unica e gliela consegniamo. Possiamo farla al computer, non so, come ti viene bene> propongo, chiudendo l'armadietto con la tuta sotto braccio. Annuisce. <Ci vediamo dopo> mormora, sollevando la mano in segno di saluto e sparendo in biblioteca. Sospiro, andando nello spogliatoio femminile.
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Έúδορε/Timothée Chalamet.
FanfictionChi deve morire è già morto; e un morto non è più nulla.-Alcesti, Euripide. Liberamente ispirato dalla tragedia greca.