Episodio 1

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9 mesi prima del mio diciottesimo compleanno.
Il mio ultimo primo giorno di scuola, wow. Chi lo avrebbe mai detto. Mi sembra ieri che stavo entrando per la prima volta, spaventata ma curiosa, a scuola. Chissà come sarebbe andata se avessi scelto altri corsi, altre amicizie. Sospiro, pensando che, anche se odio questo posto, mi mancherà tantissimo il suo clima e le persone che lo popolano.
<Dori siamo arrivati> mi dice mio padre, riafferrandomi dagli abissi della nostalgia. Gli sorrido, per poi slacciarmi la cintura e baciargli la guancia ruvida per la barba. <Grazie papà, ti voglio bene, buona giornata!> gli auguro, scendendo dalla macchina. Vedo in lontananza Joy circondata da due ragazzi: uno porta un cappello, una bombetta, è vestito con dei jeans ed una t-shirt bianca semplicissima. Siamo a metà agosto, fa ancora caldo, quindi il suo outfit non mi stupisce (a parte il cappello). La ragazza, invece, ha una gonna lunghissima, che le copre quasi interamente i piedi, a parte per le sue dita che sporgono, deducendo che porta dei sandali; ha una t-shirt a ghirigori e tiene in mano uni strumento nella sua custodia. <Ciao J> la saluto, poi rivolgendomi agli altri due, che molto probabilmente sono i suoi amici strani del corso di musica: stare con loro mi imbarazza ed innervosisce allo stesso tempo perché hanno un modo di comunicare tutto loro di qualche decibel più alto rispetto al normale. Forse è questo, non so. La campana porta Joy a salutarli, mentre prendono una strada diversa rispetto a quella verso la porta principale. <Non erano al college?> le chiesi, mentre Giulia, una ragazza italiana che vive in America da qualche anno, ci dà un foglietto con i nostri numeri di armadietti. <Guarda siamo vicine!> esclama, senza rispondermi. Ringrazio Giulia, che ormai è entrata in confidenza con me: so che c'è il suo zampino: sua mamma è amica della preside e lei, l'anno scorso, era rappresentante di istituto con me e spero che lo saremo anche quest'anno: siamo una bella coppia. <Macché figurati! È sempre un piacere farti piaceri! Quest'anno ti candidi?> domanda, mentre accompagna me e Joy agli armadietti. <Se ci sei tu ovvio, altrimenti no: quest'anno sarà impegnativo> sentenzio. <Ovvio che ci sarò! Squadra che vince non si cambia allora!> saltella. Annuisco ridendo, poi ci liquida per continuare a distribuire i numeri. <Che strano essere all'ultimo anno> dice Joy con una punta di tristezza. Annuisco, vedendo i ragazzi dei primi anni entrare con i loro genitori e qualche nostro compagno di corso. Ci avviamo verso l'aula di letteratura inglese, quando veniamo bloccate da un ragazzo, o meglio io vengo bloccata da un ragazzo: è molto più alto di me, magro, ha dei capelli ricci e un po' lunghi, scuri, quasi sul nero, gli occhi chiarissimi, la mascella rigida. Porta un paio di jeans attillati neri, una t-shirt bianca e delle converse nere. <Ciao, sei Eúdore giusto? Giulia mi ha assegnato a te per l'orientamento. Le ho fatto vedere i miei corsi e ha detto che sono tutti in comune con i tuoi> dice. Lo squadro ancora, incredula che un ragazzo così bello stia parlando con me. Mi ricorda una statua di Canova, forse per la sua pelle, o forse per la morbidezza della sua voce. Noto che arrossisce, sicuramente lo sto mettendo in soggezione. <Oddio scusami! Non volevo scannerizzerti, che maleducata che sono, lo faccio con ogni persona nuova perdonami! Sì comunque sono io. E tu sei?> chiedo, porgendogli la mano. <Io sono Timothée, piacere> sorride, stringendola. Ha le mani calde, anche esse morbide. <Lei è Joy, la mia migliore amica, anche lei ha corsi in comune con te> la presento. I due si sorridono. <Bene allora! Iniziamo il nostro tour no? J puoi dire alla prof che sto accompagnando Timothée in giro per la scuola?> lei annuisce, dandomi un abbraccio veloce e sparendo in aula. Inizio a camminare per il corridoio che si sta svuotando, mentre lui si guarda intorno: è molto timido e silenzioso, deduco. <Questo è il laboratorio di scienze, andiamo due volte a settimane, è molto interessante. La valutazione è basata all'80% sulle relazioni delle cose che svolgiamo qua, quindi ti consiglio di sceglierti un bravo compagno e di prendere appunti su ogni cosa che si fa o si dice: è molto precisa> spiego mentre gesticolo. Lui annuisce, poi proseguo verso la biblioteca che si trova praticamente a due stanze più in lá rispetto al laboratorio. <Questa è la biblioteca che è aperta praticamente sempre. Puoi studiare, fare fogli elettronici al computer, prendere libri in prestito. È molto comoda per le ore buche> continuo, mentre lui si affaccia. <Possiamo entrare?> chiede. Annuisco sorpresa e felice, dato che è il mio posto preferito. Si avvia tra gli scaffali colmi di libri di ogni sorta, mentre ne approfitto per fargli la tessera studente utilizzando le credenziali che ci son scritte nel foglietto datogli da Giulia. Mentre aspetto la bibliotecaria, mi giro a guardarlo: ha preso un libro, ha un'espressione corrucciata e sta guardando la trama interessato. <Eccoti qua> mi dice la bibliotecaria, una donna sulla sessantina. Le sorrido per poi ringraziarla e raggiungere Timothée. <Scusa se interrompo te ed il tuo idillio con il libro, ma dobbiamo andare altrimenti faremo tardi a matematica> sussurro, mentre lui si gira e annuisce. Fa per rimettere il libro al suo posto. <Non c'è bisogno, ti ho tesserato e puoi prenderlo> annuncio, porgendogli la tessera. <Grazie!> mi dice, sorridendo. Usciamo dal mio locus amoenus e mi avvio verso la mensa, che è davanti alla biblioteca. <Questa è la mensa, il cibo non è ottimo ma mangiabile. Non ti conviene mancare il venerdì perché fanno la pizza, che è l'unica cosa buona del menù> dico. Lui annuisce silenzioso, poi lo porto nel laboratorio di arte, di musica e di letteratura. Al suono della campana, lo conduco in aula di matematica, dove entrambi abbiamo la seconda ora. <Okay, ora abbiamo matematica. Non spaventarti né per la complessità né per il prof> ammonisco bonariamente. Fa una faccia confusa. <Tipo?> domanda, mentre entra in classe. Si siede in un tavolo rotondo vuoto. Mi siedo accanto a lui. <Il professore è un po' anziano e bizzarro, ecco. Passerà più tempo a raccontarci dei suoi gatti pestiferi che di matematica, per poi assegnarci esercizi impossibili. Ma non c'è da preoccuparsi, Joy è bravissima e son sicura che, oltre ad aiutare me, sarà contenta di aiutare anche te> affermo. Lui annuisce ringraziando e dentro di me penso che Timothée sappia solo annuire e mi viene da ridere ma mi trattengo: è solo timido ed io troppo estroversa. La mia migliore amica ci raggiunge qualche minuto dopo, seguita dal prof, che oggi ha lo sguardo di uno che vuole raccontare, per l'ennesima volta, delle sue mille avventure. Timothée lo guarda perplesso più volte, qualche volta ride nascondendosi dietro di me, alcuni momenti si accascia malamente su se stesso, in procinto di dormire. Ad un certo punto, quando tutto sembrava perduto, suona la campana, salvandoci dall'ennesima storia tragi-comica. Ci rechiamo tutti e tre agli armadietti. <Oddio non finiva più!> esclama riccioli bruni, aprendo il suo armadietto e tirando fuori il librone di biologia avanzata. <Già! Quando ha iniziato a raccontare del suo gatto ho pensato di morire di noia> concorda Joy, mentre penso a quanto sia pallosa biologia e quanto siano pallosi i corsi che ho scelto. Era un compromesso con i miei: invidiavo tutti coloro che studiavano in prevalenza materie letterarie, non mi piacevano quelle scientifiche ma non andavo malissimo. <Tutto bene?> mi chiede Joy. Annuisco, afferrando il librone di biologia. Timothée ci segue ed entriamo in aula.

Έúδορε/Timothée Chalamet.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora