7 mesi prima del mio diciottesimo compleanno.
Il campanello della casa della mia amica non smette di suonare. Faccio per alzarmi, poi mi rintano sotto le coperte, temendo che possano essere i miei genitori. Invece, la madre di Joy esclama di gioia. <Lucas entra! Come mai così presto?> guardo l'orologio sul comodino della mia amica e noto che son le 3 del pomeriggio. Mi sollevo dal letto, chiedendomi perché abbia dormito così tanto. Poi mi tornano in mente le ore di sonno perse negli ultimi due mesi circa e mi dò pure le risposte.
<Eúdore è nella stanza di Joy, credo che tu conosca la strada> sento che dice. Mi dò una sistemata veloce, poi il mio amico bussa. <Sì entra tranquillo> rispondo. Lui varca la soglia della stanza della mia amica e mi abbraccia, poi si stende sul letto appena rifatto.
<J mi ha raccontato tutto, proprio una brutta storia> mormora. <Se hai bisogno ci sono anche io, lo sai> mi dice, dandomi un bacio sulla fronte. Annuisco per poi ringraziarlo e chiedendogli come stia. <Bene dai, sono preoccupato e mi dispiace per te. Ci sarai la settimana prossima? J ha detto che hai paura di uscire perché sai che ti stanno cercando. A proposito, c'era Alessandro fuori da scuola> sicuramente divento bianca come un lenzuolo perché Lucas deglutisce. <Lui e Timothée si stavano per picchiare> prosegue. <Alessandro ha detto che se sapevamo qualcosa dovevamo parlare, che tu eri sua moglie, che non ti dovevi permettere ad andartene così, che aveva poteri di vita e di morte su di te, che dovevi stare a casa. Timothée non ci ha visto più ed è intervenuto, dicendogli di andarsene, che non aveva diritto di parlarti così e che eri libera di stare da sola o decidere di andare via> si ferma un attimo e mi fissa per qualche frazione di secondo, mentre sono immersa nel pensiero che dovrei tornare a casa e farla passare come una ragazzata irresponsabile. <Tu stai qui> mi dice il mio amico, come se avesse letto nella mia mente, per poi riprendere.
<Comunque, Alessandro ha riso in faccia a Timmy, lui si è incazzato e ha cercato di mollargli un pugno sullo zigomo, ma l'ho fermato e gli ho detto di lasciar perdere. J ha parlato con Alessandro dicendogli che non ti vedeva da ieri e che l'avevi chiamata stamattina da una stazione di autobus diretta all'aeroporto di New York per cercare di raggiungere Atene> finisce.
<Lui ci ha creduto?> chiedo speranzosa. Scuote la testa. <Secondo me no, insomma credo che conosca la tua famiglia e te abbastanza per arrivare al pensiero che non dormiresti mai in una stazione per autobus a 40 minuti da casa tua, per poi partire, sempre da sola, quando tu non l'hai mai fatto, dall'altra parte del mondo. Credo che i tuoi ci crederanno invece, ma continueranno a cercarti per settimane> dice. Sollevo le spalle afflitta, mentre il suono del campanello riecheggia nella casa. Chiudo la porta della stanza, tendendo comunque le orecchie. Sento la voce di mia madre, insieme a quella di mio padre: sono incazzati. <Ciao Mary possiamo entrare? Eúdore è scappata di casa stanotte, siamo andati a scuola ma non c'era, non è che possiamo aspettare? Magari era a scuola e non l'abbiamo vista. Tanto esce tra due ore no? È un problema?> chiede mia madre con la sua vocina mielosa. Faccio lentamente girare la chiave della stanza, poi mi siedo per terra con la schiena contro il legno. Lucas mi stringe la mano: mi sento una bambina e lui mi ricorda Enea, mio fratello. Lo guardo, poggiando la testa sulla sua spalla. Silenziosamente, ascoltiamo i miei genitori parlare, Lucas ascolta i progetti che hanno per me, progetti che non voglio e che mi sento incollati addosso, così come i loro occhi, così distanti ma così ossessivamente puntati su di me. Il mio amico riceve un messaggio da Joy che chiede se i miei siano a casa. Le sue dita veloci rispondono di sì, mentre io sento l'ansia crescere. <C'è anche Timothée con lei> per poco non mi strozzo con la saliva che stavo deglutendo. Sussurro disperata : <Non posso farmi vedere così> . Il mio amico ridacchia, poi mi fa cenno di cercare qualcosa nel mio zaino e lavarmi veloce nel bagno, mentre lui continua ad ascoltare.
Trascorre mezz'ora, finché Joy e Timothée fanno il loro ingresso: sento le voci dei miei che si presentano, della mamma di Joy che si unisce al giro di presentazioni, poi le domande su di me. <Oggi è venuto Alessandro a scuola a chiedere di Dori. Credo che lui vi abbia riferito> domanda. I miei dicono di non sapere nulla, che loro si son recati stamattina durante le lezioni per cercarmi, non trovandomi, e che avessero semplicemente sbagliato a guardare. <Noi non abbiamo mandato Alessandro a controllare, assolutamente, non sono ancora sposati, hanno ancora vite separate, non si fa così nella nostra comunità> ribatte mio padre, stizzito, ed il suo tono di voce sembra sincero. <Cosa gli avete detto?> continua mia madre. <Ho sentito Eúdore stamattina presto, chiamava da una cabina telefonica da una stazione di autobus di New York, era diretta in aeroporto, credo che voglia andare ad Atene, così ha detto> risponde la mia amica, sicura, come se stesse dicendo un dato matematico di una scoperta scientifica. I miei sospirano. <Eúdore non ha mai viaggiato da sola, non lo farebbe mai> esclama mia madre, sull'orlo di una crisi di pianto. <Lei mi ha detto così, magari sta da un'altra sua amica, non so. Non la vedo da ieri, mi dispiace> dice, dispiaciuta. <Tu? Cosa sai di Eúdore?> urla mia madre accusatoria, sicuramente a Timothée. Sto per mettere la mano sulla chiave per girarla, ma Lucas mi blocca. <Signora mi dispiace che una ragazza come Eúdore sia dovuta scappare via dalla sua stessa casa e che magari sia in pericolo, ma non è colpa mia, mi dispiace davvero. Non la vedo da un paio di giorni> risponde, con la una voce sommessa, come se stesse annunciando la mia morte. Appena mi ricordo della profezia, il sangue cade automaticamente dal mio naso, facendomi indietreggiare. Il mio amico si precipita nel bagno, prende la carta igienica e tampona senza successo. Prego che smetta, ma continua e continua. <Cazzo stai macchiando tutto> sussurra Lucas frustrato. Nel frattempo, sento i soliti capogiri, la solita stanchezza. Vedo che smanetta il telefono, poi sento la voce della mia amica che si congeda dai miei genitori, che vanno via. Lucas apre la porta della stanza. <Attenti che c'è sangue ovunque> avverte. Joy chiude la porta a chiave di nuovo, poi si precipita da me. <Tieni gli occhi aperti e stammi a sentire: ti proteggiamo noi, tra un po' torni a scuola, adesso calmati> mi dice. Tengo la testa all'indietro, concentrandomi sul soffitto bianco del bagno e la luce della lampada sul soffitto. Inizio a pensare al Partenone di Atene: l'ultima volta che l'ho visto ero con mio fratello, eravamo da soli e mi stava portando in giro per la città, pur entrambi conoscendola a memoria. Poi mi focalizzo su uno dei miei miti preferiti della cultura latina, quello di Orfeo ed Euridice, seppur triste. E poi inizio ad avere come delle visioni: vedo me e Timothée tenuti per mano, in una grande casa, poi io che perdo sangue a fiotti e perdo i sensi. <Eúdore mi senti, sono Timothée> mi dice il diretto interessato. Annuisco. Altre visioni si stagliano davanti a me, spezzettate: il mio diploma, il mio matrimonio con Alessandro. <Sto> mormoro. Lucas si sta torturando i capelli. <Sto avendo delle allucinazioni> dico. <Dori, tieni la testa all'indietro> mi dice Timothée. Faccio come mi dice lui, mentre la mia nuca si scontra contro la sua mano aperta, che poi va a tenere la mia testa. Mi avvicina un fazzoletto bagnato con l'acqua e tampona. Il sangue si riassorbe, e io mi vedo nello specchio pallida, mentre riprendo un po' di colorito. Ringrazio il ragazzo dietro di me, mentre mi avvicino ad abbracciare i miei due amici terrorizzati, per poi pulire il casino che ho fatto. Successivamente, ci sediamo sul letto di Joy. <Che allucinazioni hai avuto?> mi chiede Lucas: è il più spaventato tra tutti. <Il matrimonio con Alessandro, il mio diploma, una casa grande> dico. J annuisce. Timothée è perplesso, così come Lucas. <Voi due sapete qualcosa ma non la direte a noi poveri mortali vero?> dice riccioli bruni ridacchiando. Io e la mia amica ci guardiamo scoppiando ridere. <Son stronzate tranquilli>.
Parliamo del più e del meno fino a quando i due ragazzi son costretti a tornare a casa per la cena. Prima di andare, però, Timothée mi chiede: <Ci sarai domani?> Scuoto la testa. <Ti porto degli appunti okay? Così ho una scusa per vederti> mi dà un bacio sulla guancia e sparisce con Lucas tra le strade gelate.
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Έúδορε/Timothée Chalamet.
FanfictionChi deve morire è già morto; e un morto non è più nulla.-Alcesti, Euripide. Liberamente ispirato dalla tragedia greca.