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Il letto è freddo. Mi giro e rigiro continuamente, mentre sento mia sorella che respira lentamente. Afferro il telefono per controllare l'ora: le 2.30. Sospiro, sapendo che non mi riaddormenterò più e che domani a scuola sarò distrutta. Poso il telefono e guardò il soffitto: penso a Lauro, a quanto stavamo bene, a quanto stava andando bene. Adesso lo sento distante, freddo, come se non avessimo alcun tipo di rapporto, come se fossi una parte separata a sé, completamente, come se fossimo due estranei, come la sera che sono andata da Edo e ho iniziato a vivere con loro in quella stanzetta vuota. Sospiro ancora, provando ad inviare un messaggio al telefono di mio cugino, che naturalmente non risponde. Provo, allora, a contattare Aria, ed anche lei non risponde, facendomi sbuffare. Decido, allora, di scendere in salotto e piazzarmi davanti alla TV, cercando qualche programma carino, ma trovo solo programmi spazzatura. Decido, infine, di mettere un canale dove trasmettano musica e cullata da una canzone a caso, mi addormento.
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Un rumore di posate mi martella nelle orecchie, mentre noto che la TV è spenta e mia madre e Fabio stanno prendendo il caffè, mentre Elena mangia i cereali. Mi sollevo dal divano e vado a prepararmi per la scuola, ancora nel mondo dei sogni. Faccio appena in tempo, perché mia mamma e mia sorella sono già in macchina quando esco, e mi danno uno strappo. Entro in classe 30 secondi prima del suono della campana. Occupo il solito posto, mentre quello accanto a me è ancora vuoto: dovrò aspettare 10 minuti per vedere che si riempi con la figura alta e magra di Giulio. Mi avvicino ad Aria, Andrea e Tommaso che parlottano allegramente, ma appena arrivo io si ammutoliscono. <Buongiorno. Che dicevate?> domando stranita. La mia amica mi fa il gesto "dopo", mentre i miei due compagni inventano scuse orribili. Appena arriva la prof, ci sediamo ai nostri posti. Inizia a fare l'appello, finché qualcuno non bussa alla porta: fa capolinea la testa del mio compagno di banco, che si siede accanto a me in silenzio e sgranocchia le sue noci e il suo succo proteico. Lo guardo con una faccia schifata, facendolo sorridere, per poi rispondere meccanicamente "presente". Inizia la lezione e mi perdo a prendere appunti.
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Corro fuori da scuola, stavolta non c'è nessuno che mi venga a prendere, o almeno così credevo. In lontananza, vedo la moto di Edo. Con Edo sopra. Quasi mi cade il libro di letteratura inglese per terra. Mi avvicino perplessa, il cuore a mille. E quando sono di fronte a lui, lo abbraccio e mi abbandono a lui. Mi rivela che ha preso le mie cose, che starò di nuovo da loro, che mia madre gli ha urlato contro le peggior cose, ma che non era il mio posto. <Sali che Lauro ti aspetta> mi dice, mentre mi stringo a lui dopo aver messo il casco. È tutto così bello, forse fin troppo, ma decido di godermi questo momento finché dura. Arriviamo a casa, dove Lauro è in cucina a preparare il pranzo. Appena ci sente arrivare, molla tutto e mi prende in braccio abbracciandomi. Lo stringo forte a me, dimenticandomi di tutti i dubbi della notte prima, pur avendo una sensazione strana. Ci baciamo. E mi sembra che tutto sia a posto. O quasi.

Leggenda al quartiere/Achille LauroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora