15.

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In questo periodo la scuola è molto faticosa da seguire, perché è molto caldo e nelle aule c'è un'afa assurda.

Ho iniziato ad indossare le canottiere e qualche maglietta bucata, ma subito Josh ha fatto storie, dicendo che tutti mi guardavano e stronzate varie.

E poi dice che non è geloso...

Ho seguito per tutta questa settimana Giulia, e la destinazione era sempre quella misteriosa casa sul mio stesso vialotto.

Non ho scoperto più nulla e la cosa è alquanto strana: da quando ho iniziato a seguire Giulia non circolano più voci strane sul mio conto e in un certo senso mi tranquillizzo, anche se una piccola possibilità dice che la colpevole di tutto sia proprio Giulia.

<<Mi prendi un plumcake? Io vado un attimo a parlare con Giulia.>> Dico. Josh mi schiocca un bacio sulla guancia continuando a fare la fila.

Procedo a passo lento verso Giulia che se ne sta in solitudine sul cellulare.

<<Ehi>>, sorrido.

<<Ciao. >> Risponde semplicemente.

Non è per niente stupita della mia presenza, è del tutto indifferente.

<<Come va?>> Riprovo a far partire un discorso.Vorrei chiederle molte cose, riallacciare il rapporto e diventare come prima. Tutta questa pressione temo l'abbia sentita anche lei.

<<Bene>>, continua a rispondere freddamente.

Guardo Josh che sta ancora in fila, così sospiro <<senti mi dispiace... veramente.>>

Lei finalmente alza lo sguardo, posando il cellulare.

<<Ah davvero? Ti dispiace per cosa? Per avermi trattata male una settimana, per avermi seguita tutto il tempo, oppure per avermi dato la colpa di diffondere stronzate su di te?>>

Rimango di sasso e mi sento molto imbarazzata in questo momento. <<AH... perciò sai che ti abbiamo seguita?>> Dico semplicemente.

<<Bè, non sono stupida e né tu né i tuoi amichetti avete fatto tutto pulito.>> Mi fa presente.

Rimango in silenzio e abbasso di nuovo la testa, mi sento completamente in colpa per ciò che ho fatto.

<<Quindi? Dopo avermi seguita, immagino che tu abbia scoperto qualcosa di stupefacente>> , continua.

<<No...>>, borbotto.

Mi sento un sacco osservata, perciò la prima cosa che mi viene in mente di dire è quella di uscire e andare a parlare in giardino.

Ci sediamo su una panchina, sotto l'ombra di un albero. Giulia si accende una sigaretta e nonosante l'odore del fumo che odio, cerco di evitarlo.

<<Perché tutti i giorni andavi in quella casa?>> Chiedo. Voglio sapere chi ci abita, perché era diventata la sua tappa fissa e che cosa faceva lì.

Lei fa un tiro <<intendi quella dopo la casa Martino?>>

Annuisco.

<<Mh... è casa di mia zia, quella. E' da più di un mese che ogni pomeriggio vado da lei perché vedi...>>, fa una pausa <<... mia zia, soffre di schizzofrenia da molto oramai, ma negli ultimi periodi la sua malattia l'ha portata a fare gesti inconsulti. Per via del lavoro dei miei, ogni giorno, almeno per una o due ore, devo andarla a badare, perché zio da solo non riesce a tenerla sotto controllo. Basta poco sai? Anche solo parlare di cosa è successo durante la giornata, o raccontarle una storia o semplicemente farle compagnia.>>

All we are (la storia finisce così...)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora