Capitolo Diciottesimo

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Quando il sole era sorto, il giorno avvenire, Meizhen si era messa subito a lavoro pur di tenere la mente occupata

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Quando il sole era sorto, il giorno avvenire, Meizhen si era messa subito a lavoro pur di tenere la mente occupata. La giovane aveva sgridato gli eunuchi inefficienti per poi dirigersi nelle cucine e beccare Xun'er infilare qualche baozi nelle larghe maniche del qipao rosa, per portarli a chissà chi.

Spazientita, Meizhen si era diretta nel giardino armata di forbici. Le rose nei vasi stavano appassendo nella sala da giorno, e non sarebbe stato di buon auspicio permettere alla Concubina Imperiale Shan di respirare l'odore dei fiori morti. Tuttavia, neanche il compito più arduo riusciva a occupare la mente della dama di corte.

Meizhen sedette sull'erba, incurante della sporcizia che avrebbe potuto attaccarsi alle sue gonne. Alcune rose giacevano già al suolo, chiedendo di essere raccolte, ma la giovane non aveva alcuna voglia di prenderle. Voleva solo piangere, come non si era permessa di fare dopo il banchetto. Pensare a ciò che aveva fatto Deming le spezzava il cuore.

La guardia non si era neanche opposta al volere dell'imperatore, non aveva cercato di intercedere per lei. Non aveva fatto niente. Assolutamente niente, se non accettare con gioia e gaudio la proposta di fare ufficialmente parte del clan Dinggiri Hala, a discapito delle conseguenze.

A discapito della loro relazione.

Quel tradimento bruciava più di quello che Eryue le aveva inflitto. Per lo meno la sorella aveva cercato di farsi perdonare, in qualche modo. Deming, invece, non aveva avuto neanche il coraggio di venirle a parlare dopo aver ridotto il suo cuore in mille pezzi.

Meizhen afferrò con cura le rose e si alzò in piedi, il sacchetto qingyang che Deming le aveva regalato dondolava ancora sulla gonna verde smeraldo, unico ricordo di un amore che non sarebbe mai più tornato. Meizhen non se lo sarebbe tolto, tutto sommato era bello.

La dama di corte venne scossa da un tuono dirompente, che la fece sussultare. Forse era davvero il caso di tornare dentro prima di inzupparsi, del sole non vi era la minima traccia e le nuvole erano diventata talmente nere da sembrare essere cariche di fumo. La giovane si mise dunque in piedi, ma prima di potersi dirigere sotto la veranda venne richiamata da una voce che ben conosceva.

«Meizhen!» urlò Deming, fermo dinnanzi le porte di palazzo Yonghe. Era piegato in due, le guance rosse a causa della fatica e il respiro ridotto a un ansimo continuo.

Meizhen si irrigidì, sapendo di doversi appellare a tutto il suo coraggio per affrontarlo. Così, la donna strinse le rose, sentendo le spine penetrare a fondo nella carne, e si girò, scagliando a Deming uno sguardo glaciale. «Shàoye

Deming si ricompose come meglio poté, sistemando la blusa rossa sulle spalle, poi avanzò verso di lei, cercando di mettere meno distanza possibile fra i loro occhi. «So che sei arrabbiata per quanto è successo ieri notte, ma vorrei parlare con te.»

«Parlare di cosa? Del tuo imminente matrimonio?» sibilò Meizhen, che non aveva alcuna intenzione di farsi umiliare anche da lui. Il principe Haoran aveva ragione, da quanto era entrata a far parte della Città Proibita non aveva fatto altro che sopportare il dolore degli altri, ma nessuno si era mai caricato del proprio. «Mi fidavo di te, Deming. Speravo che i tuoi sentimenti nei miei confronti fossero sinceri.»

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