Capitolo Settimo

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Deming abbandonò il dormitorio delle guardie, quella mattina, vestito come un popolano: una semplice casacca marrone, aperta sui fianchi, gli sfiorava le caviglie, e dei pantaloni neri gli fasciavano le gambe, mentre ai piedi calzava dei comodi st...

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Deming abbandonò il dormitorio delle guardie, quella mattina, vestito come un popolano: una semplice casacca marrone, aperta sui fianchi, gli sfiorava le caviglie, e dei pantaloni neri gli fasciavano le gambe, mentre ai piedi calzava dei comodi stivali grigi. A passo lesto, il giovane si avviò verso la Porta della Divina Potenza, la cui soglia era oltrepassata da carri trainati da buoi e da mercanti intenti a trasportare nel palazzo viveri e oggetti preziosi.

Deming si fermò davanti le immense porte rosse, rivolgendo un cenno di saluto a Baowei. L'amico stava di guardia, sostenendosi a una lancia. La calura estiva lo aveva reso fiacco, tanto che varie gocce di sudore colavano dalla sua fronte. «Ti diverti, da ge

«Non sai quanto» rispose lui, ironico. Dall'esterno provenivano i canti e le urla degli abitanti di Pechino, in visibilio durante il giorno del mercato. «Che cosa ci fai qui, Deming? Sbaglio o è il tuo giorno libero? Dovresti andare a visitare tua madre. Ricordi, i doveri filiali?»

«Stavo per andare, ma voglio cogliere prima l'occasione per accompagnare una persona» sorrise furbesco il giovane, voltandosi verso il largo corridoio del palazzo. Meizhen era proprio lì, si stava accingendo a raggiungere le porte in tutta calma, coi capelli abbandonati lungo la schiena e due fermagli di giada incastrati in un nugolo di ciocche dietro la nuca.

«Qualcuno ha fatto colpo» lo derise Baowei, pizzicandolo con l'estremità piatta della lancia. «Mi raccomando, non farla fuggire. Sarebbe una buona compagna per te. Proviene da una famiglia prestigiosa, anche se si dice sia maledetta.»

«Per quale ragione?» domandò Deming, stranito.

«Suo padre, il generale Fu, non è riuscito ad avere figli maschi. Si pensa sia stata la sua prima moglie a maledirlo, e Meizhen è la primogenita...» lo avvisò Baowei, chiudendo le labbra nel momento in cui la dama si fermò dinnanzi le porte, con un sorriso divertito sulle labbra carnose.

«Mi aspettavi, shàoye?» gli domandò Meizhen, incrociando le braccia sotto al petto. Indossava una casacca gialla, dalle maniche larghe orlate di seta bianca, e una gonna qun color smeraldo che ricadeva gentile a nasconderle i piedi.

Deming abbozzò una risata e annuì. «Ieri, quando il principe Haoran ha proposto di condannarti a una così infame punizione, ho pensato che sarebbe stato giusto accompagnarti.»

Meizhen non lo rifiutò, decidendo di affiancarlo. «Non ho mai incontrato un uomo tanto premuroso quanto te, shàoye. Accompagnami al mercato, magari renderai questa afa un po' più sopportabile con la tua presenza.»

«Vedrai che ci divertiremo» esclamò Deming, afferrandole un lembo della manica per portarla con sé oltre Porta della Divina Potenza. I due si introdussero fra le case e le villeggiature dei cittadini, lasciandosi trasportare dall'aria festosa del mattino.

I venditori ambulanti erano posti a ogni angolo della strada, i bambini correvano e si spintonavano da una parte all'altra, mentre le donne osservavano con occhio critico le stoffe e i gioielli di seconda mano che i mercanti facevano passare per tesori di prima qualità.

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