Capitolo Quindicesimo

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Meizhen si massaggiò le dita indolenzite e posò sulle cosce il fazzoletto di seta che aveva ricamato per Deming. A un lato del tessuto quadrato spiccava il profilo di un pavone dalla coda variopinta, lucente quanto i raggi del sole mattutino. La dama aveva impiegato tutta la notte per portare a termine il suo lavoro, senza chiudere occhio, ma non ne aveva risentito. Non avrebbe comunque potuto dormire.

Eryue aveva richiesto la sua presenza nella camera da letto, e l'aveva trattenuta fino all'alba. Ora la Concubina Imperiale Shan giaceva sul materasso con lo sguardo rivolto verso il soffitto, le dita intrecciate sul ventre e gli occhi gonfi di pianto. «Secondo te sua maestà mi perdonerà?»

«Meimei» sospirò Meizhen, posando l'ago e i vari fili azzurri e verdi all'interno di un cestello in mogano. «Lascia che ti dica una cosa: l'imperatore non deve perdonarti, dovresti essere tu a trovare la forza di perdonare lui. Non ti ha creduto, trattandoti come se non valessi niente. Non merita di guardarti in viso. Tu vali troppo per lui.»

Eryue sospirò e si mise a sedere. Le tende del baldacchino erano state legate ai lati del letto, così che la Concubina Imperiale potesse avere una visione completa della stanza e non si sentisse occlusa. «Hai ragione, si è stufato di me. Non sono stata altro che un gioco.»

Meizhen si alzo dal pavimento e nascose il fazzoletto sotto lo scollo della veste, per poi sedere al fianco della sorella. Le posò una mano sulla spalla, fasciata dalla veste da notte color oro, e le sorrise con fare rassicurante. «Gli faremo vedere insieme a che cosa ha rinunciato, d'accordo? Questa sera ci sarà il compleanno della Nobile Consorte Chun e tu dovrai splendere più di ogni altra concubina. Quando l'imperatore ti vedrà, non potrà fare a meno che guardarti. A dispetto di tutte le altre.»

Eryue abbozzò un sorriso e le prese le mani, aggrappandosi a lei come aveva sempre fatto, fin dall'infanzia. «Jiejie, pensi davvero che riuscirò a sembrare bella? Ho gli occhi gonfi e...»

«Le donne, quando portano una vita in grembo, diventano radiose. Tu sei piena di grazia, Eryue, e la bellezza è una virtù che ti è sempre appartenuta» rise Meizhen, dirigendosi verso i bauli per cercare un abito adatto all'occasione. Doveva scegliere il migliore, per sua sorella.

La concubina, però, si alzò dal materasso e andò a sedersi di fronte lo specchio rotondo, pettinandosi i lunghi capelli neri. «Eryue... Mi mancava sentire il mio nome, jiejie. Da quando mi trovo nella Città Proibita, le persone non fanno che chiamarmi con il soprannome scelto da sua maestà. Lui ha creato la Concubina Imperiale Shan, e poi l'ha distrutta.»

Meizhen strinse un qipao cremisi fra le mani e si voltò di scatto a guardare la sorella. Da quando Eryue era entrata a far parte dell'harem, era cambiata. Della ragazza spensierata e gioiosa che era stata non era rimasto nulla, se non la sua ombra. «No, meimei. Non devi permettere a te stessa di crollare a causa di un uomo. Fosse anche l'imperatore in persona. Ricordati che tu sei preziosa, a prescindere dalla tua posizione a palazzo.»

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