Capitolo Ventiseiesimo

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Deming si inchinò per tre volte, davanti agli antenati, ai genitori e, infine, alla sposa

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Deming si inchinò per tre volte, davanti agli antenati, ai genitori e, infine, alla sposa.

La nuova mansione in cui il giovane avrebbe alloggiato si trovava in uno dei distretti più altolocati di Pechino. Si trattava di una casa circondata da un vasto giardino e ben due strutture dai tetti arcuati, coperti di tegole nere. Quel giorno, però, tutto era ammantato di rosso, il colore della prosperità, della vittoria e del matrimonio.

Sua madre, Xing, si era presentata al ricevimento avvolta da un pregiato qipao arancione e, sorprendentemente, il marito l'aveva seguita, pur sostenendosi con un bastone. Deming non aveva quasi riconosciuto il padre, vista la sua magrezza e il suo repentino invecchiamento, ma gli era bastato notarlo sorridere per sentirsi fiero di se stesso.

Alla fine del rito, Deming strinse un lembo di seta rossa, che venne dato anche a Yifan, ancora coperta da un velo d'organza. Al centro delle due estremità vi era un grosso fiocco, che simboleggiava felicità per i due sposi, i quali si rintanarono all'intero di una camera da letto. Deming posò il fiocco all'altezza del tavolo, sopra cui erano stati disposti cibi e vivande di ogni tipo, mentre Yifan, silenziosa, andò a sedersi su un grande letto matrimoniale. Le tende del baldacchino erano legate sugli stipiti di legno e sopra le coperte erano stati adagiati alcuni semi di loto, che avrebbero aiutato la giovane a restare gravida la prima notte di nozze. Era tutto perfetto, eppure, Deming si sentiva incompleto.

Il giovane cercò di non pensare a quella mancanza e si avvicinò alla sua sposa, sollevandole il velo sopra l'acconciatura, abbellita da una corona dorata di rubini brillanti.

Yifan, invece di sorridergli, cacciò un'occhiata di superiorità nei suoi riguardi. Era indomita.

«Non dovresti guardarmi così, ora sono tuo marito» sibilò il giovane, facendo cadere il velo al suolo.

Yifan sbuffò, incurvando le labbra color sangue in un sorriso. Le sue dita, nascoste da copri unghia affilati, si posarono sulla corona. «Malauguratamente, sei mio marito. Dimmi, ti senti già potente? D'ora in avanti sarai considerato un mancese e avrai l'onore di indossare una piuma di pavone sul tuo cappello. Nessuno potrà guardarti dall'alto in basso.»

«Già, nessuno.»

«A parte me» sibilò Yifan, lanciando la corona a un lato della stanza. I rubini saltarono un boato, ma Deming rimase fermo, con gli stivali piantati sul pavimento e la veste cremisi che cominciava a pesare sul corpo affaticato. «Io non ti amo, Ru Deming. Io ti disprezzo.»

L'uomo incurvò le labbra in un sorriso e afferrò le guance della moglie fra le dita, stringendole con forza. Era già riuscito a dare del filo da torcere al principe Haoran, non si sarebbe lasciato intimorire dalla sua vecchia amante. «Yifan, non sono una persona paziente. Non più. Perciò decidi: preferisci rispettarmi come marito e venire ugualmente rispettata come moglie, oppure dichiararmi guerra?»

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