Capitolo Quarantaduesimo

189 31 60
                                    

Meizhen scosse con violenza un cestino colmo di bacchette legnose, ma quando due di queste caddero al suolo, smise di rendere omaggio al Buddha della sala An Hua

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Meizhen scosse con violenza un cestino colmo di bacchette legnose, ma quando due di queste caddero al suolo, smise di rendere omaggio al Buddha della sala An Hua. Quell'enorme statua era stata costruita interamente in oro, abili artisti avevano scolpito il sorriso sereno del Buddha e la sua mano destra, in particolare, sollevata verso chiunque si chinasse, alla ricerca di aiuto o di pace interiore.

Meizhen aveva tentato di immagazzinare pace, di non lasciarsi soffocare dalla rabbia, ma a quanto pareva non era servito a niente. L'astio, l'odio e la furia erano venuti fuori ugualmente, riempiendole l'animo di sofferenza, e se ne rammaricava.

Meizhen si chinò, posando i gomiti sul tappeto rosso che attraversava la sala An Hua, e scoppiò in pianto disperato. Non sapeva neanche a cosa fossero dovute quelle lacrime, voleva soltanto versarle e liberarsi da se stessa, dai fantasmi che la opprimevano, per rinascere di nuovo. Come un fiore di loto che, affondando le sue radici nel fango, sbocciava alla luce del sole.

«Furen...» mormorò Xun'er accanto a lei, posando una mano sulla sua schiena. «Non piangete.»

Meizhen non riusciva a smettere. Aveva di nuovo paura del futuro, di viverlo, di trovarsi davanti a scelte che l'avrebbero demolita poco a poco. «Non ci riesco, Xun'er. Non riesco più a mantenere compostezza. Mi dispiace solo che sia tu a dovermi vedere in questo stato.»

Xun'er sospirò appesantita, e si inginocchiò al suo fianco. Fra le braccia stringeva il piccolo Longfeng, che dormiva tranquillo, succhiando un pugnetto fra le labbra. «Invece dovete mantenere compostezza, anche se non lo volete. Un giorno vostro figlio crescerà e dovrete dimostrarvi forte per lui» la rassicurò la dama, accarezzandole il volto pallido. «Avete una brutta cera, furen, e le vostre nausee mattutine non sono passate. Siete certa di aver perso il bambino?»

Meizhen annuì, ricordando le fitte al basso ventre e il sangue che le aveva macchiato le gonne. «Sì» mormorò, alzandosi in piedi. Eppure non capiva, il suo ventre era ancora gonfio e le voglie non erano diminuite, anzi, aumentavano giorno per giorno. «O meglio, non lo so. Non ho voluto farmi visitare. Ho paura di sentire parole che potrebbero rendermi ancora più triste.»

Xun'er camminò insieme a lei fuori dalla sala An Hua, lasciandosi alle spalle le volute d'incenso che si innalzavano verso il soffitto. «E se invece veniste a conoscenza di una piacevole realtà? Ho visto alcune donne avere delle perdite di sangue durante la gravidanza, per via di traumi o di debolezze, ma i loro bambini sopravvivevano. Io penso che anche il vostro sia vivo, furen. Datemi retta e andiamo da Yentan, cosa ne dite? Parlerò io con lui.»

Meizhen si asciugò le lacrime con un fazzoletto, inspirando l'aria tiepida del mattino. Xun'era era come una guida per lei, una lanterna sempre accesa nell'oscurità della sua vita. «Ci andrò, ma non subito. Ho bisogno di tempo, Xun'er. E poi...» le parole morirono in gola quando Yifan le camminò incontro, con i pugni chiusi e la voce ridotta a un sussurro.

Dall'Alba fino al Tramonto Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora