Capitolo Trentaduesimo

249 36 68
                                    

La festa si era protratta fino a tarda sera e Meizhen aveva evitato di sfregarsi gli occhi solo perché temeva di rovinare il trucco

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

La festa si era protratta fino a tarda sera e Meizhen aveva evitato di sfregarsi gli occhi solo perché temeva di rovinare il trucco. D'altro canto poteva dirsi soddisfatta, Wentian l'aveva presentata ai suoi fratelli minori. Non erano persone eminenti, non a corte almeno. Si trattava di uomini che si erano rassegnati alla propria vita, chinando il capo al passaggio del sovrano prescelto, ma comunque gente affabile.

Quando la luna si era fatta alta e il cielo riempito di stelle, Meizhen aveva sentito la necessità di lasciare il padiglione Yueshiluo. Desiderava un po' di tranquillità, godersi il fresco dell'inverno immersa nel buio.

La donna salì su di un ponte ad arco che divideva due sponde di terra, attraversate da un fiumiciattolo entro cui guizzavano carpe dai colori brillanti. Alcune erano persino dorate, avevano lunghi baffi e saltavano come se volessero attirare le attenzioni della luce su di sé.

Meizhen posò i gomiti sul parapetto e piegò appena la schiena, sentendosi in colpa. Per tutto l'anno passato non aveva avuto occasione di commemorare la sua famiglia. Non aveva potuto recarsi al tempio, a pregare e portare offerte alimentari per delle tavolette ancestrali che non erano neanche state preparate.

I traditori non meritavano di essere onorati, Meizhen non avrebbe dovuto pensare a loro, ma ogni volta che guardava la luna non poteva fare altro che ricordare a quanto Eryue le somigliasse. Il nome che le aveva dato sua madre significava figlia della luna, perché quando era nata, e anche in giovinezza, aveva posseduto una pelle candida e perfetta.

Uno scricchiolio improvviso costrinse Meizhen a voltarsi da un lato, incrociando, nella penombra, lo sguardo di Deming. Era tornato due ore prima, dopo aver compiuto i suoi doveri, ma la donna non lo aveva ringraziato. E perché avrebbe dovuto? Dopo tutto quello che le aveva sottratto, non meritava neanche di essere guardato.

Meizhen fece per tornare indietro, scontenta che la sua calma fosse stata distrutta in così poco tempo da quell'intruso, ma la voce di Deming risuonò calma e melodiosa nell'ambiente notturno. Esattamente come la ricordava. «Meizhen, aspetta.»

Lei si morse le labbra e gli lanciò un'occhiataccia. «Non voglio avere niente a che fare con te, Deming. Non mi importa se ti sei pentito o se stai ricercando il mio perdono. Non te lo concederò.»

«Ti chiedo solo di ascoltarmi» mormorò lui, avvicinandosi a passo lento. «Voglio che tu sappia che mi dispiace per ciò che ti ho fatto. Ero a conoscenza della trasgressione di tuo padre già da molto tempo, all'inizio ho cercato di prolungare le indagini perché volevo proteggerli. Le mie intenzioni erano buone.»

«Peccato che tu le abbia rovinate» sibilò Meizhen, con disprezzo. «Avresti ucciso anche me, quel giorno, Deming. Mi hai costretto a guardare mentre la mia famiglia veniva sterminata, prima di spingermi su quella forca.»

«Ero accecato dalla rabbia» ammise lui, interrompendola con parole forzatamente tranquille. «Solo ora capisco la grandezza del mio errore. Ho sfruttato la situazione a mio vantaggio, sono stato meschino e ho fatto sì che delle bambine innocenti trovassero la morte. Per questo ti chiedo scusa, sebbene io sia imperdonabile.»

Dall'Alba fino al Tramonto Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora