Capitolo Decimo

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Meizhen sistemò alcuni unguenti all'interno di un contenitore di legno, poi ripose il coperchio sulla sommità e osservò il sole calare come un rubino nel cielo della Città Proibita

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Meizhen sistemò alcuni unguenti all'interno di un contenitore di legno, poi ripose il coperchio sulla sommità e osservò il sole calare come un rubino nel cielo della Città Proibita. L'ora del vespro era sempre affascinante. Lei, Eryue e A'luo erano state solite, in passato, a non perdersi mai un tramonto e ad osservare con occhi brillanti le nuvole tingersi delle sfumature delle rose. Era un peccato che quei tempi fossero finiti.

Meizhen si sollevò dalla veranda e lanciò uno sguardo di richiamo a Xun'er, facendole cenno di raggiungerla. «L'imperatore e la signora hanno terminato?»

«Non ancora, gugu. L'imperatore è proprio pazzo d'amore per Shan guì rèn, sono chiusi nella camera da letto da quasi un'ora» si mise a ridere Xun'er, che sembrava aver già dimenticato lo schiaffo che Eryue le aveva scagliato qualche giorno prima. «Chissà se la nostra signora verrà benedetta con l'arrivo di un principe.»

«Che le tue parole siano di buon auspicio, Xun'er» replicò Meizhen, torturandosi le dita. Avrebbe voluto vedere Deming, invece che rimettere in ordine lo studio della sorella, ma non ne aveva il tempo. D'altra parte, quella sera aveva un appuntamento con il principe Haoran, e il cuore sembrava rimbombare nel petto senza darle un attimo di tregua. «Fra poco le concubine si dirigeranno nella sala An Hua per pregare. Dubito che l'imperatore si tratterà a lungo.»

Fu in quell'istante che Li Yu annunciò il passaggio dell'imperatore nel cortile. Il sovrano se ne stava andando e tutti i servi avrebbero dovuto salutarlo. Xun'er sgranò gli occhi e Meizhen la afferrò per un polso, correndo con lei verso le porte di palazzo Yanxi, per inchinarsi.

«Auguriamo un sereno ritorno a sua maestà!» esclamarono i servi, all'unisono. Meizhen tenne lo sguardo basso, osservando gli stivali dorati dell'imperatore Qianlong calpestare il pavimento lastricato.

L'uomo, prima di andarsene, posò una mano sotto il suo mento, costringendola a sollevare il viso. Meizhen si sentì inquieta, sapeva che la sorella non amava osservare le serve intrattenersi con l'imperatore, ma quale altra scelta aveva? Se si fosse rivoltata ai comandi di quell'uomo, solo una punizione l'avrebbe attesa, e anche piuttosto brutale. «Vostra maestà, avete ordini da impartirmi?»

Qianlong era vestito di giallo, una mantella rossa gli sfiorava i fianchi e un cappello di seta pura gli copriva il capo calvo. «So che provieni dallo Stendardo Verde, dunque mi chiedevo che rapporti avessi con i tuoi genitori.»

Meizhen aggrottò le sopracciglia, chiedendosi cosa l'imperatore volesse sapere da lei. «Mia madre è morta quando ero ancora molto piccola, maestà, e mio padre... Io e lui non abbiamo un buon rapporto. Non mi ha mai trattato degnamente.»

«Per quale ragione?» le chiese l'imperatore, cercando di incrociare i suoi occhi. «Non sei la primogenita? Invece di servire tua sorella, dovresti già essere moglie di un ricco uomo degli Otto Stendardi.»

«Per me è un onore servire Shan guì rèn, vostra maestà. E poi, qui a palazzo non devo sopportare i soprusi di mio padre. So che la pietà filiale è un requisito necessario per noi donne, ma non provo nessun amore nei confronti del mio genitore.» Meizhen si permise di sollevare lo sguardo e specchiarsi negli occhi  dell'uomo che teneva sulle spalle un intero impero, percependone la stanchezza.

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