Capitolo Ventiquattresimo

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Quando Meizhen posò un piatto profumato al centro del tavolo, dovette trattenere un sorriso

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Quando Meizhen posò un piatto profumato al centro del tavolo, dovette trattenere un sorriso. A'luo aveva allungato le bacchette di porcellana verso il pesce più grande di tutti, mischiandolo insieme al riso, che avrebbe consumato insieme a una generosa brocca di succo di susine.

«Luo'er, non vorrai farti venire mal di pancia» sospirò Eryue, seduta accanto alla madre, intenta a servirle delle radici profumate e della carne immersa nel limone. «Una signora deve mangiare il giusto, non ingozzarsi.»

Meizhen abbozzò una risata, prendendo posto accanto alla sorella minore. Le mancava pranzare con la sua famiglia e, nonostante la presenza di suo padre fosse come una nuvola cupa in una mattinata d'estate, l'ambiente era comunque rimasto allegro. «Lascia che A'luo si diverta, non sappiamo quanto tempo passerà prima che possa tornare a palazzo, ed è un bene che assaggi tutte le prelibatezze che la Città Proibita ha da offrirle.»

«Jiejie ha ragione» mugugnò la bambina, posando una mano sulla sua. Aveva già le guance piene e le bacchette strette nel modo sbagliato fra le dita. Non aveva ancora imparato a usarle correttamente, e Meizhen credeva che non ci sarebbe mai riuscita.

Il generale Fu si schiarì la gola, mangiando rigido come suo solito. Non aveva spiccicato parola dal litigio con la primogenita, ma, a quanto pareva, il suo silenzio autoimposto era finito. «Zhen'er, Eryue si è sistemata alla corte dell'imperatore, ma non voglio che tu la serva in eterno. Entro il prossimo anno troverai un buon partito e ti sposerai.»

Meizhen si morse la lingua, sentendo gli occhi di Eryue su di sé. La sorella sembrava starla spronando a raccontare del principe Haoran, ma lei non aveva alcuna intenzione di dare voce a false speranze. Il principe non si sarebbe mai sposato, non con lei almeno.

«A meno che non ci sia già qualcuno che ti interessi, mia cara» le sorrise maliziosa la seconda signora, sorseggiando del buon vino di riso con un'eleganza fuori dal comune. Il portamento della madre di A'luo era invidiabile. «In tal caso, potresti fare il suo nome già da ora.»

Meizhen soffocò una risata e abbassò lo sguardo sopra il proprio piatto, dove giacevano alcune fette di carne d'anatra condite con porro e sfoglie di cereali. Le si era chiuso lo stomaco nel momento in cui la sua mente era tornata al ricordo di Deming. 

La giovane strinse in una mano il sacchetto qingyang, cercando di non dannarsi per aver rovinato tutto la sera prima. Se non fosse andata al padiglione della Neve Purpurea, forse avrebbe potuto raccontare alla famiglia del suo amore per la guardia, ma non era proprio il caso visto il recente scontro. «No, muqin. Non ho ancora messo gli occhi su nessuno, e nessuno ha messo gli occhi su di me. Per il momento aiuterò meimei a palazzo Yonghe, e poi...»

Un boato violento provenne dalle porte d'entrata e fece sobbalzare Eryue, la quale si voltò verso il corridoio notando con orrore un plotone composto da dodici guardie circondare la sala da pranzo. Meizhen si alzò in piedi, aggrottando le sopracciglia. Il principe Haoran le aveva detto che Deming avrebbe dovuto scontare una punizione fino al calar del sole, allora perché l'uomo di cui era ancora innamorata aveva fatto la sua entrata nel palazzo con una mano alla spada e un sorriso velenoso sulle labbra?

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