Capitolo Trentacinquesimo

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L'urlo di Shenru era giunto acuto alle orecchie di Meizhen, urtandole i timpani

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L'urlo di Shenru era giunto acuto alle orecchie di Meizhen, urtandole i timpani. La donna strinse con forza le dita di Ai Lun e si voltò verso Deming, giunto appena in tempo per mimare la sua farsa. La guardia annuì al suo sguardo e si rivolse ai suoi uomini, con lo stesso tono di un comandante. «Andiamo a vedere!»

Le guardie chinarono il capo e corsero nel giardino circostante il palazzo Jingyang, entro cui Shenru non faceva altro che strillare, chiamando a gran voce l'imperatore.

«Non preoccuparti, jiejie. Andrà tutto bene» la rassicurò Ai Lun, mentre anche Deming scompariva oltre i portoni rossi, correndo verso la veranda leggero come il vento. «Entriamo, fingiamo di voler dare una mano. Se Shenru diventerà nervosa vedendoci, avremmo la risposta alle nostre domande.»

Meizhen deglutì a stento prima di annuire. Non aveva alcuna voglia di parlare, il timore di aver perso Longfeng, proprio come era successo con Eryue e A'luo, le aveva attanagliato lo stomaco, impedendole di rilassare le membra.

Quando le due donne posarono i piedi nel giardino del palazzo Jingyang, coperto da un sottile strato di neve fresca, le grida di Shenru sembrarono farsi più vivaci e preoccupate. La Concubina Imperiale fuoriuscì dalle porte della veranda, scortata dalla sua dama di compagnia e da una delle guardie, mentre suoni di spade e sussurri concitati provenivano dall'interno.

«Quell'orribile mezz'uomo ha osato strapparmi i vestiti!» urlava Shenru, il suo qipao color sabbia, abbellito da una grossa peonia sulla gonna, era rovinato in più punti. Le gambe si intravedevano oltre la seta, prive di pantaloni. «Lo farò uccidere dall'imperatore! Lasciatemi!»

Meizhen si morse la lingua quando la vide, non voleva rischiare di insultarla. D'altra parte, le dame si stavano comportando in modo strano, cercando di mandare via le guardie in ogni modo possibile. Ovunque vi era trambusto.

«Xiao pìn» la chiamò Ai Lun, avanzando con leggerezza verso di lei. «Non abbiamo avuto il piacere di conoscerci meglio. Mi spiace trovarvi in queste condizioni, possiamo darvi una mano?»

Shenru spintonò via la guardia che la stava trattenendo e inciampò sui propri piedi, a causa delle scarpine a zoccolo di cavallo, battendo le cosce al suolo. «Saluto...» ansimò, coi capelli che sfuggivano all'acconciatura triangolare sopra il capo. «Le mogli di sua altezza, il principe Haoran.»

Meizhen si avvicinò con le labbra serrate, ma non osò abbassarsi per aiutare quella donna. Bensì le cacciò addosso uno sguardo accusatore, che sembrò metterla in imbarazzo. Tuttavia, Shenru si alzò in fretta e sollevò una mano, piegando le ginocchia per inchinarsi. «Altezza.»

«Altezza?» Sibilò Meizhen, afferrando la donna per un polso e attirandola a sé. «Non ti è bastato, in passato, prenderti gioco di me ed Eryue con i tuoi sporchi trucchi?»

Shenru si strattonò con violenza dalla sua presa e mantenne la testa alta. «Non ho idea di cosa tu stia parlando, Meizhen. Se hai dei problemi, ti consiglio di andare a risolverli altrove.»

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