Capitolo 2

129 26 21
                                    

«Ciao, Ire» mi salutano Enrico e Giulia.
«Ciao, Irene. Ciao, Liberio» fa Bianca.
«Ciao, bimbi! Ci si becca lunedì!» urla Guo.
«Si va a sbocciare!» grida Luca, lanciandosi fuori dalla classe.
Alberto ci urta e si gira a dire frettoloso: «Scusate, ragazzi. Ciao!» e corre via.
Allora mi ricordo di Paolo, dunque afferro Liberio e scappo prima che quello possa tornare a insistere sui bigliettini della lotteria.

Una volta fuori, il mio amico mi mette un braccio attorno al collo, costringendomi a deviare verso il parcheggio dei motorini. Superiamo quella zona e ci avviamo lungo il muro della scuola.
Liberio mi stringe e mi fa un sorriso. «Ci sei?»
«In che senso?»
«Lo sai.» Si ferma per potermi stringere le mani e guardarmi negli occhi. «Ti sei ripresa dall'ennesimo shock di avere dei compagni di classe idioti?»
Scoppio in una risatina. No, ci sto ancora pensando, ma Liberio è sempre capace di farmi sentire meglio semplicemente esistendo. «Sto bene» gli assicuro. «Ma mi sarei sentita meglio se avessi lasciato rispondere me a Marzia.»
Scuote la testa. «Non ho potuto resistere. Ti prometto che la prossima volta la lascio a te.»
«Oh oh, quindi ci sarà una prossima volta?»
«Irene!» grida, afferrandomi per le spalle e scuotendomi buffamente. «Basta sperare! Viviamo in un mondo dominato dalla stupidità, tutte le speranze sono vane, e noi non sopravvivremo a questo scempio!»
Scoppio a ridere forte. «Basta! Non sono esattamente parole di conforto.»
«Però stai ridendo.»
La gente ci sta guardando, ma a noi non importa. Quando siamo insieme riusciamo a tornare come bambini dell'asilo.
Bei tempi quelli, quando ci divertivamo un mondo assieme ai nostri compagni e nessuno giudicava l'altro...

Mentre ridiamo, una familiare macchina gialla parcheggia accanto a noi. Riconosco mio padre alla guida, con gli occhiali da sole e la barba castana curata, dunque saliamo, io accanto a lui.
«Ciao» saluto.
«Ire, Liberio, come va?» ci accoglie. È già vestito con la divisa da lavoro.
«Tutto bene» rispondiamo all'unisono, cominciando a scartare i panini che abbiamo comprato stamattina al bar della scuola. Oramai sono freddi, ma ci accontentiamo.
Non mi va di parlare a mio padre dei litigi con i compagni, e comunque sono già più allegra grazie a Liberio.

                                   *

Arriviamo di fronte ai cancelli dello zoo, da cui babbo guida sino al parcheggio dei dipendenti.
Scendiamo e ci avviamo verso la zona principale, al che mio padre si rivolge a Liberio: «Oggi ti insegno come nutrire i suricati».
«Evvai!» esulta lui, agitando il pugno in aria. «Posso cantare Hakuna Matata
Mio padre alza gli occhi al cielo, con un sorriso esasperato. «Fai come ti pare. Forse ti servirà, dato che poi dovremo andare a spalare la cacca degli elefanti.»
Il sorriso di Liberio si spegne all'istante.
Io, al contrario, mi sto sganasciando dalle risate. «Allora ti serviranno tutte le canzoni di Il re leone
Lui mi guarda amareggiato, mentre babbo mi dice: «Saul verrà più tardi con gli zii. Tu andrai da Lattuga?»
Annuisco, ancora ridendo, e Liberio mugugna: «Mi auguro che te la sganci addosso».
«Lattuga non lo farebbe mai!»
Raggiungiamo gli spogliatoi per poterci cambiare. In realtà io non lavoro qui, ma babbo ha fatto in modo di farmi avere una divisa tutta mia, cosicché possa fare quello che voglio. Il moccioso del direttore fa lo stesso, dopotutto.

Una volta fuori, Liberio e mio padre si allontanano per lavorare.
Io invece rimango da sola accanto al recinto degli ippopotami. Mi giro a guardarli per fare un cenno di saluto con la mano, e la femmina ricambia con un grugnito amichevole.
«Tu lo conosci?» mi chiama una bambina, rimasta affascinata dalla mia straordinaria "capacità di comunicare agli animali".
Annuisco un po' troppo velocemente. Non balbettare, Irene, o la spaventi... «È una femmina» rispondo. «Si chiama Gloria.»
«Come l'ippopotamo di Madagascar
«Esatto! » Continuo a sorriderle... forse è un po' troppo... forse sembro scema...
Le faccio un cenno un po' stupido e mi allontano in fretta.
Accidenti!
Detesto entrare in contatto con la gente che non conosco...
Quando succede, vengo sempre colta dalla paura di risultare stupida, di fare movimenti strani, di apparire brutta...

Il Paradiso a casa miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora